New trend in maxillary sinus lift through transalveolar approach
Negli ultimi vent’anni si è assistito a un progressivo miglioramento delle tecniche di rialzo di seno per via transalveolare che sono diventate sempre più predicibili e affidabili. La preservazione dell’integrità della membrana sinusale rappresenta lo scopo di queste nuove metodiche, poiché è ritenuta il fattore chiave per il successo del rialzo e per una ridotta incidenza di complicanze intra e post-operatorie. Sulla base di un’estesa ricerca in letteratura, in questa monografia vengono descritte diverse tecniche minimamente invasive di rialzo transalveolare di seno mascellare, divise e analizzate sulla base del loro principale meccanismo d’azione.
Riassunto
Il mascellare posteriore atrofico ha sempre rappresentato una sfida per il posizionamento di impianti osteointegrati. L’introduzione del rialzo di seno ha rappresentato un passo avanti per la riabilitazione implanto-supportata anche in situazioni di grave atrofia con concomitante pneumatizzazione del seno mascellare. Tuttavia, in un’ottica conservativa e minimamente invasiva, sono state sviluppate nuove tecniche di rialzo transalveolare, che hanno fin da subito mostrato risultati promettenti oltre a una minor frequenza di complicanze e a una miglior compliance del paziente.
L’obiettivo dell’articolo è quello di descrivere le diverse tecniche minimamente invasive di rialzo transalveolare di seno mascellare, evidenziando l’importanza della tecnologia per la realizzazione di strumenti specifici per la preservazione dell’integrità della membrana sinusale.
Gli autori hanno condotto un’estesa ricerca in letteratura per individuare tutte le moderne tecniche di rialzo transalveolare minimamente invasivo, utilizzando in Pubmed, Embase, Medline e Scopus le seguenti parole chiave: “transcrestal sinus lift”, “transalveolar sinus lift”, “minimally invasive sinus lift”, “new technique sinus lift”, “transcrestal sinus elevation”.
Le nuove tecniche minimamente invasive di rialzo transalveolare di seno sono state divise e analizzate sulla base del loro principale meccanismo d’azione in: 1) tecniche che rappresentano un miglioramento dei tradizionali osteotomi; 2) tecniche appositamente progettate per erodere in modo sicuro la corticale sottostante il pavimento del seno mascellare; 3) tecniche appositamente progettate per scollare ed elevare in modo sicuro la membrana schneideriana. Le metodiche descritte rappresentano delle valide opzioni per il rialzo transalveolare di seno mascellare minimamente invasivo.
Summary
Implant rehabilitation in the posterior upper jaw has always been challenging for clinicians. The introduction of sinus floor elevation has made possible implants placement also in problematic situations, characterized by sever ridge resorption concomitant with maxillary sinus pneumatization. However, in line with modern dentistry and its strive for reducing invasiveness in surgeries, new minimally invasive techniques for transalveolar sinus lift have been developed and they had shown from the beginning promising results together with lower complications incidence and better patients’ compliance.
The aim of this study is to describe all the techniques for minimally invasive transalveolar sinus lift, highlighting the role of technology in the production of specific devices aimed at preserving the integrity of the Schneiderian membrane.
An electronic search was conducted in Pubmed, Embase, Medline and Scopus, matching the following keywords: “transcrestal sinus lift”, “transalveolar sinus lift”, “minimally invasive sinus lift”, “new technique sinus lift”, “transcrestal sinus elevation”.
The new minimally invasive transalveolar sinus lift techniques were divided and analyzed according to their main working principle in: 1) techniques that represents an improvement of the traditional osteotome technique; 2) techniques specifically designed to safely consume the bone underlying the maxillary sinus; 3) techniques specifically designed to safely detach and elevate the sinus membrane. These new described methods represent viable options for minimally invasive transalveolar sinus floor elevation.
Laureato con lode in Medicina e chirurgia, si specializza con lode in Chirurgia maxillo-facciale. Dal 2006 professore a.c. presso la Scuola di specializzazione in Chirurgia odontostomatologica dell’Università degli Studi di Milano. Dal 2015 visiting professor presso l’Università Cattolica di Murcia (Spagna) e adjunct professor presso LUdeS Foundation Università di Malta. Nel 2012 consegue l’abilitazione nazionale di professore di II fascia. Dal 2011 è responsabile chirurgico del Reparto Universitario di Riabilitazione orale dell’Istituto Stomatologico Italiano di Milano.
Laureato in Odontoiatria e protesi dentaria nel 2013 presso l’Università degli Studi di Milano e specializzato con lode in Chirurgia odontostomatologica nel 2017 presso lo stesso ateneo. Dal 2013 frequentatore del Reparto Universitario di Riabilitazione orale dell’Istituto Stomatologico Italiano di Milano.
Studente del VI anno di Odontoiatria e protesi dentaria presso l’Università degli Studi di Milano. Dal 2014 frequenta il Reparto Universitario di Riabilitazione orale dell’Istituto Stomatologico Italiano di Milano e la Clinica Odontoiatrica del Policlinico di Milano.
Laureato in Medicina e chirurgia presso l’Università degli Studi di Milano nel 1984, specializzato nello stesso ateneo in Odontostomatologia nel 1987 e in Ortognatodonzia nel 1991. Professore aggregato, svolge attività didattica e di ricerca presso l’Università degli Studi di Milano. Dal 2001 è titolare dell’insegnamento di Protesi dentaria (polo centrale) per il Corso di laurea in Odontoiatria e protesi dentaria. È presidente della SITD (Società Italiana di Traumatologia Dentale). Dal 2011 è direttore del Reparto Universitario di Riabilitazione orale dell’Istituto Stomatologico Italiano di Milano.
