Una condizione sintomatologica che frequentemente il paziente può riferire è senza dubbio l’ipersensibilità. L’odontoiatra, una volta ricevuto questo dato, andrà a indagarlo più nello specifico. L’aspetto probabilmente più importante è di tipo topografico: sarà importante chiarire se il sintomo sia limitato ad uno specifico elemento dentario o se sia diffuso all’interno della dentatura – il che sottende più frequentemente anche un problema di interesse parodontale.
Il sintomo, in ogni caso, tende a derivare da alcuni stimoli di tipo termico, tattile (spazzolamento quotidiano) o chemiosmotico (bevande zuccherate). Il paziente riferirà in ogni caso una risposta algica sproporzionata allo stimolo stesso.
La problematica, come accennato in precedenza, non ha sempre base prettamente endodontica, ma può frequentemente derivare dall’esposizione di aree rilevanti della dentina, soprattutto a livello cervicale. Se i tubuli dentinali sono ampi, poi, la colonizzazione batterica sarà ulteriormente facilitata.
Nella pulpite reversibile la risposta algica si autolimita in un periodo breve (5-10 minuti) a seguito della rimozione dello stimolo irritativo. Questa condizione, definita in alcuni testi anche fase dell’iperemia pulpare può anche verificarsi a seguito del traumatismo e dello shock termico indotti da una preparazione cavitaria, i quali possono essere in parte prevenuti con il controllo costante dell’efficienza delle frese e del sistema di irrigazione dei manipoli. La causa più rilevante rimane comunque la colonizzazione batterica che, sempre per quanto riguarda le terapie conservative, sfrutta i microgap presenti all’interfaccia dentina-restauro: anche per questo, è fondamentale il rispetto dei tempi di mordenzatura, oltre naturalmente all’utilizzo di compositi a bassa contrazione.
Per definizione, con il corretto approccio terapeutico, questa fase mantiene le potenzialità necessarie a permettere la restitutio ad integrum senza la perdita della vitalità e quindi l’adozione di tecniche di conservativa.
Il video illustra la pulpite, analizzandone cause, sintomi e conseguenze
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Pulpite irreversibile: il tessuto pulpare sottoposto ad iperemia e reazione flogistica va incontro ad un processo espansivo all’interno di un ambiente volumetricamente fisso come quello camerale. La possibilità di autodetersione è limitata e il passaggio alla fase irreversibile avviene più o meno rapidamente.
Dal punto di vista semeiotico, questa si caratterizza per la forte risposta agli stimoli termici, con le stesse fibre aδ che risultano maggiormente sensibilizzate. Una volta rimosso lo stimolo, in questo caso, il dolore permane in forma sorda, a causa della contestuale attivazione delle fibre C intrapulpari.
Il passaggio alla fase irreversibile comporta un radicale cambiamento nell’approccio terapeutico, che richiederà il ricorso all’endodonzia.
Nella fase di successivo aggravamento, detta pulpite irreversibile avanzata (o pulpite franca irreversibile) il ruolo delle fibre C supera quello delle fibre aδ: il dolore ha insorgenza spontanea, è continuo e viene esacerbato dalla postura distesa. Paradossalmente, la stimolazione al freddo, che induce vasospasmo locale, può prodursi in un’azione lenitiva.