Ogni anno, in Italia, vengono diagnosticati circa 25000 casi di tumore del distretto testa-collo (tiroide compresa), un dato pari al quinto posto per diffusione tra le neoplasie maligne nel nostro paese. Il carcinoma squamocellulare è l’istotipo più diffuso: copre infatti oltre il 90% dei casi.
La prima scelta terapeutica è solitamente di tipo chirurgico. In assenza di fattori di rischio, il follow-up è di tipo osservazionale. Se la stadiazione postoperatoria risulta pN1, sempre in assenza di fattori di rischio, la radioterapia adiuvante è opzionale, mentre diventa obbligatoria in presenza di diffusione extracapsulare o di fattori di rischio quali interessamento perineurale o embolismo. Non è consigliabile anteporre la terapia radiante a quella chirurgica. La radioterapia può costituire anche un’opzione alternativa alla chirurgia secondaria.
Volendo fornire un esempio di protocollo operativo, si può impostare una somministrazione quotidiana pari a 1.8-2 Gy lungo un arco di 7 settimane, per una dose totale che può raggiungere l’ammontare considerevole di 65-72 Gy.
L’applicazione di una terapia di questo tipo può condurre a effetti indesiderati, transitori o permanenti, a carico dei tessuti orali. Estetica e funzionalità dell’apparato masticatorio possono risultarne fortemente debilitate. All’odontoiatra spetterà dunque il contenimento della sintomatologia di propria pertinenza, nell’ottica di garantire una qualità di vita accettabile e anche di ridurre la tendenza alla cronicizzazione.
Le conseguenze a livello dei tessuti molli e delle ghiandole salivari sono note: atrofia, radiodermatite/mucosite, iposcialia. Altrettanto considerevoli sono però i danni a carico dei tessuti duri del dente. Il tema è stato affrontato in una revisione sistematica della letteratura, pubblicata a inizio 2014, a cura di Lieshout e Bots. Verranno illustrate le evidenze relative a questo lavoro.
In primo luogo, riallacciandosi al protocollo operativo precedentemente illustrato, sono stati evidenziati tre livelli di dose-dipendenza. Al di sotto dei 30 Gy si osserva danno minimo, fra i 30 e i 60 il rischio di danno medio-grave aumenta di 2-3 volte, di 10 volte oltre i 60 Gy. Soglia quest’ultima perfettamente compatibile, come visto, con una terapia radiante. Interessante poi come si osservi un passaggio da un danno indiretto – correlato alla xerostomia: gli effetti sulle ghiandole salivari divengono irreversibili attorno ai 25-40 Gy – nella seconda fascia a uno diretto nella terza.
I primi segni di deterioramento, che consistono in aree diffuse di porosità ed erosione crateriforme a livello dello smalto superficiale, si osservano generalmente a distanza di 3 mesi dal trattamento. La progressione di tali lesioni cariose atipiche fino ad esposizione dentinale è spesso silente e sistematicamente rapida. Si possono anche osservare segni di discromia, sia a livello cervicale che incisale/occlusale.
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