In seguito alla perdita di uno o più elementi dentari nelle regioni latero-posteriori del mascellare superiore l’osso alveolare subisce una contrazione in senso verticale e orizzontale1. Il riassorbimento della cresta alveolare può essere inoltre associato a una contestuale riduzione dell’osso residuo causata dall’espansione dal seno mascellare per mezzo del fenomeno della pneumatizzazione2. La ridotta disponibilità dell’osso residuo unita alla sua scarsa qualità rendono spesso problematico l’inserimento di impianti in questi settori.
In presenza di un’atrofia del mascellare superiore legata all’iperpneumatizzazione del seno con corretti rapporti interarcata, il rialzo del pavimento del seno mascellare rappresenta il gold standard per ripristinare l’altezza ossea in modo tale da consentire una riabilitazione implanto-protesica con impianti di dimensioni normali. In caso di deficit verticale e/o trasversale concomitante ad estesa pneumatizzazione del seno, invece, diventa necessario ripristinare il corretto rapporto interarcata e bisogna quindi intervenire anche mediante tecniche di rigenerativa ossea quali guided bone regeneration (GBR), innesti ossei, espansione della cresta e, nei casi più severi, innesti rivascolarizzati.
Il rialzo di seno mascellare è stato introdotto negli anni Sessanta da Boyne ma solo a partire dagli anni Settanta è stato proposto come approccio rigenerativo preliminare alla riabilitazione implanto-protesica in pazienti con seni mascellari estesamente pneumatizzati e severo riassorbimento alveolare. Il primo lavoro scientifico sul rialzo di seno mascellare risale solo al 19803, mentre il perfezionamento della tecnica avviene qualche anno più tardi grazie a Tatum4.
La metodica prevedeva, tre mesi prima del posizionamento implantare, l’accesso al seno mascellare tramite antrostomia nella parete antero-laterale del mascellare, che permetteva di scollare ed elevare una porzione della membrana di Schneider per poi riempire la cavità subantrale con un innesto di solo osso autologo prelevato dalla cresta iliaca. Al giorno d’oggi numerosi studi confermano l’affidabilità e la predicibilità a lungo termine del rialzo di seno mascellare5,6. Tuttavia, l’invasività e la non rara evenienza di complicanze intra e post-operatorie connesse al rialzo di seno mascellare per via laterale hanno progressivamente indotto ricercatori e clinici a ideare soluzioni alternative, specialmente nei casi di monoedentulia con un’altezza ossea residua di 4-5 mm. Summers nel 1994 ha proposto una tecnica di rialzo del pavimento del seno mascellare per via transalveolare one stage, con due varianti: Osteotome Sinus Floor Elevation (OSFE)7e “Bone Added Osteotome Sinus Floor Elevation (BAOSFE)8. Entrambe le tecniche si basavano sull’utilizzo di una sequenza di osteotomi a punta concava che, opportunamente percossi tramite un martelletto chirurgico, erano in grado di produrre la frattura in direzione apicale della corticale del pavimento del seno mascellare. Le due metodiche si differenziano per il fatto che la prima si prefiggeva di utilizzare il solo materiale ottenuto dalla preparazione del sito osteotomico, la seconda invece utilizzava anche materiale da innesto che poteva essere aggiunto ripetutamente fino al raggiungimento dell’altezza desiderata (Figure 1-6). Summers nel 1995 propose anche una tecnica two stage (Future Site Development)9 indicata nei casi in cui la cresta residua non era in grado di garantire la stabilità primaria. Questa tecnica si basava sull’utilizzo di una fresa carotatrice per creare un cilindro osseo che veniva innalzato sempre tramite osteotomi elevando così la membrana sinusale.
Grazie all’approccio introdotto da Summers, al giorno d’oggi, è dunque possibile ridurre sensibilmente l’invasività dell’intervento con diverse tecniche di rialzo di seno per via transalveolare. Negli ultimi vent’anni, infatti, si è assistito a un progressivo miglioramento delle tecniche con accesso transalveolare che sono diventate sempre più predicibili e affidabili, semplificando inoltre le procedure per renderle meno operatore-dipendente. La preservazione dell’integrità della membrana sinusale rappresenta lo scopo di queste nuove metodiche, poiché è ritenuta il fattore chiave per il successo del rialzo e per una ridotta incidenza di complicanze intra e post-operatorie10-12. Una membrana senza perforazioni è, infatti, in grado di garantire protezione e stabilità al coagulo di sangue, che comporta inoltre una migliore rigenerazione ossea nello spazio subantrale13,14.
L’obiettivo dell’articolo è dunque descrivere le principali tecniche di rialzo di seno per via transalveolare che permettono di ridurre l’invasività dell’intervento nel rispetto dell’integrità della membrana.
Ricerca e selezione delle fonti
Gli autori hanno ricercato gli articoli inserendo in Pubmed, Embase, Medline e Scopus le seguenti parole chiave: “transcrestal sinus lift”, “transalveolar sinus lift”, “minimally invasive sinus lift”, “new technique sinus lift”, “transcrestal sinus elevation”. Sono stati presi in considerazione solo gli studi che affrontavano il rialzo di seno transalveolare con tecniche diverse rispetto a quella proposta da Summers7-9.
Nella realizzazione di questo articolo sono stati analizzati 47 articoli che rispondevano ai criteri di ricerca e solo 15 di essi sono stati descritti in quanto considerati più rappresentativi nella loro innovazione.
