In virtù della grande mole di evidenze scientifiche disponibili, il lembo avanzato coronalmente (coronally advanced flap, CAF) associato a innesto connettivale subepiteliale (connective tissue graft, CTG) viene indicato come la tecnica gold standard nell’approccio chirurgico alle recessioni gengivali.
Una delle criticità intrinsecamente legate alla chirurgia a lembo tradizionale è rappresentato dalla retrazione cicatriziale, che in questo caso specifico potrebbe interferire con l’obiettivo terapeutico di copertura della radice dentale.
Le tecniche di tunnelling flap, che prevedono di non scollare la papilla interdentale e di evitare incisioni di rilascio verticale, nascono proprio con l’obiettivo di minimizzare questo tipo di esiti.
Anche la seconda tecnica viene combinata all’inserimento di un lembo connettivale: nella sede di prelievo, dunque, la morbosità postoperatoria risulta quindi sovrapponibile al gold standard.
Al fine di evitare anche il discomfort in sede palatale, è stata proposta, in una tecnica come nell’altra, l’aggiunta di prodotti biologici, nello specifico derivati di matrice dello smalto (enamel matrix derivate, EMD). Secondo quanto stabilito dallo European Workshop on Periodontology del 2014 da autori come Tonetti e Jepsen, la combinazione tra lembo avanzato coronalmente e derivati di matrice dello smalto induce risultati migliori, in termini di copertura radicolare, riduzione della recessione e guadagno di tessuto cheratinizzato, rispetto al lembo semplice. Addirittura, Tatakis nel 2015 ha rilevato outcome a breve termine paragonabili a quella della tecnica standard con innesto autologo.
Recentemente, Otto Zuhr ha presentato sul Journal of Clinical Periodontology i risultati a due anni di un lavoro tuttora in corso, atto a confrontare lo stesso lembo avanzato coronalmente associato a derivati di matrice dello smalto con la tunnel technique (TUN), associata però a innesto connettivale.
Recessioni gengivali: due trattamenti a confronto
Lo studio single-centered ha coinvolto un totale di 23 pazienti (originariamente 24, di cui 17 femmine, di età compresa tra 21 e 55 anni), portatori di un totale di 45 recessioni di classe I o II di Miller. I siti di studio (recessioni singole e multiple), equamente divisi (tra lembo + biomateriale e tunnel + innesto), sono stati 30 e 6 pazienti sono stati trattati secondo un modello split mouth.
L’aspetto più innovativo dello studio, come sottolineato dagli autori, sta nella metodica digitale di misurazione volumetrica impiegata per valutare profondità di recessione, copertura radicolare, percentuale di copertura radicolare, spessore del tessuto molle marginale puntuale e areale medi.
A 24 mesi, è stata evidenziata copertura radicolare completa nel 60% (dato, questo, comunque indicativo di una certa tendenza alla recidiva) dei casi TUN + CTG e in nessuno dei casi CAF + EMD. La copertura radicolare media è risultata pari al 94% nel gruppo TUN + CTG e 57.3% nel gruppo CAF + EMD. Il primo gruppo ha visto inoltre una riduzione della profondità di recessione significativamente minore e valori significativamente più alti di spessore del tessuto molle. È stata evidenziata la necessità di uno spessore areale di tessuto molle pari ad almeno 1.61 mm al fine di ottenere la copertura radicolare completa.
In attesa delle evidenze a lungo termine, lo studio evidenzia il ruolo del connective tissue graft, indipendentemente dalla tecnica chirurgica, nell’assicurare predicibilità al trattamento delle recessioni gengivali.
Riferimenti bibliografici