L'intelligenza artificiale è entrata anche nel mondo dell’odontoiatria, con applicazioni che spaziano dalla gestione dello studio alla comunicazione con i pazienti, fino a toccare aspetti clinici come la diagnosi e la pianificazione terapeutica. Non tutti gli odontoiatri, però, guardano a questa innovazione con entusiasmo. Alcuni temono che questa tecnologia possa interferire troppo con il loro ruolo oppure che sia troppo complessa e, dunque, inutile nella pratica quotidiana. Un timore comprensibile, ma che non trova riscontri così drastici nella realtà.
Come sottolineano molti odontoiatri che hanno già abbracciato questa nuova tecnologia, l’intelligenza artificiale è uno strumento – potente e sofisticato, certo – ma pur sempre solo uno strumento che si può imparare a utilizzare al meglio. Ovviamente non può sostituirsi al clinico, ma liberarlo da compiti ripetitivi sì, così da fargli guadagnare tempo prezioso che potrà dedicare ai pazienti. Saperne di più su questa tecnologia e comprenderne le potenzialità e i limiti, è fondamentale per scegliere come integrarla nella propria pratica quotidiana. Usata in modo intelligente, può consentire di migliorare il servizio e la qualità delle cure offerte, come sembrano suggerire gli odontoiatri che abbiamo interpellato.
Una nuova rivoluzione industriale
«L’IA è nata ufficialmente nel 1956, durante una conferenza al Dartmouth College (New Hampshire), dove venne definita da John McCarthy come “la scienza e l’ingegneria di rendere le macchine capaci di svolgere funzioni che richiederebbero intelligenza se svolte da esseri umani”, spiega Matteo Sartori, odontoiatra e coordinatore del comitato scientifico di IDI EVOLUTION, con 25 anni di esperienza clinica e scientifica multidisciplinare maturata in ambito biomedico. «Da allora l’evoluzione tecnologica ha portato al progressivo sviluppo e all’integrazione dell’IA nella vita quotidiana e in ambito biomedico, tanto da poter dire che stiamo vivendo una nuova Rivoluzione Industriale che sta cambiando tutte le professioni, inclusa quella medica e odontoiatrica. Si consideri che oggi a livello universitario nazionale e internazionale sono nati corsi di laurea e di specializzazione proprio dedicati all’intelligenza artificiale». Le applicazioni dell’intelligenza artificiale in odontoiatria sono in costante aumento, sia dal punto di vista clinico che gestionale. Radiologia, diagnosi delle carie, progettazione per la chirurgia guidata, ortodonzia e monitoraggio a distanza sono solo alcuni degli esempi concreti. Tuttavia, l’IA non si limita ad accelerare i processi tecnici. Secondo Sartori questo strumento, al contrario di quanto sostenuto dai più scettici, è destinato a migliorare anche il rapporto medico-paziente. «Le piattaforme digitali strutturate consentono al clinico di avere più tempo per il paziente nella sua totalità. Tutte le attività dello studio vengono semplificate, dai flussi di lavoro di ASO e receptionist fino alla condivisione delle informazioni cliniche con i pazienti», continua Sartori. Questa ottimizzazione permette all’operatore sanitario di concentrarsi sul proprio compito principale: prendersi cura del paziente. «Il medico fa il medico, e ha più tempo per farlo», dice Sartori, evidenziando come l’IA possa essere un supporto prezioso nei trattamenti complessi e multidisciplinari, aiutando a “ricordare” tutti gli elementi essenziali per una terapia personalizzata.
L’importanza della regolamentazione e della consapevolezza
Se da una parte vi sono la tecnologia e l’innovazione, dall’altra, arrivano le normative che serviranno per garantire un utilizzo sicuro ed efficace dell’IA. «La Comunità Europea ha introdotto l’Artificial Intelligence Act -AIA- Regolamento UE 1689/2024, per armonizzare gli standard di qualità e sicurezza. Questo regolamento si applica sia all’IA general-purpose che a quella dedicata ai dispositivi medici», afferma Sartori. Il focus normativo non riguarda solo gli strumenti, ma anche gli utilizzatori. «L’IA può leggere una lastra e suggerire elementi di attenzione, ma è il medico a fare la diagnosi, stabilire la terapia e seguire il follow-up. È fondamentale che gli utilizzatori sanitari conoscano l’impatto di questi strumenti nella loro attività e vigilino sul loro utilizzo e sui loro output». In attesa di linee guida operative e di sistemi di controllo definitivi e sanzionatori, Sartori invita alla prudenza. «Bisogna sapere come e quando usare l’IA e quali sono le sue implicazioni etiche e cliniche. Questo richiede un grande sforzo di formazione e consapevolezza da parte di tutti gli operatori sanitari».
