L’ascolto attivo nel rapporto con il paziente

• Michele Cassetta

Medico Chirurgo-Odontoiatra, Professore a Contratto, Università degli Studi di Bologna – Facoltà di Medicina e Chirurgia, Scuola di Specializzazione in Nefrologia (Direttore: Prof. Sergio Stefoni)

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Con il termine ascolto attivo si identifica un vero e proprio atteggiamento il cui scopo è quello di entrare in contatto con la persona, creando un clima di fiducia che le consenta di aprirsi e di riconoscere nell’odontoiatra il ruolo di guida autorevole nel percorso terapeutico.

L’Odontoiatria è una specialità unica nell’ambito della Medicina, per le numerose competenze extracliniche necessarie per esercitare la professione: il marketing, il management, le conoscenze medico legali, la tecnologia, l’informatica, la fiscalità, l’efficienza nel gestire i conflitti, la capacità di esercitare la leadership e soprattutto il controllo delle numerosissime attività burocratiche.

Tali competenze, seppur necessarie e indispensabili, rischiano di diventare vere e proprie incombenze che sottraggono tempo all’azione terapeutica e rischiano di interferire nella costruzione di un rapporto interpersonale di qualità con il paziente, provocando ripercussioni dirette nella vita professionale e privata. Si sente sempre più l’esigenza di instaurare una relazione positiva con il paziente, in linea con una visione olistica del rapporto, nell’ambito della quale l’odontoiatra si trova a soddisfare un bisogno di salute psicofisica ed è chiamato, oltre che a curare la patologia, a prendersi cura della persona.

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Quando si instaura una relazione di qualità:

  • aumenta l’aderenza del paziente ai piani di trattamento;
  • cresce l’efficacia delle terapie;
  • si abbassa la tensione per la prestazione odontoiatrica;
  • diminuiscono i contenziosi medico-legali;
  • migliora il clima umano nello studio;
  • diminuiscono le forme di demotivazione professionale.

Solo riuscendo ad ascoltare il paziente in modo efficace è possibile conoscere i suoi pensieri, le sue caratteristiche comportamentali e le motivazioni che lo spingono a prendere le decisioni.

L’ascolto

L’odontoiatra, spesso inconsapevolmente, mette in atto una varietà di tipologie di ascolto che possono essere sintetizzate in questo modo:

  • ascolto passivo. Il paziente o ciò che egli dice non suscita alcun interesse quando l’odontoiatra ha già una convinzione e non è disposto a modificarla;
  • ascolto selettivo. L’odontoiatra ascolta solo ciò che vuole sentire e va alla ricerca di informazioni che confermino una convinzione precostituita che ha già chiara in mente;
  • ascolto riflessivo. L’odontoiatra rivolge grande attenzione al messaggio inviato dal paziente allo scopo di minimizzare il rischio di fraintendimenti;
  • ascolto attivo. L’attenzione dell’odontoiatra è rivolta al messaggio inviato dal paziente e alle emozioni che egli prova, ma anche all’ascolto e all’osservazione di sé stesso all’interno della relazione.

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Con il termine ascolto attivo si identifica un vero e proprio atteggiamento il cui scopo è quello di entrare in contatto con il paziente, creando un clima di fiducia che gli consenta di aprirsi e di riconoscere nell’odontoiatra il ruolo di guida autorevole nel percorso terapeutico.

L’attitudine all’ascolto di qualità può essere una dote innata, ma anche essere appresa e perfezionata con l’esercizio.

Le basi dell’ascolto attivo

Affinché si possa ascoltare in maniera attiva, devono coesistere tre condizioni indispensabili: vediamole.

  • L’empatia. Per empatia si intende la capacità di calarsi nella realtà dell’altro “come se” fosse la propria. È una condizione che parte dal sincero desiderio di stabilire un contatto autentico con gli altri e se non controllata può rischiare di degenerare in un coinvolgimento emotivo che non permette più di essere d’aiuto. L’empatia dell’ascolto attivo è una forma matura che permette di “sentire” il paziente rimanendo in sé stessi e rappresenta una vera e propria abilità che può essere appresa e affinata con l’esercizio. Solo riuscendo a non confondere l’altro con il sé è possibile attivare quel processo volontario e consapevole rappresentato dall’ascolto empatico.
  • Il clima non giudicante. Il tentativo di stabilire una relazione sincera ed empatica parte dalla totale mancanza di pregiudizi e chiusure mentali nei confronti del paziente che deve essere accettato per quello che è e messo in condizione di sentirsi libero di esprimere sé stesso e le proprie emozioni. Le generalizzazioni, che fanno parte del metodo di giudizio di ogni essere umano, dovrebbero essere tenute lontane per evitare di influenzare l’idea che l’odontoiatra si fa del paziente sulla base di pregiudizi e aspettative personali.
  • L’autenticità. La condizione fondamentale per mettere in atto un ascolto attivo è che vi sia un sincero desiderio di entrare in comunicazione con il paziente, in quanto ogni tecnicismo non supportato dall’autenticità dei sentimenti può fornire solo l’impressione di essere interessati ma avere come risultato finale quello di creare relazioni superficiali o artificiali.

I comportamenti dell’ascolto attivo

Per predisporsi all’ascolto attivo è indispensabile attivare alcuni comportamenti, qui di seguito elencati, che possono aiutare il paziente a esprimersi nel modo più naturale possibile.

