Analisi dei modelli
L’analisi dei modelli rappresenta una fase molto importante e, troppo spesso, trattata con superficialità e noncuranza a discapito di alcune valutazioni invece indispensabili al raggiungimento di un buon risultato. Secondo il professor Palla, dell’Università di Zurigo, la tenuta di una protesi totale può essere identificata nei cosiddetti «fattori di tenuta», divisi in fisici, biologici e protesici. Proprio questi ultimi risultano, per la figura dell’odontotecnico, di fondamentale importanza nella realizzazione della protesi totale, in quanto dipendono dall’occlusione e dalla conformazione occlusale, argomento di grande interesse nella nostra pratica quotidiana.
Al fine di una corretta scelta della conformazione occlusale, che renda stabili i manufatti protesici durante la funzione masticatoria, risulta necessario precedere al montaggio dei denti laterali (diatorici) con una scrupolosa analisi dei modelli. Tale analisi consiste, essenzialmente, nella valutazione delle strutture ossee delle creste mascellari superiori e inferiori, in direzione sia sagittale che trasversale. Prima di tutto, si preferisce determinare il centro cresta che, superiormente, viene tracciato tra la zona del primo premolare e il punto centrale dei tuberi mascellari; mentre, inferiormente, viene tracciato a partire sempre dai primi premolari fino al centro dei trigoni retro molari (figure 5 e 6).
I punti ricavati vengono, quindi, uniti tra loro e le linee che ne conseguono vengono trasferite posteriormente e frontalmente sullo zoccolo esterno del modello maestro (figura 7 a-b).
In questo modo, l’operatore può controllare, durante le successive fasi del montaggio dei diatorici, se questi sono correttamente posizionati rispetto al centro cresta e nella zona di collegamento interalveolare.
Successivamente, si procede, mediante l’utilizzo di un apposito compasso profilatore, a trasferire l’andamento delle creste edentule sulle parti esterne dei modelli (figura 8).
Questa fase permette, oltre al controllo del parallelismo del piano occlusale con l’andamento della cresta durante il montaggio, anche di valutare, soprattutto in casi sfavorevoli, quale mascellare è ancora sufficientemente ritentivo, al fine di stabilizzare, mediante un’opportuna conformazione occlusale, il manufatto che si prevede meno stabile. Le protesi totali perdono tenuta, spesso quando, durante la masticazione, entrano in gioco i cosiddetti «piani inclinati», sui quali si verificano movimenti di scivolamento dei manufatti molto fastidiosi nonché dannosi (proglissement) (figura 9).
Al fine di evitare tale fenomeno, si preferisce montare ogni singola unità masticante in accordo con il profilo della cresta alveolare: in altre parole, le superfici masticanti dei diatorici, a montaggio ultimato, avranno un’inclinazione corrispondente alla direzione dell’inclinazione delle creste alveolari (figura 10 a-b). Laddove l’inclinazione della cresta ascendente dovesse superare un angolo posto tra 22° e 25°, è preferibile non posizionare unità masticanti (figura 11).
Nei casi in cui si presentano inclinazioni particolarmente sfavorevoli si rinuncia al montaggio in questa zona oppure, attraverso una modifica selettiva dell’occlusione, si cerca di neutralizzare il problema.
Da quanto esposto finora, si evince che l’analisi dei modelli condiziona la tecnica di montaggio e il numero dei denti da montare.
A tal proposito, tre unità masticanti per ogni lato sono, in genere, sufficienti a garantire un certo equilibrio durante i movimenti a vuoto, nonché un’adeguata funzione masticatoria; soltanto nei casi in cui si presentano tragitti condilari molto ripidi, si montano piccole unità masticanti nella zona iniziale del rialzo delle creste inferiori.
Prima del montaggio dei denti è nostra abitudine analizzare anche la larghezza delle creste alveolari, tenendo in considerazione la seguente indicazione approssimativa: «la superficie occlusale dell’unità masticante dovrebbe essere sempre più stretta delle creste»; cosa che sovente non si riscontra nella pratica quotidiana, dove si utilizzano spesso diatorici che, con la loro larghezza, superano di gran lunga l’estensione delle creste stesse.