“Fornisce nozioni teorico-pratiche per gestire razionalmente la carie, sia per quanto attiene alla prevenzione della patologia che al trattamento non invasivo e mini invasivo”.
È stato elaborato con questo obiettivo formativo il corso Fad (Formazione a distanza), valido ai fini ECM (Educazione continua in medicina), “Cariologia - Dalla prevenzione alla diagnosi, al trattamento”, come spiega Eugenio Brambilla, professore di Odontoiatria conservativa presso l’Università degli Studi di Milano, coautore e responsabile scientifico del corso pubblicato su Il Dentista Moderno e contestualmente sulla piattaforma multimediale di Accademia Tecniche Nuove.
Professor Brambilla, com’è nata l’idea di realizzare un corso ECM sulla “cariologia”?
La cariologia rappresenta il cuore di quel bagaglio di conoscenze teorico-pratiche necessarie a trattare la patologia con cui, più frequentemente di ogni altra, l’odontoiatra si confronta. Dopo le nozioni d i base ricevute nel corso di laurea, la possibilità di aggiornarsi è molto limitata in questo campo. Spesso, inoltre, è affidata a persone con esperienza clinica, ma prive di una reale competenza nel campo della ricerca, cosa che mi ha spinto a dire la mia. In considerazione del fatto che mi occupo attivamente di ricerca in cariologia da ormai più di trent’anni. È ora che l’Università riprenda, anche in questo campo, il posto centrale che le spetta anche nella didattica postgraduate e nell’aggiornamento.
Una buona conoscenza delle cause della patologia carie rappresenta la chiave per il successo a lungo termine del trattamento restaurativo.
Occorre che l’odontoiatra passi dalla logica “drill, fill and bill” a un’opera di recupero della fiducia del paziente, migliorando i risultati del suo operato, la sua soddisfazione professionale e ritrovando le radici dell’alleanza terapeutica con il paziente stesso.
Il primo modulo è dedicato all’eziologia della carie: perché è importante innanzitutto conoscere le cause di questa patologia...
Da quando ho iniziato a fare ricerca in questo campo, negli anni 80, i batteri sono considerati qualcosa di poco interessante. Ancora oggi li sento descrivere come il nemico da eliminare. È una visione obsoleta, in quanto sappiamo che da molti punti di vista fanno parte di noi e abbiamo bisogno di loro per vivere e rimanere in salute. Ho cercato di fornire al lettore una visione diversa dal solito, inquadrando la carie in una prospettiva più ampia, strettamente legata alla salute dell’intero organismo. Facciamo un esempio. Chiediamo a un collega: “Secondo te, il fruttosio che ti fa cariare i denti può anche alzare la tua concentrazione di acido urico nel sangue?
Oppure: “Pensi che il fruttosio possa indurre dipendenza come l’alcol o il fumo?”. Le risposte a queste e ad altre domande simili ci permetteranno di cambiare marcia nella nostra attività professionale e magari a rimanere più sani per più tempo…
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Il modulo 2 è dedicato alla diagnosi della malattia, ma anche ai fattori di rischio: qual è l’obiettivo?
L’obiettivo è focalizzare l’attenzione, non tanto sul singolo dente, quanto sulla salute orale del paziente e attraverso questa sulla sua salute generale. Le informazioni che ricaviamo da un’anamnesi mirata rappresentano la base per formulare un piano terapeutico che abbia successo a lungo termine e un potente strumento motivazionale. Un paziente informato è un paziente collaborante. Possiamo fare molto in questo campo. Il risultato del nostro lavoro deve passare da un eterno ciclo patologia-terapia-nuova patologia a una soluzione del problema a lungo termine basata su di un rapporto di fiducia con il paziente che dura nel tempo e che produce benefici per entrambi gli attori del processo. Dobbiamo passare dal produrre terapia al produrre salute. Sono due cose molto diverse.
Un altro modulo, il terzo, è riservato alla “remineralizzazione”: cosa deve sapere l’odontoiatra su questo tema?
Il mio allievo, il dottor Andrei Ionescu, autore del Modulo, è un esperto riconosciuto a livello internazionale sull’argomento. Non si limita a leggere la letteratura e a farne riassunti divulgativi, la produce in prima persona. Conoscere nel dettaglio i meccanismi che guidano questo processo è fondamentale per comprendere cosa possiamo realmente fare di buono per il paziente. La stessa cosa è valida per la scelta dei materiali da restauro che cercano di ottenere una remineralizzazione dei tessuti circostanti.
Fra una moltitudine di claim elaborati dalle aziende produttrici, una solida conoscenza dell’argomento rappresenta l’unico faro utile a orientarsi.
E sui trattamenti non invasivi e mini invasivi, oggetto del modulo 4, invece, quali sono le novità?
Il trattamento non chirurgico delle lesioni cariose rappresenta spesso un’ottima opzione, soprattutto se intercetta l’evoluzione di una lesione negli stadi iniziali. I risultati sono eccellenti, ma è necessario saper comunicare al paziente la qualità di un simile trattamento. In caso contrario rischiamo di non avere una collaborazione adeguata al nostro sforzo.
La minima invasività del trattamento conservativo non rappresenta ormai una reale novità. Sappiamo da tempo che il risparmio di tessuto sano è una priorità perché migliora la prognosi dell’elemento a lungo termine. Trattiamo il modo di applicare questo principio indipendentemente dalle dimensioni della lesione.
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Il corso ECM si conclude affrontando un altro importante argomento, “la carie secondaria”: quali sono i fattori che la determinano e come deve comportarsi l’odontoiatra di fronte a questa evenienza?
In questo campo siamo ben lontani dall’avere idee chiare e definitive. È l’unico settore in cui l’evoluzione dei materiali non ha portato ad una evoluzione completamente positiva. I compositi, infatti, sviluppano lesioni secondarie con maggiore frequenza degli amalgami. L’odontoiatra non possiede ancora, in generale, criteri precisi per il reintervento. Questo genera sia over che undertreatment, oltre che sacrificio di tessuto sano spesso non necessario e soprattutto non previsto. I materiali che utilizziamo attualmente hanno prestazioni eccellenti ma esigenze, per quanto attiene alle tecniche di applicazione, decisamente superiori ai materiali di un tempo. Un esempio su tutti: l’utilizzo della diga di gomma non rappresenta un optional, ma un’esigenza assoluta quando si realizza adesione ai tessuti duri. Molti di noi però, non utilizzandola, addossano responsabilità, che sono dell’operatore, al materiale…