Silvio Abati: pochi minuti per salvare la vita

È il tempo necessario per effettuare un accurato e completo esame del cavo orale, un semplice gesto di routine con cui ogni odontoiatra e igienista dentale può offrire il suo preziosissimo contributo alla prevenzione del cancro orale, intercettando le lesioni sospette per poter intervenire in fase precoce, prima che il tumore si sviluppi. La posta in gioco è altissima: salvare vite.

Ogni odontoiatra, nel corso della sua vita professionale, incontra in media da tre a cinque tumori maligni della bocca, spesso purtroppo in stadio già avanzato. Una condizione, questa, che si potrebbe prevenire investendo, durante le visite di routine o le sessioni di igiene orale, una manciata di minuti per effettuare un accurato esame visivo del cavo orale dei propri pazienti: un gesto semplice, ma utilissimo per riscontrare eventuali lesioni pretumorali e precancerose, che se riconosciute e trattate in tempo non si trasformerebbero in tumore.

Eppure, nonostante la sua cruciale importanza, la diagnosi precoce dei tumori maligni della bocca rappresenta tuttora una complessa area della prevenzione e costituisce uno dei problemi più seri per il ruolo che l’odontoiatra riveste nell’ambito delle malattie non strettamente dei denti e delle gengive.

Ne parliamo con il professor Silvio Abati, responsabile del Centro Dipartimentale di Patologia e Medicina Orale della Dental Clinic-Dipartimento di Odontoiatria dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, che dedica i suoi studi e le sue ricerche alla prevenzione e alla cura delle patologie orali.

Professor Abati, quanto sono diffusi, oggi, i tumori della bocca?
Silvio Abati
Silvio Abati, responsabile del Centro Dipartimentale di Patologia e Medicina Orale della Dental Clinic-Dipartimento di Odontoiatria dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano

Le statistiche dei tumori della bocca che interessano l’odontoiatra riguardano quelli della parte di bocca visibile, mentre molte statistiche includono non solo il cavo orale, bensì anche l’orofaringe. In Italia si verificano da 6 a 8 mila casi all’anno di tumore della bocca. Un tempo i tumori del cavo orale si riscontravano soprattutto in persone sopra i 65 anni, oggi sono molto diffusi nella fascia dei 50 anni, ma si riscontrano molti casi anche in pazienti dai 30 ai 35 anni. Il 50% dei tumori maligni sono costituiti per oltre il 90% da carcinomi spinocellulari dell’epitelio della mucosa e insorgono più facilmente nella lingua, soprattutto sul ventre o ai bordi. Nella sua vita professionale, un odontoiatra può vedere, in media, da tre a cinque tumori maligni della bocca, ma ancora più spesso ha la possibilità di scoprire, durante le visite di routine, lesioni pretumorali o precancerose, ossia lesioni potenzialmente maligne, che andrebbero riconosciute e trattate immediatamente. Per questo l’attenzione deve restare altissima.

Cosa può fare, concretamente, l’odontoiatra?

Il suo ruolo è importante proprio per intercettare le lesioni sospette. È necessario che l’odontoiatra inizi a visitare sistematicamente, almeno due volte all’anno, le mucose orali dei suoi pazienti, effettuando una visita accurata del cavo orale che comprenda l’ispezione e la palpazione di tutte le sedi della mucosa orale. Occorre prestare particolare attenzione a tutte le variazioni rispetto alla norma dei tessuti, considerando le caratteristiche della superficie, il colorito, la consistenza e la mobilità. Questo è importantissimo soprattutto quando si visitano pazienti con l’abitudine al fumo o al consumo di alcolici, che rappresentano significativi fattori di rischio, specie se associati. Va detto, comunque, che oggi si riscontra un aumento dei casi di tumore del cavo orale anche nei soggetti non fumatori e nelle donne. Questo aumento della frequenza nei pazienti senza fattori di rischio tradizionali è legato anche alla aumentata diffusione dell’HPV, Human Papilloma Virus; ecco perché è necessario ottenere la collaborazione di tutti gli odontoiatri e degli igienisti dentali che hanno l’occasione di visitare il cavo orale del paziente e procedere all’impostazione dell’iter diagnostico e di cura, indirizzando i casi sospetti a un centro che si occupa di queste patologie.

