La medicina estetica fa parte delle competenze dell’odontoiatra dal 30 maggio del 2023, a seguito della modifica dell’art. 2 della legge 24 luglio 1985 nr. 409, istitutiva della professione sanitaria di odontoiatra, disposta dall’ultimo comma dell’art. 15 ter del decreto-legge 30 marzo 2023 nr. 34. Gli odontoiatri possono, da tale data, “esercitare le attività di medicina estetica non invasiva o mininvasiva al terzo superiore, terzo medio e terzo inferiore del viso”.
Questa estensione di competenze, a giudicare dalla crescente offerta di corsi di formazione specifici e dall’attivismo che produttori e distributori dei collegati dispositivi medici dimostrano, suscita l’interesse di molti professionisti, che ora sono nelle condizioni di offrire ai propri pazienti nuove opportunità di cura, traendone di conseguenza anche nuove possibilità di introiti monetari.
Fra le questioni che la novità legislativa pone all’attenzione di chi esercita la professione di odontoiatra, vi sono gli aspetti connessi alle decisioni tariffarie relative alle eventuali prestazioni di medicina estetica e alla loro fatturazione.
In questo articolo si propongono alcune riflessioni su quest’ultimo aspetto, precisamente sulla necessità di stabilire, al momento della fatturazione di queste operazioni, se si debba o meno aggiungere l’Iva.
Le Entrate contestano
Alcune società scientifiche non odontoiatriche riunite nel Collegio Italiano Società Scientifiche di Medicina Estetica hanno da tempo prodotto documenti e studi e interloquito con le autorità e con il Parlamento. In particolare, tali attività si sono sviluppate per contestare l’azione accertativa dell’Agenzia delle entrate contro gli operatori sanitari che hanno fatturato prestazioni estetiche senza applicazione dell’Iva, che invece, secondo l’Agenzia, andava aggiunta al compenso. Ne è nato un cospicuo contenzioso, arrivato in Cassazione.
Si contesta l’interpretazione restrittiva che l’Agenzia delle entrate ha dato dell’art. 10, comma 1 nr. 18 del decreto Iva che esenta dall’imposta le prestazioni sanitarie per motivi sociali, purché concorrano due fatti:
- le prestazioni abbiano come scopo la “diagnosi, cura e riabilitazione della persona”;
- siano “rese nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza”.
Prestazioni prive di entrambi i requisiti non potranno godere dell’esenzione e dovranno perciò recare l’addebito dell’Iva in aggiunta al compenso da fatturare.
In sintesi, le questioni sollevate dall’Agenzia delle entrate vertono sull’effettività della natura sanitaria della prestazione, la quale, secondo l’Agenzia, non sussiste quando lo scopo della prestazione è solo “cosmetico” e volto a soddisfare la richiesta del paziente di modificare o migliorare il proprio aspetto fisico. In parole povere, la “medicina estetica”, se lo scopo non fosse curativo, non sarebbe più “medicina”, bensì soltanto “estetica”!
Nelle sentenze reperibili, peraltro, l’Agenzia delle entrate vince non perché dimostra inequivocabilmente lo scopo esclusivamente “cosmetico” della prestazione, ma per la carenza di mezzi di prova, ossia di documentazione prodotta in giudizio da parte del medico. In sintesi, la decisione del medico relativamente alla natura e allo scopo della prestazione sarebbe decisiva e incontestabile, purché risulti collegata alle singole prestazioni fatturate e adeguatamente documentata.
Modifiche normative
Fino al 17 dicembre 2023, l’onere della prova della natura strettamente sanitaria della prestazione è stato posto a carico del medico e ritenuto soddisfatto con la messa a disposizione delle autorità di “documentazione clinica completa e non anonima, a riprova del tipo di intervento eseguito e delle necessità terapeutiche”. Il medico, al momento in cui riceve il pagamento per la prestazione effettuata, richiede al paziente un consenso all’utilizzo della documentazione medica ai fini fiscali (per dimostrare, all’occorrenza, la spettanza dell’esenzione); in mancanza di consenso, provvede alla fatturazione con Iva. (sentenza della Corte tributaria regionale delle Marche del 27 ottobre 2023 nr. 889).
La situazione però è cambiata dopo l’approvazione del decreto-legge 18 ottobre 2023 nr. 145, che all’art. 4 quater dispone che l’esenzione dall’Iva “si applica alle prestazioni sanitarie di chirurgia estetica rese alla persona e volte a diagnosticare o curare malattie o problemi di salute ovvero a tutelare, mantenere o ristabilire la salute, anche psico-fisica, solo a condizione che tali finalità terapeutiche risultino da apposita attestazione medica”.
L’effetto giuridico di tale disposizione, che si auspica “chiuda” il periodo di incertezza interpretativa che ha dato luogo alle menzionate contestazioni, è l’inversione dell’onere della prova: in presenza dell’attestazione di legge, sarà l’Agenzia delle entrate a dover dimostrare che non di prestazione sanitaria ma di “cosmetica” si è trattato.
Si deve perciò porre attenzione al fatto che dal 17 dicembre 2023, data di entrata in vigore della citata disposizione, l’esenzione dall’Iva delle prestazioni di chirurgia e, per quanto richiamato, di medicina estetica, è “condizionata” dalla presenza della “apposita attestazione medica”, in assenza della quale l’Iva andrà invece applicata.
Ci si può domandare in cosa consisterebbe questa attestazione medica, nonché se essa sarà sufficiente a garantire l’esenzione dall’Iva davanti alle Corti tributarie o se sarà invece necessario produrre ulteriore documentazione a supporto. Ad avviso di chi scrive, l’attestazione medica, con un’apposita formula verbale, va inserita o richiamata anche nella fattura emessa in esenzione dall’Iva e la documentazione di supporto deve già essere presente in quel momento. Inoltre, è opportuno acquisire il consenso del paziente affinché sia possibile utilizzare la documentazione che lo riguarda a fini fiscali.
Conclusioni
La posizione personale di chi scrive è che l’odontoiatra, nell’esercizio professionale e in conformità alla legge, non possa effettuare prestazioni che non siano strettamente sanitarie; se la sua legge professionale, come accade ora, prevede nelle sue competenze anche prestazioni di medicina estetica, queste saranno da fatturare in esenzione Iva, con le cautele menzionate nel precedente paragrafo. Se l’odontoiatra effettuasse abitualmente prestazioni a “solo scopo cosmetico”, si dovrebbe concludere, sempre a nostro avviso, che sta svolgendo un’attività diversa da quella sua propria, in pratica avrebbe “cambiato mestiere” o aggiunto un’ulteriore attività a quella medica, con le conseguenze del caso sul piano fiscale, autorizzativo e assicurativo. In particolare, in presenza di effettuazione abituale di prestazioni soggette a Iva, è opportuno procedere alla separazione contabile di queste da quelle mediche esenti.