L'OSAS, ossia la Sindrome delle apnee ostruttive del sonno, è una patologia complessa, di competenza multidisciplinare. Per essere diagnosticata correttamente richiede intuito clinico, conoscenze specialistiche, ma anche l’impiego di particolari dispositivi diagnostici. Le terapie oggi disponibili sono molteplici, alcune anche di competenza prettamente odontoiatrica, che è bene conoscere.

OSAS: cosa sono e chi colpiscono

Silvia Miano, neuropsichiatra infantile e medico esperto in medicina del sonno

Gli studi epidemiologici sulla Sindrome delle apnee ostruttive del sonno, OSAS, acronimo di Obstructive Sleep Apnea Syndrome, variano molto a seconda degli strumenti di indagine utilizzati, tra i quali vi sono i questionari soggettivi e la polisonnografia, un particolare test in grado di diagnosticare con certezza questo grave disturbo del sonno.
«In generale, l’incidenza dell’OSAS aumenta con l’età», spiega Silvia Miano, neuropsichiatra infantile e medico esperto in medicina del sonno, Capoclinica del Centro del Sonno presso il Neurocentro della Svizzera Italia dell’Ospedale Civico di Lugano, nonché Professore Titolare presso la facoltà di Scienze Biomediche dell’Università della Svizzera Italiana con sede a Lugano. «Nella popolazione adulta l’incidenza è tra il 15 e il 30%, con una maggiore prevalenza nel sesso maschile; nei bambini, invece, è del 2-5%. Nelle popolazioni afroamericane l’incidenza è più alta rispetto alle popolazioni caucasiche, con una maggiore frequenza negli obesi». La diagnosi di questa malattia, nonostante i progressi registrati nel tempo, resta un problema, perché spesso tardiva. «Negli ultimi anni la consapevolezza delle conseguenze cardiovascolari e cognitive delle apnee ostruttive in sonno e del russamento è aumentata sia nella popolazione sia negli addetti ai lavori», spiega Miano. «Tuttavia, in generale la diagnosi è tardiva perché ancora si ritiene il russamento un rumore fisiologico nel sonno e anche perché la diagnosi, soprattutto nel bambino, richiede l’utilizzo di esami del sonno complessi come la video-polisonnografia notturna con capnografia e la presenza di specialisti del sonno».

Il gold standard sia nel bambino che nell’adulto rimane la video-polisonnografia notturna in laboratorio del sonno, che è un esame costoso, ma pur sempre il migliore. «Oltre a questo, si possono usare metodi di analisi più semplici, come la polisonnografia domiciliare, la poligrafia cardio-respiratoria domiciliare, la pulsossimetria e i questionari. La video polisonnografia di laboratorio comprende lo studio notturno di tutti i parametri, dall’elettroencefalografia, all’esame elettromiografico dei muscoli tibiali, all’esame pulsossimetrico notturno, l’elettrocardiogramma, lo sforzo respiratorio e il flusso nasale. Inoltre, si aggiunge un sensore di posizione e un microfono per il russamento. Gli altri strumenti sono più semplici: la polisonnografia domiciliare non comprende il video e la supervisione dei tecnici di neurofisiopatologia, la poligrafia di solito include solo la parte cardiorespiratoria, ma a volte vengono aggiunti i sensori ai muscoli tibiali, mentre la pulsossimetria monitora solo i valori dell’ossigeno notturni».

Il ruolo dell’odontoiatra e degli strumenti diagnostici

La medicina del sonno ha un approccio multidisciplinare che coinvolge diversi specialisti. «La mia opinione personale è che i disturbi del sonno dovrebbero essere gestiti dai medici del sonno, in tutti i processi di diagnosi e cura: dovrebbe essere loro compito coordinare tutte le figure in gioco sia nella diagnosi che nella cura. Questo vale anche per l’OSAS», spiega Miano. «Il problema principale è che la medicina del sonno non è considerata una disciplina autonoma, bensì una sotto-specializzazione di altre discipline».

