Gli sviluppi in termini di conoscenze, materiali, tecnologie e protocolli, negli ultimi anni, hanno favorito una capillare diffusione della chirurgia estetica mucogengivale, ampliandone l'accessibilità sia per i pazienti che per i clinici. In questo ambito si sono costituiti gruppi di lavoro superspecialistici. Le applicazioni delle procedure spaziano dalla riabilitazione di difetti estetici congeniti e acquisiti alla gestione dei tessuti molli perimplantari deficitari, indispensabile al mantenimento dei risultati chirurgico-protesici.
Una migliore comprensione delle basi biologiche è indispensabile ai fini di massimizzare i risultati clinici.
La presente trattazione prende in esame le evidenze relative alle tecniche di innesto autologo connettivale disepitelizzato. Tale metodica rappresenta tuttora il gold standard nel trattamento delle recessioni gengivali, in virtù dei dati in termini di copertura gengivale, riportati Chambrone nel 2015 in una revisione sistematica, e per la stabilità dei risultati ottenuti, come riportato nello studio di Cairo del 2017.
Pubblicazioni recenti hanno osservato come l'integrazione dell'innesto possa essere influenzata dall'aspetto quantitativo e qualitativo. Questo secondo dato fa riferimento in modo particolare alla composizione tissutale (cellularità, vasi, fibre) dello strato della lamina propria. La stessa variabile qualitativa è soggetta a variabilità in ragione dell'origine: la sede di prelievo più comune è quella palatale, distalmente al canino e mesialmente al primo molare. Alcuni autori propongono come opzione di perfezionamento la sede della tuberosità del mascellare, inizialmente in virtù del maggiore spessore che questa è in grado di offrire, il che la renderebbe particolarmente interessante dal punto di vista dell'applicazione implantologica. In più, un ulteriore vantaggio sarebbe legato alla composizione tissutale, priva di tessuto adiposo e ghiandolare. Altri autori suggeriscono di trattare il tessuto a origine palatina in modo da eliminare anche la lamina propria.
Volendo fornire un aggiornamento riguardante l'aspetto istologico delle due alternative, si faccia riferimento a un lavoro pubblicato recentemente da un gruppo di ricerca presso due atenei spagnoli, l'Università Complutense di Madrid e quella Internazionale di Barcellona.
Tuber o palato: da dove conviene fare il prelievo?
Lo studio ha sottoposto a indagine istologica, istomorfometrica e immunoistochimica un totale di 20 campioni, 9 da palato e 11 da tuber. Nel primo gruppo la lamina propria copre mediamente il 51.08% contro il 72.79% del secondo, differenza questa valutata statisticamente significativa. Le aree della sottomucosa rappresentano invece rispettivamente il 25.75% e il 4.89%: anche in questo caso la differenza risulta significativa. Il connettivo proveniente dal tuber presenta pertanto una più elevata quota di lamina propria – aspetto questo utile ai fini della volume augmentation – e una quota minore di sottomucosa. Il contenuto in collagene risulta invece simile tra i due gruppi di campioni, mentre l'indagine immunoistochimica mostra differenze in termini di espressione antigenica.
Riferimenti bibliografici