Quali sono i segni che devono insospettire?

Le manifestazioni che devono mettere in allerta perché suggeriscono la possibilità di un tumore orale includono alterazioni localizzate e persistenti del colore della mucosa, come ad esempio: chiazze o placche bianche, rosse oppure in parte bianche e in parte rosse; ulcerazioni che non guariscono o che sanguinano con facilità; tumefazioni, ispessimenti o lesioni produttive o infiltranti che causano indurimento del tessuto. Negli stadi più avanzati, il cancro orale si manifesta con lesioni nodulari, ulcerate, vegetanti o infiltranti; talvolta il paziente lamenta dolore e difficoltà nei normali movimenti di deglutizione e di masticazione o si accorge di insoliti cambiamenti nella fonazione.

Quanto conta il fattore tempo nella diagnosi?

Il fattore tempo è davvero cruciale. Lo conferma anche il fatto che, a causa del periodo di stop imposto dal Covid, le diagnosi di tumore sono aumentate. Purtroppo, nei centri specializzati pervengono ancora oggi pazienti con tumori in stadio avanzato, costretti a subire una importante compromissione della quantità della loro vita e della qualità della vita residua. La differenza tra una prognosi buona, che richiede risorse ridotte per la terapia, rispetto a una prognosi scadente, che comporta costi enormi, a volte è dettata solo dal fatto di riuscire a effettuare una corretta diagnosi un anno prima o un anno dopo. Oggi, per agevolare la diagnosi precoce, ogni studio odontoiatrico può avvalersi di sistemi ausiliari che aiutano a intercettare le lesioni precancerose, ad esempio la tecnica di rilevamento dell’autofluorescenza della mucosa orale, ovvero l’imaging ottico a fluorescenza, e il test epigenetico non invasivo: non consentono una diagnosi precisa, ma possono aiutare a individuare e riconoscere le lesioni sospette da sottoporre poi a indagini più accurate.

Come funzionano questi strumenti di prevenzione?

L’impiego clinico della autofluorescenza è basato sull’evidenza che sia le lesioni premaligne, come la displasia epiteliale, sia il cancro provocano modificazioni visibili nell’autofluorescenza della mucosa orale, riconoscibili. Per questa ragione l’autofluorescenza tissutale può trasformarsi nell’opportunità di visualizzare meglio e con maggiore facilità le lesioni potenzialmente cancerose o francamente cancerose, nonché a selezionare con maggiore precisione le porzioni di tessuto da sottoporre a biopsia. Il test epigenetico, invece, che si effettua tramite l’analisi genetica di cellule prelevate dalla mucosa orale con uno spazzolino, consente di eseguire una prima indagine non invasiva nelle sedi individuate. Il nostro centro è stato il primo in Italia a utilizzare sistematicamente il test salivare Ocra realizzato dai ricercatori di Studium Genetics, uno spin-off di Alma Mater Studiorum - Università di Bologna. Il test si è rivelato uno strumento particolarmente utile per analizzare lesioni sospette nei pazienti ultraquarantenni fumatori o abituali consumatori di alcolici, che come detto sono più esposti al rischio di sviluppare patologie tumorali del cavo orale. È di utilità, inoltre, anche nei pazienti affetti da leucoplachia, eritroplachia, lichen planus orale o qualsiasi altra lesione sospetta riscontrata nella cavità orale. Rappresenta, infine, un ausilio fondamentale per il monitoraggio dei pazienti che sono già stati trattati per carcinoma squamocellulare del cavo orale (OSCC), poiché permette di individuare eventuali ricadute, rischio purtroppo non infrequente in questa tipologia di pazienti.

Quali sono i costi necessari per munirsi di questi ausili per la prevenzione?