Nell’adulto, il ruolo dell’odontoiatra è ben definito, secondo Miano: «la sua figura entra in gioco quando l’OSAS non è severa e quando non vi è la necessità di una terapia ventilatoria notturna (C-PAP - Continuous Positive Airway Pressure, il device d’elezione per il trattamento delle forme più severe di questa patologia) oppure quando questa non viene tollerata, nelle forme in cui il pattern di ostruzione beneficia di una apertura antero-posteriore delle vie aeree, attraverso l’avanzatore mandibolare. Lo stesso non si può dire per i bambini, per i quali ancora non esistono linee guida precise sulla terapia ortodontica, anche se la terapia con espansore rapido del palato nei bambini con malocclusioni e OSAS è riconosciuta come valida, almeno a livello europeo. Meno chiaro, nei casi pediatrici, è il ruolo dell’avanzatore mandibolare e della frenulectomia. Un altro ruolo indiscusso dell’odontoiatra, infine, è a mio parere la coordinazione della terapia miofunzionale, che si avvale dell’aiuto dell’ergoterapia o della logopedia».

La collaborazione del paziente, anche in fase diagnostica, è fondamentale, soprattutto se gli strumenti impiegati sono gli holter domiciliari che nel caso dei bambini richiedono anche la collaborazione dei genitori. «Per queste ragioni, in età pediatrica si preferisce lo studio del caso in un laboratorio del sonno, dove la collaborazione di solito è ottimale. Questo però non deve scoraggiare l’utilizzo di strumenti domiciliari, soprattutto dove non è possibile avvalersi della diagnosi effettuata in un Centro del sonno con video-polisonnografia notturna».

Una patologia seria, da non sottovalutare

«È noto in letteratura che gli adulti che soffrono di OSAS sono a rischio di ictus cerebrale, infarto del miocardio e demenza senile, mentre il trattamento dell’OSAS può prevenire i danni cardiovascolari», ricorda Silvia Miano. «È inoltre noto come l’OSAS si accompagni ad alterazioni neuro-cognitive, che nell’adulto sono mascherate dalla sonnolenza diurna e nel bambino si manifestano prevalentemente come deficit delle funzioni esecutive: disturbo dell’attenzione e iperattività, scarso controllo degli impulsi. Queste alterazioni, che possono anche arrivare a manifestarsi con franca sonnolenza diurna, sono descritte con prevalenza variabile in circa un terzo dei bambini con OSAS. In generale, disturbi dell’attenzione sono presenti nella maggior parte dei bambini con OSAS, mentre il russamento abituale è presente in oltre il 30% dei bambini con disturbo dell’attenzione e iperattività (ADHD). Per tale motivo, l’Accademia Americana di Pediatria raccomanda uno studio del sonno nei bambini con ADHD prima di iniziare un trattamento farmacologico».

L’esordio della malattia e il suo sviluppo nel bambino

Alberto Caprioglio, professore ordinario di Malattie odontostomalogiche presso l’Università degli Studi di Milano e  direttore della Scuola di specializzazione in Ortognatodonzia