Tecniche minimamente invasive di rialzo transalveolare di seno mascellare
In linea con la moderna odontoiatria che mira a rendere le pratiche cliniche sempre meno traumatiche e con l’obiettivo di ridurre l’incidenza di perforazioni accidentali durante il rialzo di seno transalveolare, diversi autori hanno sviluppato nuove tecniche minimamente invasive. Molte fra queste si basano su strumenti appositamente sviluppati per preservare l’integrità della membrana schneideriana con l’ausilio di specifiche tecnologie. Queste tecniche si possono classificare sulla base del loro principale meccanismo di azione in:
- tecniche che rappresentano un miglioramento dei tradizionali osteotomi;
- tecniche appositamente progettate per erodere in modo sicuro la corticale sottostante al pavimento del seno mascellare: tecniche con strumenti rotanti, con strumenti ultrasonici o piezoelettrici, con strumenti manuali;
- tecniche appositamente progettate per scollare ed elevare in modo sicuro la membrana schneideriana;
- tecniche ideate per erodere in modo sicuro la corticale del pavimento del seno mascellare e, al tempo stesso, per elevare in modo sicuro la membrana sinusale
1. Tecniche che rappresentano un miglioramento dei tradizionali osteotomi
- Modifica della morfologia degli osteotomi (Chandra e coll. 2015).
- Aggiunta di una fresa alla sequenza di osteotomi (Cosci e Luccioli 2000).
- Smart Lift technique (Trombelli e coll. 2012, 2014).
- Minimally-Invasive Osteotome Sinus Floor Elevation (Taschieri e coll. 2012, 2014).
- Tecnica degli osteotomi con controllo endoscopico (Nkenke e coll. 2002).
Osteotomo custom-made (Chandra e coll. 2015)15
Per ovviare ai principali svantaggi della tecnica con osteotomi di Summers, Chandra e coll.15 hanno proposto di modificare la forma degli osteotomi.
I nuovi osteotomi sono di sezione esagonale che progressivamente si trasforma in una sezione circolare andando verso la punta, che ha l’estremità tagliente e concava. Secondo gli autori la modifica degli osteotomi tradizionali porta a un rialzo di seno transalveolare meno invasivo, meno dipendente dalla percussione tramite martelletto e più efficiente nel creare il sito osteotomico ideale per il posizionamento implantare.
Nuova tecnica di rialzo transcrestale (Cosci & Luccioli 2000)16
Per ovviare al rischio di una frattura non controllata del pavimento del seno mascellare, specialmente nel caso in cui l’osso sia particolarmente denso, Cosci & Luccioli16 hanno proposto una tecnica basata su una fresa specificamente ideata per perforare il pavimento del seno mascellare senza lacerare la membrana. Secondo gli autori infatti erano molto più frequenti le perforazioni della membrana schneideriana dovute alla frattura non controllata per via della percussione degli osteotomi rispetto all’utilizzo di strumenti rotanti.
Questa tecnica prevede un’iniziale preparazione del sito implantare con una fresa carotatrice e, successivamente, un sistema di frese specifico che, tramite reperi metallici, si porta a contatto con il pavimento del seno mascellare fino a esporre la membrana. L’elevazione del seno mascellare si ottiene inserendo materiale da innesto nel sito implantare e compattandolo verso l’alto tramite un martelletto. La procedura viene ripetuta più volte fino a raggiungere l’altezza desiderata, verificata radiograficamente, e infine si posiziona l’impianto.
Smart-Lift (Trombelli e coll. 2012)17
Trombelli e coll.17 hanno ideato un set di strumenti composto da frese rotanti e osteotomi dotati di stop calibrati intercambiabili che, usati secondo una precisa sequenza operativa, permettono di ottenere il rialzo del pavimento del seno mascellare ovviando ai problemi relativi alla tecnica con osteotomi (Meta, CGM Spa, Reggio Emilia).
Dopo aver individuato tramite una radiografia l’altezza della cresta residua, la prima fresa, Locator Drill, crea un invito di 3.5 mm perforando la corticale ossea; in seguito la seconda fresa, Probe Drill, allarga il diametro del foro fino a 1.2 mm e, tramite uno stop calibrato, raggiunge la lunghezza di lavoro di sicurezza, che sarà di 1 mm inferiore rispetto all’altezza della cresta ossea (Figure 7, 8).
A questo punto viene introdotto l’osteotomo sonda, Probe Osteotome, che ha lo scopo di procedere all’interno dell’osso midollare fino a raggiungere la corticale del pavimento del seno, determinando la reale lunghezza di lavoro.
Eseguendo una radiografia con un pin radiografico all’interno del sito osteotomico si può valutare l’effettivo raggiungimento del pavimento del seno mascellare. Successivamente, la Guide Drill (diametro di 3.2 mm o 4.0 mm) crea un invito coronale della profondità di 2mm per facilitare le frese successive (Figura 9). Si utilizza quindi la fresa carotatrice, Smart Lift Drill, con stop calibrato sulla reale lunghezza di lavoro, per ottenere una carota d’osso della massima estensione corono-apicale disponibile (Figura 10).
Questa carota di tessuto osseo viene poi compressa e spinta in senso apicale verso il pavimento del seno da un osteotomo, Smart Lift Elevator, azionato dalla percussione di un martelletto chirurgico, che porta la carota ossea a fratturare il pavimento e a sollevare la membrana sinusale, minimizzando il rischio di perforazione (Figure 11-13). Prima di inserire l’impianto, può essere necessario l’inserimento di innesto osseo. Tra i principali vantaggi dello Smart-Lift sono riportati un miglior controllo della lunghezza di lavoro tramite la sequenza di strumenti e una riduzione dell’attività percussiva del martello per fratturare il pavimento del seno grazie alla preparazione della carota d’osso sottostante la corticale del seno. In uno studio randomizzato su 38 pazienti, è stata riportata una percentuale di perforazione intra-operatoria del 13%18.
Minimally-Invasive Osteotome SFE (Taschieri e coll. 2012, 2014)19,20
Taschieri e coll. hanno proposto una tecnica minimamente invasiva di rialzo transcrestale tramite osteotomi che si basa sull’utilizzo del coagulo di P-PRP (pure platelet-rich-plasma) e impianti di lunghezza ridotta.
La preparazione del P-PRP avviene tramite la centrifugazione, in un apposito macchinario, del sangue periferico del paziente; la parte che si deposita sul fondo della provetta, ricca di fattori di crescita, è quella che verrà utilizzata nell’intervento.
Il sito implantare viene preparato con inserti montati su manipolo piezoelettrico fino a 1 mm dal pavimento del seno mascellare e viene quindi inserito nel sito implantare il coagulo di P-PRP, addizionato con CaCl2 al 10% (5µL/cm3) allo scopo di velocizzare la polimerizzazione della fibrina. La fattura del pavimento del seno mascellare si ottiene utilizzando degli osteotomi calibrati con la loro semplice pressione e rotazione manuale, percuotendoli con il martelletto solo quando necessario. In queste fasi il coagulo di P-PRP viene interposto tra osteotomo e pavimento del seno.
Una volta ottenuta la frattura si inserisce ripetutamente del P-PRP e tramite la spinta degli osteotomi si crea una pressione idrostatica che permette uno scollamento delicato della membrana. Si ripete più volte l’operazione per ottenere una maggiore elevazione della membrana e dopo ogni inserimento si effettua la manovra di Valsalva per verificare la presenza di eventuali perforazioni. Prima di inserire l’impianto si posiziona una membrana riassorbibile a protezione della membrana sinusale.
Rialzo di seno mediante osteotomi con controllo endoscopico (Nkenke e coll. 2002)21
Nkenke e coll.21 hanno associato un controllo endoscopico al tradizionale rialzo transalveolare effettuato con gli osteotomi. Dopo la sequenza di osteotomi a punta concava che hanno progressivamente allargato il sito implantare fino al diametro desiderato, con l’osteotomo opportuno si esegue la frattura della corticale del pavimento del seno mascellare monitorandone l’esito tramite endoscopia.
L’endoscopio è utilizzato anche per valutare l’integrità della membrana durante il suo scollamento dal pavimento osseo eseguito con uno strumento manuale e durante l’inserimento di biomateriale. Lo studio riporta una sola perforazione nei 22 pazienti trattati, non rilevata con la manovra di Valsalva ma solo grazie al controllo endoscopico.
Andreasi Bassi e coll.22 hanno pubblicato un case report di perforazione durante un rialzo transalveolare, gestita e riparata tramite endoscopia.
2. Tecniche appositamente progettate per erodere in modo sicuro la corticale sottostante il pavimento del seno mascellare
- Tecniche con strumenti rotanti (Ahn e coll. 2011; Anitua e coll. 2015; Emtiaz e coll. 2006; Mahesh e coll. 2014; Carusi e coll. 2016).
- Tecniche con strumenti ultrasonici o piezolettrici (Troedhan e coll. 2010, 2012).
- Tecniche con strumenti manuali (Parthasaradhi e coll. 2015; Borgonovo e coll. 2016).
Reamer-mediated transalveolar sinus floor elevation (Ahn e coll. 2012)23
Il rialzo transalveolare proposto da Ahn e coll.23 si basa su una sequenza di “reamer” rotanti che erodono progressivamente la corticale del pavimento del seno senza entrare mai a contatto con la membrana schneideriana.
Dopo aver allargato il diametro del sito osteotomico, precedentemente creato con una fresa a rosetta, il reamer viene delicatamente avanzato fino a non avvertire più la resistenza del pavimento del seno mascellare. Uno strumento manuale verifica l’integrità della membrana e la solleva in direzione apicale fino all’altezza desiderata. A questo punto, la metodica prevede l’inserimento di un innesto osseo, condensato al di sotto della membrana con un apposito strumento manuale e avanzato grazie al reamer finale. Gli autori riportano una frequenza di perforazioni pari al 4,6% e un successo implantare a due anni del 95,4%.
Rialzo transcrestale mediante concentrato piastrinico e impianti corti (Anitua e coll. 2016)24
La metodica proposta da Anitua e coll.24 prevede la preparazione del sito implantare con frese convenzionali che arrivano a 1 mm dal pavimento del seno mascellare. In seguito, con la fresa “frontal cutting drill” si inizia a erodere delicatamente la corticale del pavimento. Quando il pavimento inizia ad aprirsi, viene posizionato a contatto con la membrana schneideriana un tappo di fibrina ottenuto dal concentrato piastrinico del paziente. Un’ulteriore membrana di fibrina viene inserita nel sito implantare e spinta apicalmente con un apposito strumento manuale fino a che si ha la percezione di elevare la membrana sinusale. La tecnica proposta prevede l’inserimento di impianti di lunghezza inferiore a 8.5 mm, con o senza l’utilizzo di materiali da innesto.
Trephine core (Mahesh e coll. 2014)25
La tradizionale tecnica di rialzo tramite osteotomi può essere modificata introducendo l’uso di una fresa trephine in grado di ricavare un cilindretto d’osso.
Questo permette di ridurre sensibilmente la percussione degli osteotomi necessaria per fratturare e sollevare la corticale del pavimento del seno mascellare. Mahesh e coll.25 suggeriscono di inserire inizialmente la trephine a una profondità di 2 mm e, dopo un controllo radiografico, approfondirsi fino ad arrivare a ridosso della corticale del seno. Dunque si spinge apicalmente il cilindro osseo grazie alla percussione con gli osteotomi fino a fratturare il pavimento del seno e a elevare la membrana schneideriana.
MISE: Minimal Invasive Sinus Elevation (Carusi e coll. 2016)26
Il kit MISE consiste in una serie di frese e strumenti che consentono di rialzare il seno mascellare in modo non traumatico. La metodica prevede l’iniziale utilizzo di una fresa lanceolata, di una rosetta e di frese tradizionali con stop calibrati al fine di arrivare a 2mm dal pavimento del seno. Successivamente, a seconda dei casi, vengono impiegate in sequenza le 5 frese MISE: la fresa C-Chamfered, la fresa B-BreakUp e le 3 frese R-Rounded. La fresa C è caratterizzata da angoli smussati che permettono di piegare e deformare la corticale del pavimento del seno, la fresa B, invece, ha una testa tagliente e viene usata solo nei casi in cui la corticale del pavimento del seno è talmente dura o spessa che la fresa C non riesce a perforarla. Se il rialzo deve essere nell’ambito dei 2mm, è sufficiente la fresa C ed eventualmente la fresa B per provocare solo una deformazione del pavimento del seno (rialzo MISE senza rottura del pavimento); invece se si deve ottenere un rialzo di seno oltre i 2 mm (rialzo MISE con rottura del pavimento) è necessario ricorrere anche alle frese R, caratterizzate da una punta arrotondata atraumatica, che si distinguono tra loro solo per il diverso diametro.
Una sonda bottonuta viene utilizzata dopo ogni passaggio di fresa per verificare la profondità raggiunta e per valutare l’integrità della membrana. Una volta sollevata la membrana schneideriana, il biomateriale viene inserito con incrementi successivi tramite specifici carrier con punta concava.
Sinu Lift System (Parthasaradhi e coll. 2015)27
Dopo aver stabilito l’altezza della cresta ossea residua e posizionato uno stent per guidare il posizionamento implantare, viene approfondita una fresa pilota per pochi millimetri nella corticale ossea. In seguito, con le successive frese di diametro crescente, il sito implantare viene preparato fino ad arrivare a 1-2 mm dal pavimento del seno e allargato fino a un diametro di 3.2 mm. A questo punto viene adoperato il Sinu Drill, uno strumento manuale composto da due rotelle: una bianca (interna) e una verde (esterna).
Lo strumento viene inserito nel sito implantare ruotando la rotella bianca in senso orario fino a quando arriva a contatto con il pavimento del seno, quindi si aziona la parte lavorante, per erodere gli ultimi millimetri di corticale, facendo ruotare la rotella verde di 3-4 giri in senso orario seguiti da piccole rotazioni in senso antiorario. Questo strumento è progettato per inattivarsi appena arriva in contatto con la membrana. Si realizza infine lo scollamento della membrana per mezzo di strumenti manuali e, dopo l’innesto della cavità subantrale con particolato osseo, si inserisce l’impianto.
Rialzo transcrestale con SinCrest (Borgonovo e coll. 2016)28
La tecnica SinCrest prevede l’utilizzo di un kit composto da una serie di frese chirurgiche dotate di stop intercambiabili e da un device manuale per produrre la frattura controllata della corticale sinusale (Meta, CGM Spa, Reggio Emilia) (Figura 14). In un lavoro di Borgonovo e coll. vengono descritti i vari passaggi e i soddisfacenti risultati della metodica. La tecnica prevede l’utilizzo di una fresa Locator Drill che si approfondisce per 3.5 mm nella cresta ossea per individuare la precisa posizione di lavoro (Figure 15-16).
Il sito implantare viene inizialmente preparato con la fresa Probe Drill (diametro 1.2 mm) dotata di stop di profondità, che le permette di arrivare in sicurezza a 1mm dal pavimento del seno mascellare (Figura 17). In questa fase si può utilizzare il pin radiografico per verificare l’asse e la profondità della preparazione (Figura 18).
Successivamente viene utilizzata la fresa Guide Drill (diametro 3 mm) caratterizzata una punta lavorante solo per 2 mm che ha la funzione di facilitare l’inserimento della fresa successiva, SinCrest Drill, dotata di stop di profondità che allarga il sito implantare a 3 mm di diametro arrivando a 1mm dal pavimento del seno (Figure 20-21).
A questo punto il SinCrest, uno strumento manuale, viene posizionato nel sito osteotomico, si fa ruotare per mezzo giro alternativamente in senso orario e in senso antiorario, applicando una leggera pressione in direzione assiale, per erodere la coricale ossea con la sua parte lavorante (Figura 22).
Si registra così un avanzamento controllato del dispositivo che porta alla fuoriuscita di una banda bianca dello stantuffo dall’impugnatura ed esercitando una leggera pressione la sonda atraumatica del SinCrest crea la frattura del sottile strato di corticale residua.
Grazie ad una leggera pressione sullo stantuffo posizionato all’estremità del SinCrest è possibile verificare se è avvenuta o meno la frattura del pavimento del seno: una forte resistenza sarà infatti segno di un pavimento ancora intatto, mentre l’assenza di resistenza sarà sinonimo di avvenuta frattura del pavimento osseo sinusale con parziale sollevamento della membrana. In seguito con un endosinus probe si verifica l’integrità della membrana sinusale e si procede allo scollamento circonferenziale della stessa dall’osso per ridurre la tensione della membrana e facilitarne l’elevazione. Successivamente, con la stessa sonda endosinusale si eleva delicatamente la membrana schneideriana in direzione assiale.
L’aggiunta di osso eterologo tramite un carrier permette di riempire la cavità subantrale e di distendere ulteriormente la membrana prima del posizionamento implantare (Figure 23-24).
3. Tecniche appositamente progettate per scollare ed elevare in modo sicuro la membrana schneideriana
- Sinus Balloon Technique (Kfir e coll. 2006; Peñarrocha-Diago e coll. 2012).
- Hydraulic Sinus Lift (Sotirakis e Gonsor 2005; Fanali e coll. 2014).
- Gel-Pressure Technique (Pommer e coll. 2009)33.
- Implant-derived minimally invasive sinus floor elevation (Mijiritsky e coll. 2016).
Sinus Balloon Technique (Kfir e coll. 2006, Peñarrocha-Diago e coll. 2012)29,30
L’utilizzo di un palloncino per scollare la membrana del seno è stato proposto inizialmente per il rialzo per via laterale. Successivamente Kfir e coll.29 hanno introdotto il “Sinus Balloon” anche per il rialzo transalveolare.
Secondo la metodica descritta da Peñarrocha-Diago e coll.30, il sito implantare viene preparato con delle frese tradizionali fino ad arrivare a circa 1 mm dal pavimento del seno mascellare. A questo punto con una sonda si verifica la presenza di uno strato di osso corticale residuo al di sotto del seno mascellare e viene inserito nella cavità subantrale il Sinus Balloon.
Questo strumento presenta all’estremità un palloncino in lattice che può essere gonfiato progressivamente introducendo lentamente soluzione fisiologica attraverso ad un catetere applicato all’estremità opposta. Questa procedura viene ripetuta diverse volte fino ad ottenere l’elevazione della membrana voluta. L’autore consiglia di non introdurre più di 4 ml di soluzione fisiologica per volta e di inserire innesto osseo particolato per mantenere lo spazio subantrale creato dal Sinus Balloon.
Hydraulic Sinus Lift (Sotirakis e Gonsor 2005; Andreasi Bassi e Lopez 2010)31,32
L’uso della pressione idraulica nel rialzo transalveolare è stato proposto per la prima volta da Sotirakis e Gonsor31.
Questa metodica però portava con sé delle problematiche, su tutte la difficoltà di rimuovere la soluzione fisiologica alla fine della manovra e il difficile controllo della pressione da applicare alla siringa durante lo scollamento della membrana.
Per risolvere queste problematiche, Andreasi Bassi e Lopez32 hanno sviluppato una variante del rialzo transalveolare tramite pressione idraulica, chiamata Hydraulic Sinus Lift (HySiLift). Grazie a uno strumento appositamente ideato, viene direttamente iniettato nello spazio subantrale biomateriale miscelato a soluzione fisiologica, che è così in grado di elevare la membrana sinusale e fungere da innesto allo stesso tempo.
Gel-Pressure Technique (Pommer e coll.)33
La tecnica sviluppata da Pommer e coll.33 prevede una chirurgia flapless dove, tramite specifiche frese dotate di stop, viene erosa tutta la corticale sottostante al seno mascellare. Successivamente, un apposito strumento cavo viene fissato in modo stabile al sito osteotomico per permettere l’inserimento di un gel radiopaco direttamente a contatto con la membrana sinusale. L’applicazione del gel viene effettuata ripetutamente per mezzo di una siringa fino a che la membrana non è stata elevata fino all’altezza voluta.
In seguito, dopo aver controllato l’integrità della membrana con la manovra di Valsalva e tramite una radiografia endorale, il gel viene lavato e rimosso. Gli autori infine inseriscono un sostituto d’osso prima di posizionare l’impianto.
Implant-derived minimally invasive sinus floor elevation (Mijiritsky e coll. 2016)34
La tecnica proposta da Mijiritsky e coll.34 si basa su un impianto appositamente progettato per avere un canale cavo all’interno; in questo modo, è possibile introdurre soluzione fisiologica dall’esterno che, passando per il canale, fuoriesce dall’apice implantare fino a scollare e sollevare la membrana sinusale. Il liquido iniettato può essere composto da sola soluzione fisiologica ma anche da innesto osseo semi-liquido, per appore allo stesso tempo il biomateriale. Questa nuova metodica effettuata su 37 pazienti non ha riportato nessuna perforazione della membrana.
4. Tecniche ideate per erodere in modo sicuro la corticale del pavimento del seno mascellare e, al tempo stesso, per elevare in modo sicuro la membrana sinusale
- Crestal Approach Sinus (Kim e coll. 2013).
- Intralift (Troedhan e coll. 2010, 2012).
Crestal Approach Sinus (Kim e coll. 2013)35
La tecnica di Kim e coll.29 prevede l’utilizzo di una prima sequenza di frese rotanti dotate di stop calibrati per preparare il sito implantare fino a circa 2 mm dal pavimento del seno.
A questo punto la metodica sfrutta una seconda sequenza di frese, chiamate ”CAS Drill”, caratterizzate da una forma conica che garantisce il fresaggio del pavimento del seno senza lacerare la membrana e inoltre permette di recuperare chips di osso autologo. Una volta raggiunta la membrana, viene valutata la sua integrità tramite una sonda endosinusale.
La tecnica prevede l’utilizzo dell’“Hydraulic lifter”, strumento ideato per elevare la membrana grazie alla soluzione fisiologica che viene spinta contro la membrana. Prima dell’inserimento implantare può essere inserito o meno un materiale da innesto osseo. La metodica proposta è risultata avere un’incidenza di perforazione che si attesta attorno al 4,1% in un campione di 924 casi.
Intralift: Hydrodynamic Ultrasonic Cavitational Sinus floor Elevation (Troedhan e coll. 2010, 2012)36,37
Dopo uno studio su animale dove Troedhan e coll. hanno paragonato lo scollamento della membrana sinusale dal pavimento del seno effettuato con la pressione d’aria e con la forza idraulica. Gli autori hanno sviluppato il kit chirurgico Intralift in grado di erodere la corticale ossea tramite strumenti ultrasonici e di scollare ed elevare la membrana sfruttando l’idrodinamica36.
Dopo aver raggiunto il pavimento del seno mascellare con inserti ultrasonici e aver progressivamente allargato il sito implantare, la tecnica prevede l’inserimento di un apposito strumento chiamato “Trumpet”, in grado di far fuoriuscire dalla sua estremità un flusso di soluzione salina di 30 ml/min per 5 secondi; questo flusso è in grado di separare in modo atraumatico la membrana schneideriana dalla corticale e di creare così uno spazio subantrale. Troedhan e coll.37 consigliano di posizionare una spugna di collagene radiopaca, per mantenere il volume creato al di sotto della membrana sinusale elevata, che va a stabilizzare il coagulo.
Complicanze del rialzo di seno per via transalveolare
Nonostante la tecnica con gli osteotomi di Summers abbia rappresentato un notevole passo avanti rispetto al rialzo di seno tradizionale in termini di riduzione dell’invasività essa non è scevra da complicanze.
Nel rialzo con approccio laterale, anche a causa dell’accesso chirurgico e dell’ostectomia più ampi, le complicanze intra e post-operatorie sono maggiormente ricorrenti e severe. Le complicanze che si possono verificare nel rialzo di seno tradizionale infatti comprendono: emorragie, ematomi, perforazioni della membrana, perdita di vitalità degli elementi adiacenti, parestesia del nervo infraorbitario, sinusite, infezioni dell’innesto e fistole oro-antrali.
Analogamente al rialzo per via laterale, la complicanza più frequente nella metodica con accesso transalveolare è la perforazione della membrana sinusale. Una revisione della letteratura riporta un’incidenza di perforazione nel rialzo transalveolare con un valore medio del 3,8% (range 0-21,4%)38, valori decisamente inferiori rispetto a quelli del rialzo con tecnica laterale che risultano essere 19,5% (range 0-58,3%)6.
Diversi autori hanno riportato una correlazione tra la perforazione della membrana e un aumentato rischio di fallimento dell’innesto e di infezione, oltre ad una maggior incidenza di fallimento implantare, che aumenta al crescere della dimensione della perforazione10,11. Altre possibili complicanze del rialzo transalveolare, come emorragia, sanguinamento nasale, congestione nasale ed ematomi, sono molto rare. Dalla revisione di Tan e coll.38 si evidenzia che le infezioni post-operatorie nel rialzo di seno per via transalveolare sono infrequenti con un’incidenza che si attesta sullo 0,8%.
Le tecniche che utilizzano osteotomi attivati da un martelletto, per ottenere la frattura della corticale del pavimento sinusale, possono provocare un trauma dovuto alla percussione che può causare la vertigine posizionale parossistica benigna, sindrome caratterizzata da episodi di vertigini che durano qualche secondo e che sono scatenati da movimenti della testa39,40.
Oltre a generare un discomfort intra-operatorio per il paziente, la percussione degli osteotomi se eseguita in modo non controllato o con forze eccessive può dare esito a lacerazioni della membrana schneideriana41,42.
In conseguenza del fatto che la complicanza più frequente del rialzo per via transalveolarerisulta essere la perforazione della membrana sinusale, diversi autori hanno indirizzato le loro ricerche allo sviluppo di tecniche minimamente invasive per rialzare la membrana schneideriana mantenendone l’integrità. In caso di perforazione, infatti, difficilmente è possibile risolvere la complicanza dal solo accesso transalveolare per via della limitata visibilità; il clinico dovrà ricorrere quindi a un impianto corto senza posizionamento di biomateriale o dovrà eseguire l’antrostomia laterale che consente di riparare la perforazione ma che rende, al tempo stesso, la chirurgia molto più invasiva.
Le tecniche minimamente invasive di rialzo di seno transalveolare riducono quindi l’insorgenza di complicanze, il discomfort intraoperatoro e migliorano il decorso post-operatorio.
Discussione
L’efficacia del rialzo di seno per la riabilitazione del mascellare posteriore atrofico è stata ampiamente documentata in letteratura5.
Tuttavia l’elevata morbilità post-operatoria e il rischio di sviluppo di complicanze post-operatorie hanno spinto la ricerca a sviluppare metodiche sempre meno invasive per elevare il pavimento del seno mascellare, introducendo prima la tecnica per via transalveolare e in seguito sviluppando metodiche che mirano sempre più all’atraumaticità. Nel rialzo di seno per via transalveolare, analogamente al rialzo tradizionale con antrostomia laterale, la complicanza più frequentemente riportata dalla letteratura risulta essere la perforazione della membrana schneideriana38.
Con le nuove tecniche minimamente invasive di rialzo transcrestale si è assistito a una diminuzione della frequenza di perforazione, che si assesta attorno a un valore medio del 3,8% per il rialzo transalveolare38, mentre nel rialzo per via laterale risulta circa 5 volte più frequente6. L’integrità della membrana è un fattore chiave e determinante per la sopravvivenza dell’innesto osseo e implantare. La perforazione della membrana di Schneider è legata a una maggiore incidenza di complicanze post-operatorie, come fallimento dell’innesto e infezione10-12. Inoltre la dimensione della perforazione è inversamente proporzionale alla sopravvivenza implantare11.
Non sono presenti, invece, grandi evidenze del fatto che perforazioni intraoperatorie nel rialzo transalveolare portino a un aumentato rischio di complicanze post-operatorie. Questo è dovuto al fatto che, solo le piccole lacerazioni della membrana possono essere gestite dall’accesso transalveolare, l’eventuale perforazione determina in genere un cambiamento del piano terapeutico con l’inserimento di un impianto di lunghezza ridotta ove possibile o con un intervento con accesso laterale al seno mascellare che permette di gestire la lacerazione della membrana.
Sebbene Garbacea e coll.41 affermino che l’incidenza delle perforazioni nel rialzo transalveolare viene spesso sottostimata in quanto la sola manovra di Valsalva non è considerata del tutto attendibile per verificare l’integrità della membrana, la scarsa incidenza di complicanze post-operatorie fa propendere per considerare la manovra affidabile per rilevare almeno le perforazioni di dimensioni medio-grandi.
