È quanto consiglia ai giovani neolaureati Massimo Simion, milanese, 58 anni,Professore Associato e Responsabile del Reparto di Parodontologia della Clinica Odontoiatrica dell’Università degli Studi di Milano. L’odontoiatria nel nostro Paese gode di ottima fama, offre buone opportunità di formazione in un contesto generale che ha visto crescere anche il livello medio di competenza dei liberi professionisti.
Considerato a livello internazionale uno dei massimi esperti nel campo dell’implantologia, Massimo Simion, 58 anni compiuti lo scorso maggio, l’interesse per la medicina prima e per l’odontoiatria dopo l’ha ricevuta in dono dai genitori, entrambi medici dentisti: il padre fondò lo Studio Simion dove ancora oggi opera il figlio Massimo che accanto alla libera professione ha coltivato però anche la carriera universitaria. Professore Associato e Responsabile del Reparto di Parodontologia della Clinica Odontoiatrica dell’Università degli Studi di Milano, Massimo Simion ricorda ancora oggi quando da bambino sognava di fare il medico chirurgo: una strada solo in parte segnata. Sì, perché dopo la laurea, conseguita nell’ateneo milanese nel 1979, inizia a frequentare l’ambiente ospedaliero che tuttavia poco si addice al suo carattere e alla sua intraprendenza. Così, nel tentativo di trovare la sua di strada, decide di avvicinarsi all’odontoiatria che già bene conosceva per ragioni familiari, appassionandosi immediatamente in modo particolare alla dimensione pragmatica di questa professione che eserciterà per alcuni anni proprio accanto ai genitori, al padre Alberto in modo particolare e alla sorella che già da diversi anni ha abbandonato la professione. Conseguita la Specializzazione in Odontoiatria e Protesi Dentaria nella sua città, continua a frequentare l’ambiente universitario rimanendovi coinvolto al punto di voler investire anche su questo fronte, anche grazie al supporto di direttori di larghe vedute come il Prof. Franco Santoro, dice, che non l’hanno mai ostacolato, ma anzi lo hanno spronato a seguire gli altri suoi interessi professionali e la sua attività di ricerca condotta anche all’estero e al di fuori del mondo universitario. Membro del Board della European Association for Osseointegration (EAO) dal 1998 al 2005, Simion è stato Presidente della EAO dal 2001 al 2003 e Immediate Past-President per gli anni 2004/2005, nonché Vice-Presidente della Società Italiana di Parodontologia (SIdP, di cui è Socio Attivo) per gli anni 2003/2005. Membro del Council della EAO dal 2005, è Fondatore della Società Italiana di Osteointegrazione e Referee di prestigiosi periodici: Journal of Periodontology, International Journal of Periodontics and Restorative Dentistry, Clinical Oral Implant Research. Ha pubblicato numerosi articoli su riviste scientifiche ed è relatore di livello internazionale sull’argomento Parodontologia, Osteointegrazione e Rigenerazione Ossea, oltre che docente presso Idre Education, la società di formazione di cui è il fondatore.
Professor Simion, la sua carriera professionale si è sviluppata in un periodo molto interessante per l’odontoiatria: quali sono le rivoluzioni a cui ha assistito anche da protagonista?
In effetti ho avuto la fortuna di trovarmi al posto giusto, nel momento giusto, perché, poco dopo aver conseguito la Specializzazione in Odontoiatria e Protesi Dentaria, c’è stato l’avvento dell’osteointegrazione, il primo fatto epocale che ha cambiato il mondo dell’odontoiatria in questi ultimi anni. Ero giovane e pronto a saltare su questo treno, come d’altronde fece la Clinica dell’Università degli Studi di Milano, dove già operavo, uno dei primi centri in Italia ad avere sposato questa tecnica, proprio quando l’implantologia non godeva di grande credito.
Ci sono stati momenti di difficoltà…
Sì, sono stati anni di grandi resistenze culturali. Basti pensare che inizialmente, per differenziarci dai vecchi implantologi e più in generale dall’implantologia che aveva una fama sinistra, noi cultori di questa nuova metodica preferivamo parlare di osteointegrazione. È stato difficile anche nel mondo accademico dimostrare il fondamento scientifico dell’osteointegrazione, sino a quando, finalmente acquisita, questa tecnica è diventata indiscutibilmente patrimonio di tutti.
E poi?