«Il tema è di grande attualità anche nel nostro settore», dice Alberto Caprioglio, professore ordinario di Malattie odontostomalogiche presso l’Università degli Studi di Milano, dove è direttore della Scuola di specializzazione in Ortognatodonzia. «Basti pensare che all’ultimo congresso mondiale dell’American Association of Orthodontists, svoltosi lo scorso maggio e dove anch’io ho avuto la possibilità di partecipare in veste di relatore, un’intera sessione era dedicata proprio al problema dell’OSAS e delle condizioni cliniche d’esordio, che se non affrontate correttamente conducono a gravi conseguenze sia nel bambino sia nell’adulto. D’altro canto, che il tema sia di grande attualità per l’ortodontista lo si comprende anche sfogliando il numero di maggio dell’American Journal of Orthodontics: ben due articoli sugli 11 presenti sono dedicati a questo argomento, che è complesso e articolato».
Innanzitutto, perché nel bambino, fa notare Caprioglio, la sindrome delle apnee ostruttive del sonno è una condizione che può essere intercettata quando la malattia, non ancora conclamata, si presenta in una forma diversa, tuttavia non meno preoccupante per il piccolo paziente e per la sua crescita. «Inizialmente si può avere a che fare con il cosiddetto paziente respiratore orale», spiega Caprioglio, «condizione che può portare ai disturbi respiratori delle alte vie aeree (UARS, Upper Airway Resistance Syndrome), poi al russamento, proprio come nell’adulto, e infine al quadro conclamato delle apnee ostruttive del sonno».
In tutti i casi, cioè dalla respirazione orale all’OSAS, le correlazioni sistemiche sono numerose e possono interessare sei diversi distretti: nasale, orale, faringeo, polmonare, circolatorio e sistema nervoso centrale.
«A livello nasale, il paziente presenta una diminuita pervietà delle fosse nasali e un’ipotonia dei muscoli presenti nelle ali del naso. La respirazione orale determina una disidratazione della mucosa orale, labbra screpolate e ipertrofia gengivale, che indica una variazione dell’ecosistema: una condizione che, nel suo complesso, espone il paziente a un maggior rischio di sviluppare la carie ed è per questa ragione che il respiratore orale dovrebbe lavare i denti, se possibile, molto di più e meglio di un soggetto normale; dal punto di vista dentale, può presentare un’inclinazione dei gruppi incisivi inferiori e superiori e una maggior predisposizione a sviluppare una variazione nel diametro trasversale del mascellare e, dunque, una malocclusione. A livello faringeo, la maggior parte dei casi nasce dall’ipertrofia adeno-tonsillare che determina una fonesi alterata che richiede il giusto trattamento. Dal punto di vista polmonare, invece, il paziente respiratore orale ha una riduzione di circa un terzo della quantità di aria immessa, con fenomeni di ipercapnia e ipossia che con il tempo possono portare a uno scompenso cardiaco destro, una delle patologie più diffuse negli adulti e che può avere origine proprio dalle condizioni appena descritte. Infine, l’ultimo passaggio è quello della sindrome delle apnee ostruttive del sonno che, se non trattata adeguatamente, può avere conseguenze molto gravi. È nota, infatti, l’importanza del sonno nel bambino, in particolare nella fase di riposo caratterizzata dalle onde lente, durante la quale è secreto l’ormone della crescita, ma non solo. Durante questa fase il numero di sinapsi a livello corticale aumenta esponenzialmente: il fenomeno si interrompe intorno ai 20 anni, dopodiché inizia il declino fisiologico che può essere accelerato dall’insorgenza di malattie neurodegenerative. In questa situazione, se durante l’infanzia e l’adolescenza il serbatoio delle cellule non è stato riempito bene a causa dell’OSAS, le conseguenze potrebbero essere ancora più gravi. Ecco perché è bene non sottovalutare il problema e invitare i genitori dei piccoli pazienti ad affrontarlo sin da subito».

Cosa può fare l’ortodonzia dal punto di vista terapeutico

«Innanzitutto, va chiarita una questione», dice Caprioglio. «La terapia ortodontica non sempre è la chiave risolutiva dell’OSAS, che può presentare diverse sfaccettature o una situazione di comorbilità. Innanzitutto, vorrei ricordare che finora non c’è alcuna evidenza scientifica sulla presunta relazione tra l’estrazione dei denti premolari per ragioni ortodontiche e l’aggravamento delle apnee ostruttive del sonno. A volte alcuni trattamenti ortodontici è bene farli per ragioni ortodontiche, appunto, e non per risolvere i problemi di un’OSAS, che però, in alcune circostanze, possono essere comunque alleviati. Questa patologia richiede grande attenzione, ma soprattutto una corretta diagnosi e il giusto approccio terapeutico e di prevenzione. Per esempio, secondo le più recenti ricerche scientifiche, i “succhietti” da 0 a 2 anni non sarebbero in grado di causare danni, mentre da 2 a 6 anni l’operazione di adenotonsillectomia è il principale punto di riferimento associato a quello che gli americani chiamano “Wacthful waiting therapy”, cioè un’osservazione attenta di un’eventuale apnea ostruttiva del sonno insieme con le sue correlazioni ortodontiche. In questo periodo (0-6 anni), altre eventuali problematiche ortodontiche, come il morso crociato, per esempio, possono e devono essere affrontate per ragioni ortodontiche e non come terapia dell’OSAS o di altre problematiche del paziente respiratore orale». Il molaggio selettivo delle superfici occlusali dei denti da latte può risolvere il problema, grosso modo, in un caso su due, fa notare Caprioglio, se pensiamo che in letteratura l’efficacia è stata osservata in percentuali che variano dal 2 al 45%.
«Poi abbiamo il capitolo dell’espansione rapida palatale, che deve essere veramente rapida e che è consigliabile abbinare alla somministrazione di vitamina D che permette di amplificarne gli effetti sul piano ortodontico. La vitamina D, inoltre, aiuta la gestione dell’infiammazione e dello stress ossidativo: è una chiave di regolazione dell’ipossia e dell’ipercapnia, aiuta il sistema immunitario e combatte la debolezza muscolare di cui sono solitamente affetti i pazienti colpiti da OSAS».
L’adenotonsillectomia, secondo i lavori pubblicati dalla scuola scandinava del Karolinska Institutet di Stoccolma, modifica la direzione di crescita mandibolare e ciò può essere un vantaggio. «Proprio come lo è portare avanti il mascellare superiore in un soggetto in III classe, utilizzando le maschere facciali: è consigliabile farlo, perché oltre a correggere la discrepanza scheletrica, determina anche un miglioramento della pervietà delle vie aeree e questo è decisamente un fatto positivo», conclude Caprioglio.

