A seguito del trauma determinato dall’estrazione, indipendentemente dall’entità, la cresta alveolare va incontro a un processo di riassorbimento, che interessa in maniera particolare il versante vestibolare, raggiungendo un’entità pari al 40-60%, in altezza e spessore, nel giro di tre mesi. In assenza di interventi, tale entità volumetrica verrebbe persa nel giro di 2-3 anni.
Tale processo fisiologico rappresenta da sempre una delle problematiche più rilevanti dell’implantologia, soprattutto dal punto di vista dell’estetica della riabilitazione.
Al fine di mantenere il più possibile i volumi ossei, in vista di una successiva riabilitazione implantare, il razionale proposto è quello della socket preservation.
L’approccio di base è rappresentato dal grafting del sito postestrattivo con un sostituto osseo: gli studi indicano come tale intervento vada a ridurre la perdita di spessore e di altezza, che nei siti non innestati sono rispettivamente stimabili in 2-6 e 1 mm, portandole al di sotto di 2 e 0.5 mm. Negli anni, sono stati proposti adeguamenti e implementazioni alla tecnica.
Negli anni, sono state proposte diverse varianti che prevedono differenze per quanto riguarda il filler dell’alveolo e la membrana posta a coprire lo stesso.
Socket preservation: quale la tecnica più efficace?
A tale proposito, recentemente, Nisar e colleghi hanno proposto e valutato un protocollo che prevede l’impiego combinato di tappo di collagene e platelet-rich plasma (PRP), in un lavoro pubblicato sul Journal of Dental Research, Dental Clinics, Dental Prospects.
Lo studio è stato impostato secondo un modello split-mouth, cosicché sono stati reclutati pazienti indirizzati a estrazioni di coppie di elementi con morfologie radicolari simili sui due lati opposti del mascellare superiore o della mandibola.
L’indagine ha coinvolto un totale di 30 pazienti, di entrambi i sessi, di età compresa tra i 18 e i 30 anni.
Su ciascun paziente è stata randomicamente definito un lato caso e uno controllo, entrambi portati a termine in un unico tempo chirurgico, che ha visto la raccolta ematica e la centrifugazione per ottenere il PRP, le estrazioni con tecnica autraumatica. Da un lato, è stato posizionato il tappo di collagene (fino a livello crestale), coperto dal PRP, quindi è stata eseguita la sutura. Dall’altro è stata eseguita direttamente la sutura.
Sono state raccolte misurazioni dello spessore crestale (clinicamente) e dell’altezza ossea apico-coronale (radiograficamente) al baseline, a 3 mesi e, infine, a 6 mesi. Solo quest’ultima è risultata significativamente superiore rispetto ai controlli non innestati, sia a 3 che a 6 mesi.
È stata anche valutata la guarigione della ferita all’atto della rimozione della sutura a 10 giorni: in questo caso non sono, però, stati evidenziati vantaggi (né comunque svantaggi) nei siti sottoposti a grafting.
Riferimenti bibliografici: