È quella di Ivo Krejci, professore ordinario e direttore della Divisione di Cariologia e di Endodonzia, nonché direttore della Scuola di Odontoiatria dell’Università di Ginevra. Mai come in questo periodo storico di grandi cambiamenti per l’odontoiatria è di vitale importanza riflettere su come sarà la professione di domani.
Dopo l’implantologia, l’odontoiatria sta vivendo un’altra rivoluzione. È quella della cosiddetta odontoiatria sostenibile. Un concetto che rimanda almeno a due significati. Il primo riguarda la sostenibilità economica delle cure, tema di grande attualità, soprattutto oggi che la crisi economica ha ridotto la capacità di spesa delle famiglie. Ma la sostenibilità delle cure interessa anche e soprattutto la clinica in senso stretto. Attuare interventi sempre meno invasivi, dunque meno traumatici per il paziente, comporta diversi vantaggi: innanzitutto quello di preservare più a lungo gli elementi naturali; per l’odontoiatra, invece, quello di promuovere un’odontoiatria più vicina all’idea stessa della prevenzione, perché basata su trattamenti quasi mai definitivi sui quali si potrà e si dovrà intervenire in futuro.
Con queste caratteristiche, vantaggiose per il paziente, ma anche per il libero professionista, l’odontoiatria sostenibile sarà l’odontoiatria di domani? È quanto abbiamo chiesto a un professionista, ma anche docente universitario, di valore internazionale che abbiamo incontrato per raccogliere le sue idee sull’odontoiatria, per capire come sta cambiando e quali sfide dovrà affrontare nel prossimo futuro. Ivo Krejci è professore ordinario e direttore della Divisione di Cariologia e di Endodonzia, nonché direttore della Scuola di Odontoiatria dell’Università di Ginevra.
Dopo avere conseguito la laurea in medicina nel 1983 all’Università di Basilea, ha ottenuto la specializzazione in odontoiatria nel 1986 e la “Privatdozen” nel 1993 all’Università di Zurigo. Autore di oltre 300 pubblicazioni scientifiche e di contributi sull’odontoiatria restaurativa, Krejci è past president della Società Svizzera di Odontoiatria Restaurativa e past president dell’Accademia di Odontoiatria operativa (sezione europea). Già membro del board editoriale del Journal of Dental Research, il professor Krejci è socio di numerose associazioni scientifiche, relatore in numerosi meeting scientifici internazionali e corsi di continuing education. Oltre alla sua attività istituzionale, esercita anche la libera professione in forma intramuraria.
Professor Krejci, quando ha scoperto la sua passione per i temi legati alla prevenzione e per l’odontoiatria restaurativa?
Negli anni ’80, quando ci fu il boom dell’odontoiatria restaurativa che investì anche l’Università di Zurigo. Come giovane dentista di quell’università rimasi affascinato dalle possibilità offerte da queste nuove tecnologie, oltre che desideroso ed estremamente felice di potere prender parte allo sviluppo di questa nuova visione dell’odontoiatria avvenuto in anni che furono di grande fermento. Al tempo stesso, essendo la Clinica odontoiatrica di Zurigo già orientata alla prevenzione, l’odontoiatria restaurativa si trovò subito indissolubilmente legata a questa idea, come ebbi modo di capire già allora.
L’odontoiatria sostenibile sarà l’odontoiatria di domani?
Quali benefici possono ottenere gli odontoiatri, oltre che i pazienti, da questo settore?
La cultura della prevenzione consente di ridurre le lesioni cariose nei pazienti, l’insorgenza del dolore e dunque la necessità di ricorrere a interventi di urgenza. Le restaurazioni adesive sono meno invasive e possono essere anche riparate, ma non solo. I materiali restaurativi in uso nell’odontoiatria adesiva, essendo colorati come i denti naturali, sono invisibili e permettono di ottenere risultati estetici di qualità molto più elevata. Insomma, i benefici per i pazienti si traducono in una migliore qualità della vita e sovente in minori spese per le cure odontoiatriche.
Quali sono le sfide del futuro?
Diverse, una di queste è l’implementazione della prevenzione basata sulla filosofia del minimo intervento, della minor invasività, sullo sviluppo di una cultura odontoiatrica su larga scala che interessi l’intera popolazione all’interno di una cornice che potremmo definire di odontoiatria sostenibile. L’altra sfida futura è data dall’insegnamento dei concetti menzionati sin qui e dalla necessità di rifornire le infrastrutture, dove si pratica la clinica, degli strumenti necessari all’esercizio dell’odontoiatria microinvasiva, con apparecchiature specifiche come ad esempio il microscopio.
Cosa rappresenta per lei l’odontoiatria sostenibile?
L’obiettivo della moderna odontoiatria che mira a evitare le estrazioni, le emergenze e il dolore per tutta la vita del paziente. Ci sono Paesi europei dove la vita media delle persone supera anche gli 80 anni. Il team odontoiatrico, in modo particolare il dentista e l’igienista dentale, insegnanal paziente come conservare in salute i propri denti, la propria bocca per tutto l’arco della vita.
Il loro compito è consigliare e aiutare il paziente a compiere gli sforzi per la prevenzione delle malattie, rimuovere le concrezioni dentali e, se necessario, correggere i difetti strutturali dei denti, come le lesioni cariose, le abrasioni o le erosioni. Tali terapie sono erogate usando procedure di alta qualità che danneggiano il meno possibile la struttura sana del dente.
Rispetto agli altri Paesi europei, qual è la posizione della Svizzera in questo ambito?
Possono parlare solo della nostra clinica, quella dell’Università di Ginevra. Così come ai nostri studenti insegniamo la prevenzione di base, la filosofia sulla minima invasività, così essi educano e trattano i pazienti. Gli studenti di odontoiatria insieme agli studenti di igiene dentale provenienti dalla scuola di igiene dentale di Ginevra, lavorano insieme come se fossero un team e questo, secondo la mia conoscenza, è un modello piuttosto raro in Europa.
Cosa accadrà nei prossimi anni?
La mia speranza è che l’odontoiatria sostenibile possa influenzare sempre più la nostra disciplina e che il modello si implementi negli ambulatori odontoiatrici. Secondo il nostro modo di vedere, questa filosofi a è molto efficace e migliora la qualità di vita dei nostri pazienti. Inoltre, il suo sviluppo su larga scala potrebbe aiutare a cambiare l’immagine che la gente ha dell’odontoiatra, portando la nostra professione ad avvicinarsi all’idea del benessere e della buona forma fisica, anziché a quella associata alla paura, al dolore e all’emergenza.
Quale suggerimento si sente di dare ai giovani odontoiatri, ma anche a quelli con qualche anno di esperienza alle spalle?
Quello di lasciare la propria mente aperta agli sviluppi di un’odontoiatria sempre meno invasiva e meno costosa per i pazienti, tuttavia senza sacrificare la qualità e la sostenibilità delle cure. L’odontoiatria estetica non è l’obiettivo, semmai il risultato di un approccio orientato al minor intervento possibile, il cui esito è il mantenimento dell’aspetto naturale dei denti per tutta la vita del paziente.
Per concludere, se non avesse intrapreso la carriera che l’ha condotta sin qui, di cos’altro le sarebbe piaciuto occuparsi?
Durante gli studi universitari, parallelamente, studiavo anche musica, in modo particolare il pianoforte. In un certo periodo della mia vita ho pensato che quella sarebbe stata la mia strada. Sì, se non fossi diventato odontoiatra, probabilmente avrei intrapreso la carriera artistica …