L'odontoiatria protesica estetica e minimamente invasiva rappresenta uno dei fronti di sviluppo in più forte ascesa nell'ambito della disciplina, suscitando un forte interesse anche da parte dei pazienti. Nello specifico, le faccette veneer in materiale ceramico garantiscono una forte vocazione cosmetica per via delle notevoli proprietà di traslucenza e si prestano ad essere applicate anche in contesti di discolorazione irreversibile, malformazioni e fratture a carico degli elementi anteriori.
D'altra parte, è indispensabile che restauri di questo tipo garantiscano affidabilità in termini prospettici di durevolezza: la revisione sistematica di Layton e Clarke (2013) ha stimato per le veneer in ceramica non feldspatica un tasso di sopravvivenza superiore al 90%, incoraggiandone la sperimentazione.
In questo senso, pare particolarmente interessante studiare le caratteristiche meccaniche di questi prodotti. Dato che l'area esposta del sorriso si estende normalmente fino ai premolari, che quindi possono essere coinvolti in questo tipo di restauri, può essere interessante valutare la resistenza alla frattura delle faccette in questa sede. È quanto fatto recentemente dal gruppo di lavoro brasiliano di Linhares, Pottmaier e Lopes. Lo studio, pubblicato nella prima parte del 2018 sullo European Journal of Dentistry, è stato anche ripreso come lavoro clinicamente rilevante dal portale del British Dental Journal.
Si tratta nella fattispecie di una valutazione in vitro, condotta su un totale di 40 elementi premolari sani appena estratti. I campioni sono stati rivestiti da un layer da 0.3 mm di polietere da impronta, atto a simulare il legamento parodontale e inseriti all'interno di un cilindro contenente resina acrilica, questa simulante l'osso alveolare.
I 4 gruppi di faccette testate
Sono stati divisi in 4 gruppi da 10 elementi ciascuno, trattati 4 tipi di faccette secondo i relativi protocolli di preparazione:
NPR: faccette dirette in resina composita (nessuna preparazione, statificazione pari a 0.2 mm);
NPC: faccette no-prep in disilicato di litio dello spessore di 0.2 mm; estensione pari a 1 mm della superficie occlusale della cuspide vestibolare;
P2C: faccette in disilicato di litio, preparazione vestibolare e occlusale (sempre con estensione di 1 mm) pari a 0.2 mm;
P5C: faccette in disilicato di litio, preparazione vestibolare e occlusale (sempre con estensione di 1 mm) pari a 0.5 mm.
I campioni sono stati sottoposti a termociclazione (5-55°C, 10mila cicli) e a test compressivo per valutare la resistenza alla frattura.
Sono risultati valori di resistenza significativamente diversi fra tutti i gruppi, più bassi per i gruppi NPR e NPC, più elevati per il gruppo P2C e intermedi per il gruppo P5C. In tutti i casi, il pattern di fallimento più comune è stato quello misto; nel gruppo P5C si è osservata però una percentuale triplice (30%) di fallimenti catastrofici con frattura radicolare rispetto a tutti gli altri gruppi. Tale indicazione risulta coerente con i dati riguardanti l'importanza della preservazione dello smalto e l'incremento del tasso di fallimento conseguente all'estensione dentinale fornita dallo studio di Gurel (2013).
La preparazione minimamente invasiva (0.2 mm) viene pertanto indicata come compromesso ideale per massimizzare la resistenza alla frattura delle faccette in disilicato a livello dei premolari.
Riferimenti bibliografici