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  • Ascolto silenzioso. Per ascoltare in maniera efficace è necessario prima di tutto tacere! La tendenza a invadere gli spazi del paziente con frequenti interruzioni e a mettere del proprio in ogni interazione comunicativa in termini di consigli, giudizi o valutazioni personali può alzare barriere nella comunicazione. Nell’ascolto silenzioso è necessario mantenere il contatto visivo, non farsi distrarre da interferenze di tipo esterno e accompagnare l’ascolto con segni del linguaggio corporeo che diano la conferma di essere “centrati” sul paziente.
  • Messaggi di accoglimento. È possibile dimostrare di essere realmente interessati a ciò che il paziente dice utilizzando sia messaggi di tipo verbale, come “l’ascolto”, “mi dica”, “mi spieghi meglio” o “la capisco”, che messaggi corporei, come cenni del capo e sorrisi.
  • Controllo delle interferenze. Tra le variabili che influenzano negativamente la comunicazione interpersonale tra odontoiatra e paziente ci sono vari tipi di interferenze che possono essere “esterne” – come nel caso di rumori, odori o immagini caratteristiche dello studio – o “interne”, come pregiudizi, pensieri o emozioni del paziente che possono evocare esperienze negative o distorcere il significato di un messaggio. La comunicazione dovrebbe essere ripulita da questi elementi che possono condizionare negativamente la costruzione di un rapporto positivo.
  • Orientamento frontale. L’orientamento del corpo nello spazio è molto importante per la riuscita della comunicazione. La posizione frontale, uno di fronte all’altro, in aggiunta a un buon contatto oculare, è quella che permette i migliori livelli di attenzione e predisposizione all’ascolto efficace.
  • Posizione rilassata. La postura e i movimenti del corpo sono indicativi dello stato d’animo delle persone. Nelle relazioni interpersonali assumere una posizione rilassata e “disallineata” trasferisce il messaggio di assenza di tensione e predisposizione al dialogo e all’ascolto.
  • Tempi adeguati. La società attuale è caratterizzata dalla velocità e superficialità dei rapporti interpersonali, con conseguente scarsa propensione a creare relazioni efficaci. Il tempo a disposizione per ascoltare gli altri è spesso molto scarso e si attivano meccanismi di ascolto passivo o selettivo. Per ascoltare il paziente in modo attivo è invece indispensabile concedergli il tempo necessario per esprimere i suoi pensieri senza interromperlo frequentemente né manifestare con messaggi corporei segni di insofferenza o fretta.
  • Concentrazione. Uno dei comportamenti che più frequentemente si attivano nelle relazioni comunicative di bassa qualità è quello di anticipare prematuramente la risposta, ancora prima che il paziente abbia terminato di esporre il suo pensiero. Questo atteggiamento può generare forti incomprensioni e fraintendimenti ed è legato alla tendenza ad interpretare la comunicazione non come un possibile arricchimento personale, ma come un’affermazione di sé stessi e dei propri punti di vista. Per poter esercitare efficacemente il ruolo di guida autorevole l’odontoiatra deve essere capace di rimanere concentrato sul paziente, evitando di proiettare su di lui le proprie convinzioni e visioni delle realtà.
  • Verifica della comprensione delle informazioni. Nella comunicazione conta esclusivamente il risultato che si ottiene e non l’intenzione. Purtroppo capita con grande frequenza che l’efficacia di un messaggio venga influenzata da numerose variabili che ne distorcono il significato nonostante si creda che sia stato decodificato in maniera fedele. È indispensabile verificare costantemente che i messaggi siano stati compresi esattamente ed è possibile fare questo sia grazie al feedback del paziente sia utilizzando strumenti linguistici adeguati.

È stato evidenziato come la professione odontoiatrica sia caratterizzata da diverse peculiarità che la rendono unica nell’ambito delle specialità della Medicina e che possono sottrarre tempo ed energia alla creazione di un rapporto interpersonale di qualità tra odontoiatra e paziente.

Una relazione basata sull’ascolto attivo e sull’empatia permette di instaurare rapporti basati sulla fiducia che migliorano l’aderenza alle terapie, tutelano da contenziosi medico-legali, allontanano situazioni di demotivazione nel lavoro e migliorano la qualità della vita professionale e privata.

I neuroni specchio

Parlando di empatia è indispensabile citare l’importante scoperta fatta verso la metà degli anni Novanta presso il dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Parma, dal gruppo di lavoro coordinato dal prof. Giacomo Rizzolatti: la scoperta di cellule cerebrali che si attivano quando si compie un’azione ed esattamente nello stesso modo quando si vede compiere la stessa azione da un’altra persona. Tali cellule, localizzate in un’area chiamata f5, furono chiamate “neuroni specchio”. Dopo una prima fase della ricerca nella quale si approfondì il ruolo dei neuroni specchio nelle azioni di tipo motorio, si iniziò a studiare quale ruolo avessero nelle esperienze di tipo emotivo. Anche in questo caso si notò che esistono popolazioni di cellule cerebrali che si attivano quando si è personalmente coinvolti in un’esperienza emotiva e nello stesso modo quando si vede tale esperienza vissuta da altri.

In poche parole, se andiamo al cinema e ci mettiamo a piangere vedendo una scena estremamente commovente è perché nella nostra testa si attivano i neuroni specchio che si metterebbero in moto anche se quella situazione fosse realmente vissuta a livello personale.

Parlando di empatia, questa scoperta è stata fondamentale in quanto ha dimostrato che gli esseri umani sono neurofisiologicamente predisposti a comprendere le emozioni degli altri e quando non si innescano atteggiamenti empatici è solo perché esistono condizionamenti esterni che ne impediscono la manifestazione.

L’ascolto attivo nel rapporto con il paziente - Ultima modifica: 2014-05-23T10:09:34+00:00 da Redazione