Surgical treatment of a large aneurysmal mandibular cyst: a case report
I risultati di questo case report ci suggeriscono come il processo di ossificazione spontanea di cavità ossee con forma contenitiva si verifichi anche dopo l’enucleazione di lesioni di grandi dimensioni.
di Alessandro Rossi, Giuseppe Di Martino, David Palombo, Matteo Chiapasco
Unità Clinica di Chirurgia Orale (direttore: prof. Matteo Chiapasco),
Clinica Odontostomatologica, Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi di Milano
Obiettivi. Lo scopo del presente lavoro è quello di descrivere il trattamento chirurgico di un’ampia cisti aneurismatica mandibolare e di verificare il tasso ossificazione spontanea del sito post-chirurgico a distanza di 24 mesi dall’enucleazione della lesione.
Case report. Una paziente di anni 23, in buono stato di salute generale, si è presentata alla nostra attenzione con un’ampia lesione osteolitica della sinfisi mentoniera. In regime di anestesia generale, la paziente è stata trattata mediante enucleazione chirurgica della lesione, seguita da chiusura per prima intenzione dei lembi di accesso. Nessun materiale da innesto è stato posizionato all’interno della cavità residua.
Risultati. Il decorso post-operatorio non ha sviluppato alcuna complicanza significativa. A distanza di 24 mesi, una valutazione ortopantomografica ha consentito di verificare il completo ripristino di una normale architettura ossea nel sito post-chirurgico e l’assenza di recidiva della lesione. Non si è inoltre riscontrata alcuna compromissione della vitalità dei denti adiacenti alla lesione enucleata.
Conclusioni. I risultati del presente case report suggeriscono come il processo di ossificazione spontanea di cavità ossee con forma contenitiva si verifichi anche dopo l’enucleazione di lesioni di grandi dimensioni. Gli autori ritengono pertanto non indicato il riempimento di tali siti con alcun tipo di bio-materiale.
Purpose. The aim of this study was to describe the surgical treatment of a large mandibular aneurysmal cyst and to evaluate the rate of spontaneous ossification of the residual site 24 months after surgical enucleation.
Case report. A 23 year-old healthy patient presented with a large aneurysmal bone cyst of the mandibular symphysis. Under general anesthesia, patient was treated with complete enucleation of the lesion. First intention closure of the gingiva flap was achieved with interrupted sutures. No sort of grafting material was placed inside the residual bone cavity.
Results. Postoperative recovery was uneventful. The orthopantomographic evaluation of the residual site showed a complete ossification after 24 months, with no sign of pseudocyst recurrence. Additionally, all dental elements adjacent to the lesion maintained pulp vitality.
Conclusion. Results from this paper suggest that spontaneous ossification of residual bone cavities derived from pseudocysts removal develops even after the enucleation of large lesions. Thus, the authors believe no indication stands for the placement of any grafting material inside such bone deficiencies.
Le lesioni osteolitiche delle ossa mascellari rappresentano una delle più frequenti patologie nell’ambito della chirurgia orale e maxillo-facciale1.
La maggior parte di esse è rappresentata da lesioni di natura cistica o pseudocistica, distinte rispettivamente per la presenza o l’assenza di un rivestimento epiteliale interno alle pareti della lesione.
In tali casi – radiograficamente riconoscibili per la presenza di pareti ossee peri-lesionali chiaramente definite e con andamento regolare, costituenti un caratteristico orletto sclerotico – vi è unanime consenso nel considerare come trattamento chirurgico di prima scelta l’enucleazione completa della lesione, sempre seguita dalla sua analisi istopatologica1-3.
Tale approccio terapeutico non risulta invece indicato in presenza di lesioni osteolitiche a carattere maggiormente aggressivo, quali i tumori benigni aggressivi e tutti i tumori maligni a localizzazione mascellare/mandibolare, per i quali è fondamentale eseguire un esame bioptico incisionale preliminare all’asportazione in toto della lesione, sulla base del quale viene stabilito il grado di aggressività necessario per la successiva escissione chirurgica4.
La cisti ossea aneurismatica è una lesione osteolitica tradizionalmente considerata di natura pseudo-cistica, recentemente riclassificata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come lesione benigna intra-ossea di natura osteolitica espansiva2,5,6. È costituita da cavità a contenuto ematico separate tra loro da setti fibrosi contenenti cellule giganti multinucleate, fibroblasti, tessuto osteoide e depositi emosiderinici5-8. Alcuni autori hanno, inoltre, riportato l’esistenza di una variante “solida” (5% dei casi), contraddistinta dalla comune forma “vascolare” per un contenuto ricco di tessuto connettivo associato a foci emorragici, con scarsi spazi sinusoidali a contenuto ematico5, e di una variante con caratteristiche intermedie alle prime due9,10.