Gli appositi occhiali o altri dispositivi per la visualizzazione dell'autofluorescenza e il test epigenetico sulle cellule superficiali hanno costi limitati e più che accessibili se rapportati all’enorme vantaggio che possono offrire.

Perché è così importante intervenire precocemente?

La diagnosi sul paziente effettuata nello stadio iniziale, quando il tumore è inferiore ai due centimetri, aumenta l’aspettativa di vita a cinque anni anche del 90%. Quando, invece, il tumore viene individuato al terzo o al quarto stadio, ha dimensioni maggiori di quattro centimetri e ha già coinvolto i linfonodi, l’aspettativa di vita a cinque anni si abbassa di molto: anche al di sotto del 20-30%. Diverso è anche l’approccio chirurgico. Asportare un piccolo tumore di cinque millimetri in anestesia locale è ben diverso che asportare, ad esempio, un tumore della lingua di cinque centimetri che ha già invaso le strutture anatomiche vicine: occorre un team chirurgico esperto e l’intervento in questi casi prevede la demolizione e la preparazione del lembo per la ricostruzione, con tempi chirurgici anche di 10-12 ore. Gli interventi spesso risultano fortemente mutilanti anche quando vengono effettuate le ricostruzioni delle zone coinvolte dal tumore. Inoltre, è necessario rivolgersi a strutture che siano in grado di affrontare questo tipo di chirurgia. A questo va aggiunto che i costi sanitari per il trattamento di un piccolo tumore sono molto ridotti, mentre le spese necessarie per un grosso intervento e per il conseguente follow-up rappresentano cifre veramente importanti.

Quanto tempo trascorre, in media, dalla diagnosi alla guarigione?

Nei casi più seri, i tempi di guarigione, che comportano trattamenti di radioterapia e chemioterapia, sono molto lunghi: si parla di oltre tre o quattro mesi, senza contare che la qualità di vita residua del paziente risulta spesso fortemente compromessa, soprattutto qualora si rendano necessarie demolizioni importanti di strutture della bocca e della faccia. La fase diagnostica pre-intervento, necessaria anche a pianificare adeguatamente la terapia chirurgia e radiante, richiede i risultati di indagini come biopsia, risonanza magnetica con mezzo di contrasto, Tac, Pet, ossia tutti accertamenti che in alcune zone di Italia richiedono tempi anche piuttosto lunghi.

Come si trattano, invece, le lesioni pretumorali?

Si può intervenire con trattamenti poco complessi effettuati tramite chirurgia convenzionale, chirurgia con laser CO2 e con l’impiego di farmaci che sono in grado di ridurre le lesioni cheratosiche pretumorali. Ad esempio, nel caso di una malattia come il lichen planus orale si effettua una terapia con immunosoppressori locali e cortisonici in gel.

 

Silvio Abati
Medico chirurgo e stomatologo. È attualmente responsabile del Centro Dipartimentale di Patologia e Medicina Orale del Dipartimento di Odontoiatria dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano (dir. Prof. E.F. Gherlone). È Professore Universitario associato della Facoltà di Medicina e Chirurgia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. È Titolare della Cattedra di Patologia Speciale Odontostomatologica presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e insegna Patologia Speciale Odontostomatologica del Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria, nel Corso di Laurea di Igiene Dentale e nei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia in Italiano e in lingua inglese (MD Program) dell’Università Vita Salute. È componente della Disease Unit Tumori Testa e Collo del Cancer Center dell’IRCCS Ospedale San Raffaele. È socio attivo della Società Italiana di Patologia e Medicina Orale (SIPMO) ed è fellow dell’American Academy of Oral Medicine (AAOM). Svolge attività di ricerca nel campo della medicina orale, della patologia orale e dell’epidemiologia delle malattie orali.

 

Silvio Abati: pochi minuti per salvare la vita - Ultima modifica: 2024-07-10T14:35:41+00:00 da Paola Brambilla
Silvio Abati: pochi minuti per salvare la vita - Ultima modifica: 2024-07-10T14:35:41+00:00 da Paola Brambilla