Consapevolezza e standardizzazione dei protocolli e implementazione dai materiali favoriscono sempre maggiormente l'attuazione di interventi di bone augmentation in chirurgia implantare. Questo tipo di interventi, peraltro, si rendono più facilmente necessari in virtù delle esigenze protesiche (si parla proprio per questo di chirurgia protesicamente guidata) e anche delle legittime aspettative estetiche del paziente.
In questo contesto, l'approccio a difetti sul piano verticale rappresenta probabilmente la sfida maggiormente complessa in questo ambito, sia per presupposti clinici, che per materiali, procedura chirurgica e gestione del postoperatorio.
A tale proposito sono ben documentate più tecniche chirurgiche ben diverse tra loro: innesto a blocco, distrazione osteogenica e rigenerazione ossea guidata (guided bone regeneration GBR).
La modalità da seguire spetta alla valutazione del singolo caso ma, dovendo fornire risultati ripetibili, è importante per il clinico avere ben chiari alcuni parametri relativi al risultato atteso, possibilmente in ragione della procedura. In tal senso, risulterebbe particolarmente utile sapere quale incremento verticale sia mediamente ottenibile con una tecnica di vertical ridge augmentation intervention.
Le recenti revisioni recenti di Milinkovic (2014) e di Elnayef (2017) hanno quantificato in circa 4 mm la dimensione ossea verticale guadagnabile tramite questo tipo di tecniche, facendo però riferimento ad aree anatomiche circoscritte.
Ancora più recentemente (2018), un gruppo di lavoro attivo presso la Università Complutense di Madrid, in vista del XV European Workshop in Periodontology, tenutosi a Segovia, ha voluto dunque mettere a punto una revisione sistematica sull'argomento, considerando più tecniche e anche outcome secondari.
L'indagine ha sondato un pool di quasi 4000 record provenienti dai database MEDLINE, EMBASE e Cochrane Central Register of Controlled Trials, considerando ben 350 full text. I dati sono stati infine estratti da 36 di questi e fanno riferimento a un totale di 1392 impianti in 678 pazienti, con follow-up da quattro mesi e mezzo fino a 6 anni.
La meta-analisi ha stabilito un guadagno medio pari a 4.16 mm, in linea con le due review sopra citate. In realtà si tratta, in questo caso, di un dato a diverso significato, perché relativo a una gruppo ampio di casi ma anche a una serie eterogenea di tecniche. Nel complesso in tutti i casi i casi è stato registrato un aumento significativo. Si considerino invece le diverse tecniche, riunite sotto le 3 categorie viste in precedenza. L'osteodistrazione ha fornito il dato di guadagno medio più elevato, pari a 8.04 mm ma, al contempo, risulta gravata da un tasso di complicanze del 47.3% e, oltrettutto, tali dati derivano da soli 3 studi.
La GBR, metodica più documentata, assicura un guadagno medio di 4.18 mm, significativamente superiore a quello dell'innesto a blocco (3.46 mm), il quale presenta anche un maggiore tasso di complicanze (23.9% contro 12.1%). Questo dato va però soppesato al netto della sua eterogeneità interna, in quanto fa riferimento anche a materiali diversi dal solo osso autologo, per il quale, ad esempio, il guadagno sale a 4.12 mm. È più corretto affermare, pertanto, che le diverse tecniche di GBR forniscono presentano una più ristretta variabilità intorno al valore medio dei 4 mm.
In conclusione, allo stato dell'arte innesto a blocco e soprattutto GBR forniscono risultati ripetibili; la scelta del protocollo e, in particolare, del tipo di innesto risultano cruciali in tal senso. Quello dei 4 mm, infine, può essere il target indicativo da considerare durante la fase di pianificazione del trattamento.
Riferimenti bibliografici: