Da oramai quarant’anni la professoressa Nicoletta Zerman dedica i suoi studi e gran parte della propria attività alla prevenzione e alla cura delle malattie del cavo orale di bambini e adolescenti. Una sfida che ancora oggi richiede impegno da parte di tutti e la capacità di interagire in modo empatico, attento e responsabile con i giovani e con le loro famiglie, senza mai trascurare alcun segnale di possibile disagio. Perché l’obiettivo non è solo tutelare la salute del cavo orale, ma anche il benessere globale di adolescenti e bambini.
Oggi la professoressa Zerman è docente all’Università di Verona e Direttrice dell’Unità Autonoma di Odontoiatria Pediatrica e Igiene Orale, IRCCS Ospedale Don Calabria a Negrar, ma la sua carriera si estende lungo quattro decenni, durante i quali ha assistito, nonché partecipato in prima persona, all’evoluzione dell’odontoiatria pediatrica. Dall’innovazione tecnologica ai problemi di prevenzione, in questa intervista ci guida attraverso un viaggio affascinante nella cura delle problematiche orali di bambini e adolescenti, offrendo spunti e riflessioni che vanno ben oltre la semplice pratica clinica.
Professoressa Zerman, come è cambiato l’approccio rispetto ai suoi inizi?
In odontoiatria pediatrica sono stati compiuti grandi passi avanti sia per quanto riguarda le tecnologie a disposizione sia per la diffusione del sapere, che oggi è molto più capillare. Purtroppo non si può negare, invece, che a livello di prevenzione i passi in avanti non siano stati molti. Bisogna ammettere, a malincuore, che tutto quello che negli scorsi decenni si era cercato di impostare anche con il supporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità alla fine non ha portato ai risultati sperati. Nonostante gli sforzi compiuti, attualmente ci sono ancora tanti bambini che sviluppano troppe carie, e questo soprattutto perché le loro famiglie non vengono aiutate a seguirli in modo ottimale. È un ambito importante, dove ci sarebbe moltissimo da fare e dove dobbiamo contrastare un clima di disinformazione diffusa. Anche perché la prevenzione costa molto meno rispetto alla terapia, e riuscire ad attuarla con efficacia rappresenta un doppio valore, sia sociale sia economico.
Quali sono le criticità maggiori che le capita di osservare?
Noto che si parte sempre troppo tardi con la prevenzione, anche perché fino a poco tempo fa veniva consigliata la prima visita odontoiatrica intorno ai tre anni di età, idea purtroppo ancora diffusa tra molti dentisti, mentre i primi mille giorni di vita sono i più importanti anche per la salute orale. In ogni caso, le famiglie che hanno bimbi piccoli aspettano troppo per portarli al primo controllo e spesso vi arrivano con problemi già conclamati che nessuno ha identificato prima. Per questo sarebbe auspicabile rafforzare una rete multidisciplinare, coinvolgendo più rappresentanti della sanità, come ostetrici e pediatri, figure professionali che hanno la possibilità di gravitare attorno alle famiglie quando i bambini sono ancora piccolissimi e di intercettare molte problematiche nelle fasi iniziali. Oltre alla carie, che con le corrette abitudini potrebbe certamente essere evitata, un altro aspetto che si potrebbe prevenire è la traumatologia della prima infanzia. Dal mio punto di vista credo che si parta già con il piede sbagliato definendo il trauma come un evento accidentale. Il trauma in realtà è accidentale perché l’adulto di riferimento molto spesso consente che il trauma accada. Ci sono piccoli e grandi accorgimenti che, se messi adeguatamente in atto, sarebbero più che sufficienti per ridurre il rischio di traumatismo nei bambini.
Senza contare che purtroppo a volte i traumi anche a livello del cavo orale non sono davvero accidentali, bensì provocati; persino quelli che di primo acchito possono sembrare fortuiti, in realtà possono nascondere maltrattamenti o abusi subiti dai bambini, un dramma ancora più difficile da riconoscere e comprendere specialmente quando i soggetti sono molto piccoli e non hanno la possibilità di esprimersi.
Le succede spesso di riscontrare esiti di abusi?
Casi così purtroppo qualche volta mi sono capitati. Anche l’odontoiatra o l’igienista dentale di qualunque studio dentistico possono trovarsi di fronte a un caso di maltrattamento, perché molto spesso questi eventi transitano più facilmente negli ambulatori del territorio, senza passare attraverso il pronto soccorso di un Ospedale se non quando c’è la necessità di suturare, ad esempio per la lacerazione di un frenulo, un sanguinamento che non si arresta o un danno dentale importante. Così spesso la traumatologia minore non si attenziona. Per questo è importante istruire e fornire la massima quantità di informazioni a tutti coloro che hanno la possibilità di intervenire. È dimostrato che i bambini trascurati possono poi subire situazioni pesanti e danni ripetuti che possono anche avere esiti infausti. Che cosa bisogna fare nei casi dubbi? Consiglio passaggi progressivi: il primo sospetto deve nascere quando tutto l’insieme del caso è non chiaro e se ci sono determinati parametri, codificati, che fanno nascere il dubbio.
La prima azione da compiere è mettersi in contatto con il pediatra curante, che può rassicurare e effettuare una visita più approfondita per scoprire se ci sono altri segni che possono indicare presunti abusi. Occorre notare anche come reagisce la famiglia a questo tipo di richiesta. Bisogna poi stare vicini al bambino e seguirlo con controlli a brevissima distanza. Se il sospetto diventa più di un sospetto, c’è l’obbligo di denuncia alle autorità giudiziarie, che provvederanno a intervenire anche attraverso gli assistenti sociali. Per prevenire queste situazioni servirebbe coinvolgere gli insegnanti di asili nido e scuole materne, cercando di creare una rete di conoscenza capillare.
Qual è l’attuale approccio alle malocclusioni nei bambini? A che età si possono intercettare?
A volte le malocclusioni, così come la carie, possono derivare da abitudini viziate e prima si arriva a correggerle, meglio è. L’ortodonzia precoce viene fatta in dentizione decidua oppure in dentizione mista, a partire quindi dai 6-8 anni o a volte anche prima. Se il bambino manifesta compliance, questo permette di lavorare sul tessuto scheletrico immaturo, che dunque è molto resiliente agli spostamenti, rendendo tutto più facile. Rimane però l’incognita della crescita scheletrica fisiologica del bambino, che non possiamo prevedere. A volte questo processo risulta favorevole e potrebbe persino risolvere i problemi occlusali, ma a volte li peggiora e li rende più complicati. Ad esempio, nei bambini molto piccoli la crescita in eccesso della mandibola può non essere ancora evidente ed è solo con la crescita che il progenismo si manifesta in modo chiaro. Non possiamo indovinare cosa succederà, ma lo possiamo sospettare. Se, ad esempio, nella famiglia del bambino un genitore o un parente stretto ha questo tipo di problema, c’è la probabilità che durante la crescita si renda evidente anche nel piccolo.
Quando capita di vedere un bimbo in cui si sospettano o già sono evidenti queste problematiche, lo si attenziona e si documenta tutto, fin dalla prima visita. Ci sono specifici protocolli da seguire che, uniti a controlli ripetuti nel tempo, consentono di capire se è il caso di iniziare con un intervento precoce oppure se è preferibile attendere la crescita o la permuta dentale. Ogni caso va valutato a sé, con giudizio e senso di responsabilità, come farebbe "il buon padre o la buona madre di famiglia", che non compierebbero nulla che possa danneggiare la salute psicofisica del proprio figlio. L’odontoiatria pediatrica mette sempre al centro il bambino, ossia un individuo molto speciale che cambia, evolve sia nella crescita fisiologica sia nelle caratteristiche psicofisiche e nell’atteggiamento nei confronti delle cure o del proprio sé. Noi ci rapportiamo con lui in una modalità sempre mediata dalla presenza genitoriale. Spesso la figura di riferimento è la mamma, centrale anche per la salute orale. E se si riuscisse a coinvolgere le mamme nella prevenzione anche di altri problemi di salute, come l’obesità dell’infanzia, potremo avere una società futura molto più sana.
Quanto è difficile la comunicazione con i genitori?
Ho svolto tanta attività clinica in ospedale, entrando in contatto con una popolazione multiculturale. Talvolta, in effetti, si trovano ostacoli nella comunicazione e si possono incontrare difficoltà nel farsi comprendere da alcuni genitori, sia dal punto di vista linguistico sia culturale. Mi rassicuro pensando che il primo bambino l’ho visitato nel 1985 e sono convinta che l’aspetto esperienziale abbia un peso significativo nel farsi capire e nel cercare di non lasciarsi condurre dove vorrebbe il genitore, perché non sempre ciò è corretto. Questo è un concetto che cerco sempre di trasferire ai miei giovani allievi.
Quanto costa alle famiglie la prevenzione?