Le perforazioni di piccole dimensioni e quelle opportunamente gestite, evitando l’uso di biomateriale che possa essere dislocato nel seno attraverso la lacerazione, sembrano quindi non influire sul decorso post-operatorio.
L’aggiunta di un biomateriale nella cavità subantrale nel rialzo per via transalveolare è ancor oggi oggetto di discussione. Già Boyne43 nel 1993 aveva dimostrato come fosse possibile la de novo bone formation intorno all’apice di impianti posizionati nel seno mascellare elevato senza l’aggiunta di biomateriale.
Tuttavia, ciò era possibile solo quando l’impianto avanzava di massimo 2-3 mm oltre il pavimento del seno mascellare. Quando invece l’impianto si estendeva per 5 mm oltre il livello originario del seno mascellare, solo in un 50% dei casi era possibile apprezzare a distanza di tempo la formazione di nuovo osso intorno all’apice dell’impianto. Secondo Palma44 e Srouji45, infatti, la membrana schneideriana avrebbe anche delle proprietà osteoinduttive.
Vari autori non utilizzano alcun biomateriale e nemmeno un cushion agent, cioè un materiale con la funzione di mantenere lo spazio e prevenire il collasso della membrana, e ottengono risultati soddisfacenti19,20. Pjetursson e coll.6 hanno comparato il rimodellamento osseo di impianti inseriti in seguito a rialzo transalveolare senza l’aggiunta di alcun materiale o con l’aggiunta di osso bovino deproteinizzato.
Il guadagno medio di osso alveolare in termini di altezza è risultato essere 4.1 mm nei casi con biomateriale, valore nettamente superiore ai soli 1.7 mm in caso di rialzo senza innesto. Quando si esegue un rialzo di seno per via transalveolare senza inserire un biomateriale, è lecito aspettarsi solo una modesta formazione di nuovo osso rispetto a quando viene inserito un innesto osseo.
Alcuni autori preferiscono non posizionare innesto osseo nella cavità subantrale affidando l’effetto scaffold e space making a una spugnetta di collagene radiopaca per poter essere visibile in radiografia37, mentre altri autori utilizzano concentrati piastrinici come innesto prevenendo perforazioni vista la mancanza di superfici ruvide in contatto con la membrana19,20. Inoltre questi ultimi hanno anche il vantaggio di scollare ed elevare la membrana dal pavimento del seno in modo poco traumatico sfruttando la pressione idraulica. L’aggiunta di un biomateriale, che sia un innesto osseo o un materiale da riempimento, impedisce alla membrana di collassare e garantisce al coagulo ematico di proliferare in un ambiente protetto e mantenuto della sua dimensione grazie all’effetto space making e scaffold del riempitivo sotto la membrana sinusale.
L’innesto di un sostituto osseo sembra essere il gold standard per quanto riguarda il guadagno verticale di osso perimplantare46.
Vari studi individuano come migliore soluzione il solo materiale eterologo o la miscela di questo con autologo, rispetto all’uso del solo autologo che arriva ad avere un riassorbimento fino al 50% del suo volume47,48.
Molti autori sono d’accordo nel considerare come indicazione clinica al rialzo del pavimento per via transalveolare un’altezza ossea residua di almeno 4-5 mm12,42.
Infatti, quando la cresta è gravemente riassorbita, sotto i 4 mm, un rialzo del seno per via transalveolare porterebbe ad elevare la membrana oltre i suoi limiti fisiologici, che secondo Nkenke e coll.21 sarebbero 3 mm, mentre altri studi riportano 5 mm come limite di elevazione della membrana41,47.
Pommer e coll.48 hanno dimostrato con uno studio in vitro che la membrana schneideriana può essere allungata mediamente fino al 132,6% delle sue dimensioni originali prima di lacerarsi. Indipendentemente dalla tecnica utilizzata, gli autori credono che durante il rialzo del pavimento del seno per via transalveolare, un corretto scollamento circonferenziale della membrana prima della sua elevazione sia fondamentale per ridurne l’adesione al pavimento osseo e la sua resistenza all’elevazione, diminuendo così il rischio di perforazione durante il sollevamento. In linea con la moderna odontoiatria che si sta evolvendo in tutte le sue discipline verso approcci sempre meno invasivi e più semplificati, le metodiche descritte di rialzo transalveolare rappresentano un passo in questa direzione. Alcune delle nuove tecniche sono state presentate solo in forma di case report, mentre altre sono già state documentate in studi randomizzati e controllati.
L’obiettivo comune di tutte le tecniche descritte è quello di ridurre la morbilità post-operatoria e l’incidenza di perforazione della membrana schneideriana, oltre che rendere il rialzo di seno per via transalveolare una chirurgia sempre più predicibile e alla portata di un numero maggiore di clinici grazie a processi semplici e poco operatore-dipendente.
Il supporto della tecnologia nello sviluppo di strumenti appositamente ideati per rispettare l’integrità della membrana sinusale rappresenta il fondamento della mini-invasività nell’ambito del rialzo di seno mascellare.
Conclusioni
Le innovative tecniche minimamente invasive per il rialzo di seno mascellare per via transalveolare rappresentano delle valide opzioni per il rialzo di seno e si pongono come un superamento della tradizionale tecnica degli osteotomi. Queste metodiche cercano di rendere le procedure poco operatore-dipendente e sono accuratamente progettate per elevare in modo sicuro e predicibile la membrana schneideriana, salvaguardandone l’integrità e minimizzando il rischio di complicanze post-operatorie.
Corrispondenza
andyebor@gmail.com
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