Successivamente, c’è stato l’avvento della rigenerazione guidata dei tessuti, sia in parodontologia, sia nell’ambito della rigenerazione ossea, l’altro fatto che ha nuovamente cambiato l’approccio terapeutico e ha permesso di raggiungere risultati prima impossibili. Mi sono trovato sempre molto giovane ad abbracciare tra i primi al mondo quest’argomento di grandissimo fascino che ha avuto un enorme riscontro a livello internazionale. L’osteointegrazione e la rigenerazione guidata dei tessuti sono state le due tecniche che più mi hanno aiutato nell’avanzamento della carriera professionale, oltre ad avere nutrito la mia esperienza e la mia sete di conoscenza.
Cosa c’è di nuovo, oggi?
Dopo un lungo periodo di silenzio e di stasi, attualmente sono i cosiddetti fattori di crescita la novità che con fatica sta emergendo. Con fatica perché innanzitutto comportano costi notevoli (il BMP2 ad esempio è completamente fuori mercato per il mondo odontoiatrico), poi perché in Europa, a differenza degli Stati Uniti, (dove ad esempio si sta utilizzando già da un paio di anni il PDGF), questi fattori di crescita non sono ancora stati immessi in commercio per questioni normative e burocratiche.
Che vantaggi comporterebbero anche per i pazienti europei?
Permetterebbero e negli USA già permettono di ottenere buoni risultati in modo meno invasivo negli interventi chirurgici a livello del cavo orale, in particolare nella rigenerazione dei tessuti sia parodontali che ossei. Ovviamente non risolvono tutti i problemi, c’è sempre bisogno di una tecnica chirurgica corretta, rigorosa: i tempi devono essere rispettati, però l’aggiunta di questi fattori che favoriscono la guarigione dei tessuti, la rigenerazione dell’osso, la vascolarizzazione, permettono di ottenere guarigioni molto più rapide con minori complicanze post-operatorie.
Cosa ne pensa invece delle perimplantiti: sono davvero un’emergenza?
Sono un problema serio e reale, ma con un’incidenza per fortuna non così catastrofica come è stato detto: i numeri, oggi disponibili, infatti, smentiscono le affermazioni allarmistiche su questa complicanza nata in seguito all’impiego di impianti con superfici modificate, più ruvide, quelle considerate più adatte all’osteointegrazione. Oggi le aziende si stanno muovendo per cercare di risolvere questo problema, perché come sappiamo le infezione batteriche negli impianti sono difficili da debellare e possono avere conseguenze molto gravi.
Qual è, a suo avviso, il livello di competenza medio della classe odontoiatrica e qual è il profilo del professionista che si avvicina oggi all’implantologia?
Da quando è stato istituito il Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria, il livello medio si è elevato tanto ed oggi è in linea con quello degli altri paesi europei, senza considerare le eccellenza. I clinici italiani di determinate discipline vengono invitati in tutto il mondo perché considerati tra i migliori professionisti del settore; poi, ovviamente, seppur in minor misura rispetto al passato, ci sono anche gli incompetenti, ma questo è quanto accade un po’ in tutti i settori. Chi si avvicina all’implantologia oggi? Mentre una volta era il dentista generico che voleva imparare questa nuova disciplina, oggi i discenti sono soprattutto professionisti già con esperienza che desiderano fare un salto di qualità, che vogliono acquisire tecniche più sofisticate come quelle rigenerative, oppure continuare a utilizzare le tecniche standard ma con maggiore padronanza e sicurezza.
Cosa consiglia ai giovani odontoiatri?
Di restare in Italia per imparare davvero il mestiere e in particolare l’implantologia. In campo odontoiatrico la situazione in questi anni si è davvero capovolta: oggi il nostro Paese offre ottime opportunità di formazione post-laurea: ci sono corsi di aggiornamento e master universitari di alto livello, ma anche corsi privati organizzati da medici ed odontoiatri tra i migliori al mondo.
Per concludere, cosa vede nel futuro dell’odontoiatria italiana?
È difficile dirlo perché l’odontoiatria è sicuramente condizionata dalla crisi economica attuale che ha investito tutti i settori, riducendo la capacità di spesa dei cittadini. In questo momento i dentisti sembrano molto spaventati. Lo constatiamo anche noi che ci occupiamo di formazione. Si incontrano difficoltà nell’organizzare corsi e congressi: nell’arco di quest’ultimo anno, ad esempio, c’è stato un notevole decremento dell’affluenza che, a mio avviso, però, non può essere imputato solo ad una questione monetaria. A condizionare i comportamenti degli odontoiatri gioca un ruolo importante anche l’aspetto psicologico. I media, poi, fanno la loro parte di terrorismo psicologico. Il risultato è che le persone, impaurite, investono meno nella propria professione e nella cultura e forse questo è un errore.