Nonostante si tratti di una neoformazione benigna, presenta un accrescimento rapido e localmente aggressivo, associato ad attività osteolitica5,6. Si caratterizza per un’incidenza di 0,014 casi su 100.000 abitanti, con una lieve preferenza per il genere femminile, di cui il 50% localizzato a livello delle ossa lunghe, il 20% a livello vertebrale e l’1-3% a livello delle ossa mascellari6,10,11. Costituisce l’1,5%6,12 delle pseudocisti non odontogene delle ossa mascellari e si riscontra più frequentemente a livello mandibolare, con rapporto 3:113,14. Le localizzazioni più comuni sono rappresentate da: a) corpo della mandibola (40%); b) ramo mandibolare (30%); c) angolo mandibolare (19%); d) regione sinfisaria (9%); e) regione condilare (2%)14-19.
L’età media di comparsa è riportata da alcuni autori tra i 12 e i 14 anni11,20,21 e da altri al di sotto dei 30 anni, con un picco nella seconda decade6.
Da un punto di vista etiopatogenetico, alcuni autori22 sostengono un’origine associata a un’elevata pressione venosa intra-ossea e a un alto contenuto di midollo osseo nel sito di origine, motivando pertanto la rara incidenza delle cisti aneurismatiche a livello mascellare/mandibolare, in quanto ossa scarsamente vascolarizzate.
Altri autori17 sostengono, inoltre, una possibile origine associata ad alterazioni dell’omeostasi vascolare del tessuto osseo. In particolare, è stata ipotizzata una patogenesi associata a difetti vascolari quali aneurismi intra-ossei, il cui danneggiamento, in seguito a un trauma, comporti una raccolta ematica intra-ossea espansiva responsabile dell’erosione e/o della deformazione delle pareti corticali a essa adiacenti7,14,23.
Tale ipotesi risulta applicabile a cisti aneurismatiche in rapporto con arterie di calibro medio o superiore, quale l’alveolare inferiore, capaci di sostenere una pressione idrostatica sufficiente a indurre l’espansione delle corticali ossee delimitanti la lesione7,14,23.
È inoltre possibile distinguere le lesioni primarie, originate come evento primitivo18, da quelle secondarie, derivanti dalla degenerazione, generalmente dovuta a un trauma20,24-26, di altre lesioni ossee quali il granuloma gigantocellulare, la displasia fibrosa e il fibroma ossificante6,24,25,27-30.
Da un punto di vista semeiologico, la presentazione clinica è generalmente asintomatica, nonostante i casi più avanzati possano associarsi a dislocazioni dentarie con sviluppo di malocclusione, perdita degli elementi adiacenti alla lesione, tumefazione non dolorosa associata ad arcizzazione delle corticali ossee delimitanti la lesione e coinvolgimento della cornice orbitaria inferiore da parte di lesioni mascellari, con possibile comparsa di diplopia ed esoftalmo7,11,19.
Lo scopo del presente lavoro è quello di presentare un caso clinico di ampia cisti aneurismatica della regione sinfisaria, di descriverne il trattamento chirurgico e di verificare il tasso ossificazione spontanea del sito post-chirurgico a distanza di 24 mesi dalla sua enucleazione.
Case report
Nel maggio 2010, una paziente di 23 anni, in buono stato di salute sistemica, non riferente alcuna storia di trauma al distretto maxillo-facciale, è stata inviata dal proprio curante presso il reparto di Chirurgia orale della clinica odontoiatrica dell’ospedale San Paolo di Milano per la valutazione di una lesione osteolitica mandibolare.
Il quadro ortopantomografico evidenziava la presenza di una lesione radiotrasparente, a margini ben definiti, multiloculata, estesa dal primo premolare inferiore destro al secondo premolare controlaterale (Figure 1a, 1b). La tomografia computerizzata ha evidenziato una marcata espansione delle corticali vestibolare e linguale, associata a erosione della corticale vestibolare esclusivamente in sede 3.1 (Figure 2a-2d).
All’esame obiettivo, gli elementi dentari adiacenti alla lesione avevano mantenuto la vitalità pulpare. La regione interessata non risultava dolente né dolorabile alla palpazione, nonostante fosse possibile apprezzare sia l’espansione del volume osseo, sia la perforazione della corticale vestibolare in sede 3.1.
