Il ritrattamento canalare si differenzia dall’endodonzia ortograda per indicazioni e modalità operative. Negli ultimi anni, tutte le grandi case produttrici di strumenti canalari rotanti in nichel-titanio hanno proposto sistematiche specificamente indicate per il ritrattamento. Tra queste, è possibile operare una fondamentale distinzione tra strumenti a movimento convenzionale e strumenti a movimento reciprocante. Indipendentemente dalla distinzione, tali prodotti sono studiati per garantire la massima efficienza nel rimuovere il materiale da otturazione canalare.
Un aspetto potenzialmente dannoso collegato alla strumentazione è rappresentato dall’estrusione di materiale canalare oltre apice. Tale fenomeno compartecipa al dolore postoperatorio ed è in grado, quantomeno, di ritardare il processo di guarigione del sito canalare.
Per questo motivo, recentemente, un gruppo di lavoro brasiliano ha impostato un’indagine in vitro, pubblicata sul Journal of Contemporary Dental Practice, al fine di confrontare due tipologie di strumenti rotanti, dal punto di vista dell’estrusione.
Movimento reciprocante o continuo nel ritrattamento?
L’indagine è stata condotta su un totale di 34 elementi estratti, tutti premolari inferiori monocanalari. Su tutti i campioni è stata condotta una terapia endodontica con tecnica standardizzata. Dopo l’otturazione canalare, i denti sono stati sottoposti a incubazione per 60 giorni a un’umidità del 100%, processo questo atto a simulare un fisiologico invecchiamento.
Il campione è stato suddiviso in due gruppi omogenei, indirizzati a ritrattamento con strumento rotante convenzionale oppure con strumento reciprocante. Nel primo gruppo, in realtà, è stata impostata una sequenza basata sull’utilizzo di una doppia sistematica: il primo strumento, infatti, su precisa indicazione degli stessi produttori, risulta indicato specificamente per la rimozione del materiale da otturazione canalare. Gli sperimentatori hanno, pertanto, optato per l’impiego di un secondo strumento, allo scopo di rifinire la strumentazione, in particolare proprio a livello dell’apice. Nel caso della sistematica reciprocante, invece, è stato impiegato un singolo file misura large (40/.08).
In entrambi i casi, la lunghezza di lavoro è stata impostata a 1 mm oltre il forame apicale, nell’intento di garantire la preparazione della stessa zona apicale. Tale approccio, secondo gli autori, risulta indicato solo con strumenti adeguati per conicità, sezione trasversa (entrambe inferiori) e flessibilità.
Indipendentemente dalla sistematica adottata, la procedura di ritrattamento ha comportanto, nel modello sperimentale, la produzione e l’estrusione di detriti oltre apice. Il confronto e la relativa analisi statistica, inoltre, non hanno rilevato differenze significative nel passaggio dal movimento rotante classico a quello reciprocante. Allo stato attuale dell’arte, dunque, si può concludere che il fenomeno in esame non dipneda dal movimento dello strumento da ritrattamento, o quantomeno non sia prevenibile sulla base dello stesso. Gli autori si sono proposti di aggiornare le evidenze, a questo proposito, indagando strumenti Ni-Ti di ultimissima generazione.
Riferimenti bibliografici
https://www.thejcdp.com/doi/pdf/10.5005/jp-journals-10024-2775