Il futuro dell'IA in odontoiatria
Guardando avanti, Sartori immagina un futuro in cui l’IA consentirà analisi predittive basate su grandi dataset, migliorando l’accuratezza diagnostica, terapeutica e prognostica. «Questa tecnologia aumenterà la qualità delle cure e consentirà trattamenti sempre più su misura per i pazienti. Occorre avere consapevolezza della velocità con cui si sta sviluppando questa tecnologia, le cui applicazioni anche future oggi non si possono neppure immaginare. Serve equilibrio tra innovazione e responsabilità, così come serviranno nuove figure professionali specializzate per gestire la sfida. Dobbiamo approcciarci con intelligenza, mantenendo viva la curiosità e la consapevolezza di chi “sa di non sapere”. Solo così potremo sfruttare al meglio questo strumento».
L’IA, un supporto per la gestione e il marketing dello studio
Simone Stori, odontoiatra di Bologna, è un punto di riferimento per l’innovazione tecnologica nel settore dentale. Tra i primi in Italia a introdurre i CRM (Customer Relationship Management), ha sfruttato l’intelligenza artificiale generativa per trasformare in modo innovativo la gestione degli studi odontoiatrici. «L’IA deve essere vista come un alleato e mai come un nemico», precisa Stori, che ha sviluppato applicazioni specifiche per il suo studio, successivamente adottate da centinaia di colleghi in Italia e all’estero. Un’esperienza che lo ha portato a diventare consulente per la DAIA (Dental AI Association), dove promuove l’uso dell’IA per migliorare l’esperienza del paziente e semplificare le attività quotidiane dello studio dentistico. «L’intelligenza artificiale è uno strumento molto potente che può aiutare a migliorare il marketing e la gestione interna degli studi odontoiatrici.
Grazie a strumenti come ChatGPT, per esempio, una delle intelligenze artificiali ma non l’unica, è possibile creare contenuti di qualità per siti web, social media e newsletter in modo rapido ed economico. Questi strumenti non richiedono investimenti elevati: in media, non costano più di 15-20 dollari al mese». Oltre alla generazione di testi, l’IA consente la creazione di contenuti multimediali avanzati, come immagini personalizzate e video con avatar virtuali, che rendono la comunicazione più coinvolgente ed efficace. «Con queste tecnologie, anche una persona non esperta di marketing può contribuire in modo significativo alla comunicazione dello studio. Ad esempio, addetti alla segreteria, ASO o stagisti possono essere formati rapidamente per utilizzare questi strumenti», che offrono però anche altri vantaggi, forse ancor più rilevanti per lo studio.
Automazione e personalizzazione
L’IA ha la capacità di automatizzare processi complessi, liberando tempo per il team. Nel suo studio, per esempio, Stori utilizza un registratore AI basato su Whisper di OpenAI, che trascrive le visite e genera report chiari per i pazienti. «Questo strumento è il segno e la dimostrazione del cambio epocale che stiamo vivendo, perché consente di personalizzare i contenuti destinati al paziente e, dunque, di migliorare la comunicazione, rendendola più precisa e immediata». Un altro ambito in cui l’IA sta rivoluzionando il lavoro è la gestione delle richieste dei pazienti attraverso chatbot e assistenti virtuali. «Questi strumenti rispondono ai pazienti su varie piattaforme, come WhatsApp e social media, 24 ore su 24, garantendo che nessuna comunicazione venga persa». Purché, ovviamente, a questa funzione automatizzata segua poi la presa in carico del paziente, che deve avvenire in tempi rapidi e con le giuste attenzioni.
Una nuova relazione medico-paziente
Secondo Stori, l’IA amplia le possibilità per il professionista, permettendo di concentrare le risorse umane sulla relazione con il paziente. «Se un computer può fare qualcosa meglio di noi, dobbiamo lasciarglielo fare: questo libera tempo per creare fiducia e migliorare l’esperienza dei pazienti che possono beneficiare di una completa personalizzazione della comunicazione.
Grazie all’IA, infatti, i messaggi e i contenuti creati per i pazienti possono essere adattati alle loro esigenze specifiche, rendendo ogni comunicazione unica e di valore». Sebbene l’IA offra vantaggi evidenti, il suo utilizzo deve essere consapevole e sempre supervisionato. «Non è l’IA a essere un rischio, ma l’uso scorretto che se ne potrebbe fare», spiega Stori, che ha “educato” i propri strumenti alle normative pubblicitarie sanitarie per garantire conformità e trasparenza, anche alla luce di un recente studio che ha dimostrato come le risposte dell’IA in ambito medicale siano state giudicate dai pazienti coinvolti nello studio quattro volte più empatiche e complete rispetto a quelle umane. «La coerenza e l’accuratezza dell’IA sono un valore aggiunto, soprattutto in ambiti come la radiologia, dove è essenziale evitare errori o interpretazioni soggettive».
L’integrazione dell’IA nello studio dentistico, che rappresenta una rivoluzione già in atto, secondo Stori è una grande opportunità. «Gli studi che adottano queste tecnologie risparmiano tempo, diventano più efficienti e offrono un servizio migliore ai pazienti. L’odontoiatria del futuro, basata sull’intelligenza artificiale, non solo semplifica la gestione, ma eleva la qualità della relazione medico-paziente, creando un modello di cura più umano ed efficace».