L’analisi delle radiografie panoramiche precedenti ha permesso di evidenziare il progressivo accrescimento negli anni della lesione. In ragione del riscontro radiografico di margini ossei peri-lesionali ben definiti, e di un aspetto compatibile con una lesione di natura cistica o pseudocistica a carattere non aggressivo, è stato impostato un piano di trattamento basato sull’enucleazione in toto della lesione osteolitica in regime di anestesia generale, associata a curettage del sito residuo e al mantenimento degli elementi dentari a esso adiacenti.
La preparazione pre-operatoria è consistita in: a) una seduta di igiene orale circa 2 settimane prima dell’intervento; b) profilassi antisettica mediante sciacqui con collutorio a base di clorexidina 0,12% da iniziarsi 3 giorni prima dell’intervento; c) profilassi antibiotica mediante somministrazione orale di 2 grammi di amoxicillina+acido clavulanico un’ora prima dell’intervento.
Procedura chirurgica
L’intervento chirurgico si è costituito delle seguenti fasi:
a) allestimento di un lembo muco-periosteo paramarginale (Figure 3a, 3b) esteso fra gli elementi 3.3 e 4.3;
b) disegno e asportazione di due finestre osteotomiche, rispettivamente in regione mediana e laterale sinistra, mediante strumentario piezoelettrico (Piezosurgery® Touch Professional, Mectron s.p.a., Italia) (Figure 4a-4c, 5). Il sacrificio delle pareti ossee delimitanti la lesione è stato miratamente molto conservativo, in quanto il mantenimento del carattere contenitivo del difetto osseo costituisce un presupposto fondamentale alla sua ri-ossificazione spontanea durante le fasi di guarigione;
c) accesso alla superficie vestibolare della lesione e suo clivaggio dalle pareti ossee adiacenti, mediante scollatori periostali curvi e cucchiai alveolari;
d) enucleazione della lesione, seguita da ripetuti lavaggi della cavità residua con soluzione fisiologica sterile alternati a curettage chirurgico delle pareti ossee (Figura 6);
e) curettaggio energico delle pareti ossee volto a indurne il sanguinamento, promuovendo l’organizzazione di un coagulo ematico all’interno della cavità residua (Figure 7a, 7b);
f) chiusura per prima intenzione del lembo di accesso mediante punti staccati in seta 4/0 (Figura 8);
g) fissazione della lesione enucleata in formalina tamponata al 4% e invio del campione al dipartimento di Anatomia e istologia patologica dello stesso ospedale per l’analisi istopatologica.
La dimissione della paziente è stata effettuata poche ore dopo l’intervento con le seguenti istruzioni post-operatorie: a) applicazione di impacchi di ghiaccio sulla zona operata per le prime 6-8 ore dopo l’intervento; b) terapia antibiotica mediante 2 grammi di amoxicillina+acido clavulanico per 6 giorni dopo l’intervento; c) terapia analgesico/antinfiammatoria con ketoprofene+sali di lisina nella prima settimana post-operatoria; d) sciacqui con collutorio a base di clorexidina 0,12% fino alla rimozione dei punti di sutura; e) dieta fredda e liquida per 24 ore dopo l’intervento e dieta morbida fino a rimozione dei punti. Alla rimozione dei punti, eseguita a distanza di sette giorni, è stata riscontrata una buona guarigione della ferita chirurgica, senza nessuna complicanza di tipo settico o neurologico. I controlli clinici sono stati eseguiti a 1, 12 e 24 mesi dall’enucleazione (Figure 9a, 9b, 10a, 10b).
L’esecuzione di radiografie panoramiche di controllo a 0, 12 e 24 mesi dall’intervento ha consentito di verificare la progressiva ri-ossificazione della cavità residua, con raggiungimento a 24 mesi di un grado di opacizzazione del sito post-chirurgico sovrapponibile a quello delle zone limitrofe (Figura 11).
È stata infine eseguita una tomografia computerizzata cone beam a distanza di 24 mesi che ha confermato un grado di ossificazione qualitativamente e quantitativamente soddisfacente (Figure 12a, 12b).
Discussione
La cisti ossea aneurismatica è una lesione benigna intraossea di natura osteolitica espansiva2,5,6 costituita da cavità a contenuto ematico separate tra loro da setti fibrosi, contenenti cellule giganti multinucleate, fibroblasti, tessuto osteoide e depositi emosiderinici5-8.