L’aspetto dei costi è importante, ma va fatta una distinzione. Grazie al Sistema sanitario nazionale ci sono prestazioni che non hanno alcun costo per le famiglie. I bambini sono molto protetti, i genitori pagano il ticket per la prima visita e per i controlli successivi, ma non per alcune prestazioni. Se un bambino è pieno di carie perché arriva tardi alla nostra osservazione, la famiglia paga la visita ma non i trattamenti necessari alla cura delle lesioni cariose, che rimangono gratuiti. Questo, da un certo punto di vista, rischia di risultare diseducativo, perché se da un lato rappresenta un vantaggio economico per i genitori, dall’altro lato li deresponsabilizza: sì, magari portare il bambino dal dentista è una scocciatura, ma poi non si pagano le cure. Occorre un cambio di prospettiva, ossia far comprendere alle famiglie che non è fondamentale curare i denti, è fondamentale far sì che i denti non si ammalino più. C’è una differenza fondamentale tra il curare una prima carie sui denti da latte e una sui denti permanenti. Con il sistema sanitario attuale, c’è il rischio che si attivi un meccanismo controproducente, perché quando richiamiamo i bambini ai controlli di routine e di prevenzione, le famiglie spesso rimandano gli appuntamenti o non vengono del tutto perché devono pagare la visita. E così la prevenzione primaria e secondaria non si possono più fare e la salute orale della popolazione continua a peggiorare.
Anche la relazione tra dentista e bambini non è sempre semplice: quali accorgimenti consiglia per migliorarla?
Quarant’anni fa l’odontoiatria pediatrica era seguita da un gruppo molto ristretto di professionisti che si stavano formando con passione. Adesso i bambini sono curati dappertutto e talora può capitare che vengano seguiti da chi ha poca esperienza nell’approccio pediatrico. Quello che noto oggi è un ritorno delle fobie, soprattutto nei bambini che hanno avuto esperienze di ascessi, di cure in urgenza o di trattamento forzato. Quando arrivano in visita appaiono terrorizzati, esattamente come accadeva una volta. Ai miei studenti dico che bisogna rispettare sempre il paziente pediatrico, qualsiasi età abbia. Forzare le cose è sempre controproducente. Esistono tecniche psicologiche codificate che condizionano il comportamento che è opportuno studiare e far proprie per migliorare la comunicazione e l’approccio quando in studio entra un bambino. Anche chi si dimostra in grado di instaurare all’inizio un certo feeling con i più piccoli, se si improvvisa alla fine può fare più danni che altro ed è un peccato, perché poi il bambino diventa non collaborante e occorre molto tempo per recuperare la sua fiducia. In ogni caso è sempre necessario soggettivizzare, perché ogni piccolo paziente è un mondo a sé. Per catturare la sua attenzione e migliorare la compliance occorre sempre manifestare un approccio empatico e in sintonia con il livello di sviluppo psicologico e il grado di complessità di ciò di cui necessita.
Lei si occupa anche di patologia orale. In quali termini questo tema può riguardare adolescenti e bambini?
In questi ultimi anni abbiamo assistito all’aumento dei disturbi alimentari nei soggetti adolescenti. Si tratta di problematiche serie, importanti da attenzionare, che oggi si evidenziano a un’età sempre più bassa. Odontoiatri e igienisti dentali dovrebbero alzare la soglia di attenzione per intercettare nel cavo orale i segni precoci in grado di far intuire che qualcosa non va a livello di alimentazione. Esistono forme tipiche di demineralizzazione dello smalto provocate dall’acido gastrico, che rappresentano un campanello d’allarme, portando alla luce potenziali problematiche legate al rapporto dei ragazzi con il cibo, ad esempio forme bulimiche, di cui spesso neppure i genitori si rendono conto. La patologia orale comprende moltissime malattie primitiva ma anche secondarie e sistemiche, che nel cavo orale si manifestano e possono così essere diagnosticate precocemente, come nel caso della celiachia. Per questo non bisogna mai dimenticarsi di effettuare visite accurate del cavo orale, valutando la bocca nel suo complesso e guardando con attenzione tutto quello che può non essere fisiologico.
Bisogna ispezionare in modo sistematico tutte le zone del cavo orale con la giusta illuminazione e senza trascurare nulla. Un utile supporto arriva dalla tecnologia, con videocamere che ingrandiscono le immagini in diretta e scanner intraorali 3D con schermi che si possono posizionare vicino al riunito, in modo che anche il piccolo paziente possa essere coinvolto nel proprio stato di salute orale; ciò è molto utile per ricercare la compliance in particolare nei soggetti molto fragili.
Nicoletta Zerman