L’IA, tra opportunità e limiti
Secondo Fabio Federici Canova, odontoiatra di Viadana, in provincia di Mantova, specialista in ortognatodonzia e docente presso l’Università degli Studi di Brescia, la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale hanno trasformato l’odontoiatria, ma non solo. «Siamo entrati tutti involontariamente a contatto con l’intelligenza artificiale», spiega, «perché di fatto non abbiamo avuto alcuna possibilità di scelta: siamo stati tutti travolti da questa marea. Basti pensare che nei titoli di coda dei telegiornali nazionali compare una scritta che vieta l’uso delle immagini per addestrare l’IA. Questo dimostra quanto questa tecnologia si sia integrata nella nostra vita quotidiana, in molti comuni dispositivi, come i navigatori, per esempio, che consideriamo normali e che invece sono basati su algoritmi di IA. Sebbene pervasiva, però, l’intelligenza artificiale non va percepita come l’occhio del “grande fratello” di Georg Orwell, che ci spia, perché l’IA è uno strumento neutro che possiamo scegliere di utilizzare in modo intelligente». Anche in odontoiatria, l’IA è ormai parte integrante del presente. «Per esempio, gli scanner intraorali utilizzano algoritmi per riconoscere e cancellare automaticamente errori di scansione, distinguendo tra dente e gengiva o tra bianco e rosso. Queste funzioni non solo semplificano il lavoro del professionista, ma lo rendono meno invasivo, persino con i pazienti più piccoli». Tuttavia, secondo Federici non sempre l’intelligenza artificiale è utile. «Ci sono situazioni in cui bisogna saperla disattivare: ad esempio, quando devo prendere un’impronta usando uno scan body o estendere manualmente un’area di scansione. In questi casi, l’IA può essere controproducente ed è conveniente passare alla modalità manuale».
L’IA in ortodonzia
Alcune delle innovazioni più significative introdotte dall’IA sono nel campo dell’ortodonzia: tra queste, i set-up ortodontici rappresentano un passo avanti fondamentale. «In passato, dovevamo segmentare i denti manualmente, indicandoli uno per uno», spiega Federici Canova. Poi è arrivata l’automazione parziale, che permetteva al software di completare il lavoro con pochi input. Oggi, invece, la segmentazione è totalmente automatizzata: il software riconosce i denti, li etichetta e li prepara per lo spostamento». Questo processo iniziale riduce notevolmente i tempi di lavoro, lasciando comunque spazio all’intervento umano per le rifiniture. «L’IA mi fa da assistente, svolge il lavoro preliminare, e io intervengo per finalizzare e personalizzare il trattamento». Un’altra applicazione avanzata riguarda la manipolazione di modelli 3D ottenuti da TAC. «Grazie a software open source, possiamo segmentare strutture ossee o dentali, trasformandole in oggetti virtuali manipolabili. Questo è utilissimo per pianificare interventi chirurgici e per comunicare con i pazienti. Un paziente può capire molto più facilmente la complessità di un’estrazione se gli mostriamo un modello 3D con il dente incluso e il nervo mandibolare evidenziato».
Il ruolo dell'IA (e dei social) nella formazione
Alcuni temono che l’intelligenza artificiale possa mettere in secondo piano le competenze dei professionisti, ma non Federici Canova. «Ogni cambiamento porta con sé uno stress, ma dobbiamo imparare a coglierne i lati positivi. Il nostro lavoro rimane artigianale: lavoriamo con le mani e con le persone, e l’IA non ci sostituirà. Piuttosto, è un supporto che ci permette di essere più precisi ed efficienti. In implantologia, ad esempio, l’IA ha reso più accessibili tecniche avanzate, come quelle che impiegano le dime chirurgiche, riducendo i costi e migliorando i risultati. Anche nella didattica, l’uso dell’IA è rivoluzionario: oggi possiamo segmentare un canino incluso in pochi secondi, rendendo la chirurgia meno invasiva e più mirata, e dunque anche la didattica più chiara e formativa».
Parlando di strumenti digitali più in generale, Federici enfatizza il ruolo tutto sommato positivo dei social media come piattaforme di apprendimento. «Se usati bene, i social sono una fonte incredibile di idee e innovazioni. Mi capita spesso di trovare soluzioni su gruppi ben gestiti, idee a cui non avevo mai pensato. Questo non sostituisce i metodi di apprendimento classici, ma li completa, offrendo accesso immediato alle ultime novità, per questo sono strumenti democratici. L’IA e il digitale, infatti, se sfruttati con intelligenza, rendono l’innovazione accessibile a tutti. Non dobbiamo temerle, ma imparare a usarle per migliorare il nostro lavoro e il servizio che offriamo ai pazienti».