In relazione alla sede e all’estensione della lesione, sono stati descritti differenti approcci terapeutici, quali: a) il curettaggio semplice; b) l’enucleazione conservativa abbinata o meno a curettaggio del sito residuo; c) la resezione del distretto osseo interessato4,31-33.
A oggi, molteplici autori ritengono che il trattamento di prima scelta sia rappresentato dall’enucleazione conservativa associata a curettaggio energico delle pareti ossee residue4,31-33.
Dati relativi al trattamento di cisti aneurismatiche dei mascellari con differenti protocolli chirurgici hanno infatti evidenziato come il tasso di recidiva possa variare dal 20% al 90% nei casi trattati con curettaggio semplice8,10,15,29,34,35, in relazione all’elevata difficoltà nella completa rimozione dei residui di tessuto lesionale, mentre sia compreso fra l’11 e il 25% in quelli sottoposti a enucleazione conservativa1,31,32.
Il rischio di recidiva risulta sempre aumentato in caso di erosione corticale associata a invasione dei tessuti molli circostanti36.
L’esecuzione di un energico curettaggio delle pareti ossee peri-lesionali dopo l’enucleazione conservativa rappresenta una procedura di fondamentale importanza, in quanto consente di eliminare eventuali isole residue di tessuto lesionale (costituenti potenziali foci di recidiva) e al contempo di rimuovere eventuale tessuto osseo sclerotico peri-lesionale.
La persistenza di tessuto osseo sclerotico (pertanto non vascolarizzato) sulle pareti delimitanti il difetto residuo potrebbe infatti impedire il loro sanguinamento e l’organizzazione di un coagulo all’interno del difetto stesso, interferendo con l’attivazione del processo di ri-ossificazione spontanea che normalmente si sviluppa durante le fasi di guarigione.
Chiapasco et al. e Ihan Hren e Miljavec hanno confermato come difetti ossei contenitivi residuati dall’enucleazione di lesioni cistiche o pseudocistiche, anche di grosse dimensioni, possano andare incontro a completa ossificazione spontanea grazie alla fisiologica maturazione del coagulo ematico organizzatosi al loro interno, non richiedendo in alcun modo il riempimento della cavità con un biomateriale da innesto2,3. In linea con tali dati, il trattamento del caso presentato ha previsto l’enucleazione conservativa della lesione attraverso due accessi osteotomici di piccole dimensioni, volti a preservare nella maggior quota possibile la compagine ossea delimitante la lesione. L’enucleazione è stata seguita da un energico curettaggio delle pareti ossee prospicienti il difetto residuo, volto a indurre l’organizzazione di un coagulo ematico al suo interno. Nonostante non sia stato posizionato alcun materiale da innesto all’interno del sito residuo, la valutazione radiografica mediante ortopantomografia a 0, 12 e 24 mesi dall’intervento e con tomografia computerizzata cone beam a 24 mesi dall’intervento ha evidenziato la completa ossificazione del sito, confermando i dati riportati da Chiapasco et al. e da Ihan Hren e Miljavec2,3.
Conclusioni
Le cisti ossee aneurismatiche costituiscono un gruppo di rare lesioni osteolitiche benigne a carattere espansivo. L’enucleazione chirurgica abbinata a curettage del sito residuo rappresenta, a oggi, il trattamento di prima scelta nella maggior parte dei casi. Inoltre, il follow-up del paziente a intervalli regolari rappresenta uno strumento fondamentale per la valutazione del processo di guarigione e per l’individuazione precoce di eventuali recidive.
Il caso trattato conferma come il processo di ossificazione spontanea delle cavità residue si verifichi anche dopo l’enucleazione di lesioni di grandi dimensioni, grazie alla maturazione del coagulo sanguigno. Non risulta pertanto indicato l’utilizzo di alcun tipo di bio-materiale nel riempimento dei siti residui.
Corrispondenza
Alessandro Rossi
alessandroluigirossi@gmail.com
Conflitto di interessi –
Finanziamenti allo studio
Tutti i co-autori dichiarano che non esiste alcun conflitto di interesse di ordine economico o di altro tipo in merito alla pubblicazione del presente articolo e che nessuna forma di finanziamento è stata ricevuta a sostegno del presente studio.
Unità clinica di chirurgia orale (direttore prof. Matteo Chiapasco) Clinica odontostomatologica, Dipartimento di scienze della salute – Università degli studi di Milano
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