Il sorriso ha un impatto molto forte sull’estetica del volto. L'attenzione di un individuo è rivolta al contatto oculare con l’interlocutore, ma ciò cambia e l'attenzione viene spostata verso il sorriso in presenaza di una dentatura deficitaria, in particolare di importanti malocclusioni, come attestato dagli studi di Richards (2015) e Prasad (2018).
Per l’odontoiatra, il processo probabilmente cambia, dato che, con la pratica, si tende a spostare l’attenzione direttamente sulla dentatura, anche in contesti extraclinici.
La teoria prevede regole ben codificate – le famose proporzioni auree – nel giudicare l’estetica di un sorriso. Di fatto, per padroneggiare queste nozioni servono anni di studio e, comunque, non tutti gli odontoiatri si specializzano nel trattemento estetico del sorriso. Nella pratica, volendo fornire un inquadramento generale dell’estetica di un paziente, spesso ci si rivolge al cosiddetto “occhio clinico”.
Akarslan (2009) definisce ideale “un sorriso dotato sia di una correlazione armoniosa tra forma e colore dei denti che una buona proporzione tra labbro e gengiva”: pur ammettendo implicitamente la soggettività del giudizio, l’autore indica tutti gli elementi che a esso contribuiscono.
L'interpretazione del sorriso e, in particolare, il modo in cui la bellezza viene misurata dai laici si è rivelata altamente soggettiva e influenzata da molteplici fattori quali cultura, educazione, etnia, età e sesso. Sono stati effettuati anche studi atti a valutare odontoiatri, sia generalisti che specialisti. Un interessante studio, recentemente pubblicato da Maha Aljefri e Julie Williams e disponibile su BDJ Open, si è concentrato sugli studenti di odontoiatria, con lo scopo di valutare appunto il passaggio da laici ad addetti ai lavori.
Lo studio, condotto presso l’Università di Bristol, in Gran Bretagna, ha coinvolto studenti del I anno (preclinici) e del V anno (clinici). A ciascuno è stato sottoposto un questionario atto a indagarne età, etnia di origine, luogo di nascita e paese in cui sono hanno passato i primi 10 anni di vita, quindi è stato sottoposto di ordinare 12 foto in ordine decrescente di piacevolezza estetica. Le foto sono relative a uno stesso sorriso giudicato ideale, presentato come foto h), digitalmente modificate con l’inserimento delle seguenti difformità: a) elemento mancante; b) affollamento; c) overbite profondo; d) discromia; e) margine gengivale superiore coronalizzato; f) asse mediano superiore lateralizzato rispetto all’inferiore; g) diastema interincisale; i) incisivi inclinati in avanti; j) incisivi retroinclinati; k) spaziature; l) open bite anteriore.
Lo studio è limitato dalla poca difformità etnografica. Il campione, pari a 69 studenti del I anno e 54 del V, è stato, comunque, sufficiente a percepire l’evoluzione del giudizio.
Gli studenti clinici hanno classificato il diastema mediano in posizione significativamente inferiore rispetto agli studenti preclinici, i quali che hanno percepito la presenza di incisivi retroinclinati in maniera significativamente meno favorevole. Tutti gli studenti del V anno hanno inserito il sorriso ideale tra le proprie prime 3 scelte, con una preferenza significativamente maggiore rispetto ai più giovani. Entrambi i gruppi hanno percepito come negativo l’open bite anteriore ma solo i più grandi lo hanno sistematicamente inserito, insieme con il diastema, nelle ultime 3 posizioni.
Riferimenti bibliografici
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33014424/