Conoscere meglio il problema e personalizzare la cura

Marzia Segù, professore associato presso l’Università degli Studi di Parma

«Rispetto ai dentisti generalisti, gli specialisti in ortognatodonzia hanno maggiori conoscenze sull’OSAS. C’è grande interesse per questa materia, che tuttavia non trova ancora una sua collocazione ufficiale all’interno del Corso di laurea in Odontoiatria e protesi dentaria, perché non esiste ancora un corso di Odontoiatria della medicina del sonno. Scelta che invece potrebbe essere auspicabile, visto che attualmente questi programmi di studio sono lasciati alla discrezione delle singole sedi universitarie».
A dirlo è Marzia Segù, professore associato presso l’Università degli Studi di Parma, socio fondatore e past president della Società Italiana Disfunzioni e Algie Temporomandibolari (SIDA) e past president della Società Italiana di Odontoiatria nella Medicina del Sonno (SIMSO). «Il dato e la mia considerazione sono frutto di una ricerca che abbiamo condotto all’interno dell’Università degli Studi di Parma e pubblicato recentemente su Frontiers in Neurology: uno studio che restituisce la fotografia della situazione attuale, che non è priva di contraddizioni, se consideriamo il ruolo che l’odontoiatra dovrebbe avere nei confronti di questa malattia. Le linee guida ministeriali, volute dalla professoressa Antonella Polimeni, assegnano all’odontoiatra la funzione di “sentinella” di questa insidiosa malattia, che all’incirca nell’85% dei casi non viene diagnosticata». Invece, secondo Marzia Segù, ma anche sulla base di un’altra ricerca condotta sempre dall’Università degli Studi di Parma, l’odontoiatra potrebbe fare molto, per questa come per un’altra malattia molto diffusa e poco diagnosticata, nonché correlata all’OSAS.
«Abbiamo rilevato un’interessante legame tra l’apnea ostruttiva del sonno e la parodontite», spiega Segù, «e l’anello di congiunzione tra queste due patologie potrebbe essere il diabete, spesso presente sia tra chi è affetto da OSAS, sia tra i pazienti colpiti da parodontologia, come avevamo già osservato in un precedente studio svolto presso la scuola di igiene dentale dell’Università degli Studi di Pavia, dove ho lavorato per alcuni anni». Servirebbe dunque maggior impegno per mettere “a sistema” le conoscenze scientifiche oggi disponibili, lascia intendere la professoressa Segù, e improntare una terapia personalizzata. «È sempre più evidente, in questa patologia, la presenza di otto fenotipi legati a sesso, età, peso e altri parametri, che insieme determinano la terapia ideale. Per esempio, si è osservato che nella donna giovane in sovrappeso, il dispositivo di avanzamento mandibolare è particolarmente efficace. D’altro canto, considerando la complessità della malattia e la necessità di coinvolgere e motivare il paziente alla diagnosi e alla cura, trovo che l’apparecchio intraorale, se ben gestito dall’odontoiatra, possa avere un senso, se non altro per iniziare ad affrontare il problema con gradualità, per poi approfondirlo nelle sedi più idonee».

 

 

OSAS, la sindrome delle apnee ostruttive del sonno nell’adulto e nel bambino - Ultima modifica: 2024-10-10T12:15:26+00:00 da K4
OSAS, la sindrome delle apnee ostruttive del sonno nell’adulto e nel bambino - Ultima modifica: 2024-10-10T12:15:26+00:00 da K4