La scelta del colore rappresenta da sempre una delle fasi più complicate nel corso delle procedure in restaurativa conservativa con materiali compositi. Per migliorare la procedura e garantirne la ripetibilità, nel corso degli ultimi anni sono stati compiuti notevoli passi in avanti, tanto verso la sensibilizzazione della scelta, quanto nel senso della semplificazione operativa.
In primo luogo, il colore viene classicamente diviso – secondo le teorie di Munsell, poi applicate in ambito odontoiatrico da Clark negli anni ’30 – nelle sue 3 dimensioni: tinta, croma, valore. L’aspetto percepito, tuttavia, varia anche in relazione alle proprietà ottiche dei tessuti dentari (e, allo stesso modo, delle resine composite): traslucenza, opalescenza, trasmissione lineare e diffusione della luce.
Sempre parlando di scelta del colore, sono ormai accessibili sul mercato delle sistematiche non empiriche: si fa riferimento principalmente agli spettrofotometri ad uso odontoiatrico, ai quali è stato dedicato un articolo su queste stesse pagine, nel luglio dello scorso anno.
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Il passaggio successivo, una volta fatta la scelta del colore, è rappresentato evidentemente dalla realizzazione del restauro, il quale dovrebbe appunto mantenere la resa cromatica che ci si era preposti, con l’ottenimento del matching fra substrato naturale e materiale di neoapposizione. Non si tratta comunque di un automatismo, dato che il panorama commerciale dei materiali da restauro è ampio e non uniforme. Alcuni Autori hanno sperimentato quali potessero essere le capacità di adattamento delle resine composite sul substrato dentale, appurando che il viraggio cromatico è sua volta influenzato da diversi parametri, tra i quali la stessa traslucenza, le dimensioni del restauro, e lo stacco cromatico esistente di per sé fra i compositi che si sceglie di stratificare.
A queste considerazioni di base, poi, bisogna assommare il fatto che i tessuti dentali, così come tutti i tessuti biologici, sono soggetti a processi dinamici, ai quali i restauri in materiale composito potrebbero rispondere diversamente. I processi fisiologici di invecchiamento, ad esempio, modificano la morfologia, macroscopica e microscopica, oltre che le proprietà ottiche dell’elemento dentario. La dentina, in particolare, va comunemente incontro ad assottigliamento e ad obliterazione dei tubuli per deposizione di materiale calcifico. Ciò presuppone dei requisiti biologici differenti, ma non comporta necessariamente la perdita delle sopracitate capacità di adattamento del materiale da otturazione.
Da ultimo, il substrato dentale risponde anche a fattori esogeni, che possono portare a discolorazione, anche solo in maniera reversibile: si possono ricordare semplicemente l’abitudine al fumo o all’assunzione di determinate bevande. Pure in questo caso ci si dovrà attendere un comportamento differente da parte delle resine composite.