Posizionamento di impianti post estrattivi: evidenze scientifiche

Nella prima parte del presente articolo sono stati analizzati alcuni aspetti riguardanti l’inserimento di un impianto immediatamente dopo l’estrazione di un elemento dentario, con riferimento a quanto evidenziato da alcuni nomi di grande autorevolezza e ratificato nelle Consensus Conference ITI degli anni 2003, 2008 e 2013.

Partendo da tali premesse, in un articolo apparso lo scorso anno su Periodontology 2000, Daniel Buser, Stephen Chen e colleghi revisionano il progresso delle evidenze su questa tematica, aggiungendo alcune raccomandazioni operative che ne derivano.

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Elementi da considerare per inserimento di impianti postestrattivi

In primo luogo, gli elementi anatomici da considerare nell’ambito di un estrazione, con particolare riferimento alla zona estetica, che risulta maggiormente interessata in caso di recessioni. Il primo elemento è la teca ossea vestibolare, che va misurata in termini di spessore, altezza e integrità. Si tratta di elementi che vanno comunque considerati anche per quanto riguarda la controparte palatale. Anche il volume osseo apicale è ugualmente importante. Altri elementi sono la larghezza della cresta, che viene misurata 3 mm apicalmente alla giunziona amelocementizia, l’altezza e l’inclinazione della cresta alveolare, l’altezza dell’osso alveolare presso i denti adiacenti; viene poi considerata eventualmente la posizione del canale naso-palatino. Viene infine misutaro il diametro mesio-distale del sito postestrattivo. Gli Autori ribadiscono come, in relazione al rischio di recessione, l’elemento più importante risulta la presenza di uno spessore osseo vestibolare di 1 mm, in combinazione con un biotipo gengivale spesso. Un altro aspetto fondamentale consiste nella direzione lungo la quale l’impianto viene posizionato, indipendentemente dall’approccio (chirurgia a mano libera o guidata, open-flap o flapless). In primo luogo dev’essere evitata proprio una posizione eccessivamente vestibolarizzata. L’impianto andrebbe poi posizionato appena apicale al margine crestale vestibolare, di modo da compensare un riassorbimento osseo di 0.5-1 mm. Morton, Buser, Chen e colleghi raccomandano di posizionare l’impianto in modo da lasciare un gap di almeno 2 mm dal versante interno della teca ossea vestibolare. Tale spazio può essere riempito tramite l’impiego di un innesto osseo particolato (tipicamente un sostituto, come l’osso bovino deproteinizzato), eventualmente accoppiato a membrana e permette inoltre l’organizzazione del coagulo ematico, che verrà successivamente rimpiazzato da matrice connettivale, quindi predisporrà alla formazione di osso a fibre intrecciate, più comunemente noto come woven bone. Negli ultimi anni, è stato sperimentato un’aggiornamento della tecnica che prevedesse una “dual zone augmentation” e restauro provvisorio. Gli Autori osservano tuttavia come i dati riguardanti la resa estetica – a maggior ragione, in questo caso, elemento discriminante – siano ad oggi contrastanti. È pertanto attesa un corpo più ampio di evidenze cliniche a lungo termine.

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Posizionamento di impianti post estrattivi: evidenze scientifiche - Ultima modifica: 2017-06-27T10:55:39+00:00 da redazione