La gestione del carico immediato tramite l’utilizzo di abutment in poliossimetilene: risultati clinici e radiologici a due anni

Situazione clinico-radiologica pre-operatoria.

Giovanni Ghirlanda, Laura Cardoso Campos, Vittorio Giannelli, Andrea Enrico Borgonovo1
1Professore a contratto, Università degli Studi di Milano

Riassunto
Numerosi lavori scientifici e successive revisioni della letteratura hanno dimostrato l’assenza di differenze significative tra carico convenzionale e carico immediato nei casi in cui vi siano condizioni adatte all’applicazione di una riabilitazione immediata sugli impianti appena inseriti. Nonostante le numerose ricerche condotte sull’argomento, non è stata ancora definita una linea guida nella realizzazione di un carico immediato. Uno degli elementi oggi oggetto di discussione è la tipologia di moncone provvisorio da applicare nelle prime fasi successive all’inserimento dell’impianto. Tra i materiali proposti a tal fine vi è anche il poliossimetilene, meglio noto come resina acetalica, già impiegato come elemento interposto tra abutment e impianto. È stata eseguita un’analisi retrospettiva su un campione di 39 pazienti, sui quali sono stati inseriti 100 impianti seguendo un protocollo di carico immediato con adattamento di un provvisorio solidarizzato tramite l’impiego di dispositivi in poliossimetilene (Sky Temp, Bredent GmbH, Senden, Germany). I risultati sono stati analizzati nell’arco di un periodo medio di osservazione di 20 mesi. La percentuale di successo implantare è risultata essere pari al 96%, mentre quella relativa al successo protesico è stata del 100%. Tutti i fallimenti implantari sono accaduti durante il primo mese di terapia. I risultati dimostrano come l’impiego di un dispositivo in poliossimetilene nel contesto di un carico immediato produca esiti paragonabili a quelli di impianti caricati in modo convenzionale, garantendo al tempo stesso la possibilità di riabilitare immediatamente il paziente con una protesi provvisoria, aumentando in tal modo il comfort e il gradimento del paziente stesso.

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Summary
Immediate loading approach utilising polyoxymethilene provisional abutment: clinical and radiological results uo to two years
The purpose of this study was to analyze the clinical outcomes using a temporary abutment following an immediate loading implant protocol. Thirty-nine patients treated according to an immediate loading protocol, analyzed from 2007 to 2010, were evaluated. One hundred implants, 57 in the maxilla and 43 in the mandible, were inserted and immediately rehabilitated with a temporary abutment in polioxymethilene (Sky Temp, Bredent GmbH, Senden, Germany) on which a temporary resin crowns were relined. After four months, the definitive rehabilitations were inserted. The results showed an implant success rate of 96% and a prosthetic success rate of 100% after an observation period of 20 months (±8,8). The use of a polioxymethilene temporary abutment resulted in a good clinical result, compared with a conventional implant loading approach. At the same time, a better acceptance from the patients and less post op discomfort was gained.

Il carico immediato in implantologia può, attualmente, essere a pieno diritto considerato non più come un’ipotesi sperimentale ma, al contrario, una possibile alternativa a disposizione dell’odontoiatra nella realizzazione di un piano di trattamento implantoprotesico. Numerosi lavori scientifici1, convalidati anche da successive revisioni sistematiche della letteratura2, hanno stabilito che non vi è una differenza significativa in termini di risultato clinico tra un carico convenzionale e uno immediato nei casi correttamente selezionati, anche se la quantità di casi considerati rimane ancora esigua. Queste considerazioni associate ai benefici offerti al paziente, derivanti dalla possibilità di inserire una riabilitazione protesica immediatamente dopo l’applicazione degli impianti, hanno progressivamente aumentato l’adozione di un protocollo di Carico Immediato nell’ambito delle terapie implantologiche.

Tabella 1 - Distribuzione impianti collocati in base al tipo di riabilitazione eseguita.
Tabella 1 – Distribuzione impianti collocati in base al tipo di riabilitazione eseguita.

Tuttavia, fino a ora non sono state ancora elaborate delle linee guida standardizzate, in particolare per quanto concerne le metodiche di realizzazione della riabilitazione protesica. La maggior parte dei lavori pubblicati prevede l’inserzione della protesi in un arco di 24-48 h dall’intervento chirurgico e la successiva presa di impronte3. Questo protocollo, sebbene consenta una maggior precisione della ricostruzione provvisoria, comporta per il paziente una doppia seduta operativa e la necessità di attendere un periodo, seppur breve, senza indossare alcun tipo di dispositivo protesico.

Fig. 2 - Situazione clinico-radiologica pre-operatoria.
Fig. 2 – Situazione clinico-radiologica pre-operatoria.

Altri Autori e alcune case produttrici hanno, invece, previsto la fabbricazione di dispositivi provvisori, realizzati con materiale plastico, da collocare immediatamente dopo l’inserimento delle fixtures, contestualmente all’applicazione della protesi. Tra i materiali utilizzati nella fabbricazione di questi abutment vi è anche il poliossimetilene. Questo materiale, già da tempo conosciuto e utilizzato in Odontoiatria, ha trovato applicazione in ambito implantologico verso la fine degli anni Ottanta come componente di un elemento intramobile interposto tra la fixture e l’abutment in titanio, in virtù della sua buona resistenza al carico e della valida biocompatibilità. Si riteneva infatti, all’epoca, che avendo questo materiale un modulo di elasticità paragonabile a quello osseo potesse ridurre la quantità di stress trasmessi dal moncone in titanio all’impianto e, da qui, all’osso. Successive ricerche hanno invece dimostrato l’infondatezza di questa ipotesi4.

Di recente sono stati introdotti sul mercato abutment provvisori preformati in poliossimetilene (Sky Temp, Bredent, GmBh, Senden, Germany) per modellare il profilo gengivale dopo la scopertura degli impianti e consentire la costruzione di un provvisorio. Su questi dispositivi anche la connessione è realizzata utilizzando questo materiale.

L’utilizzo di questi monconi ha evidenziato la loro estrema facilità di impiego associata a un’ottima stabilità e resistenza nel breve-medio periodo. Sulla base di queste valutazioni è stato deciso di usare l’abutment in poliossimetilene come sostegno provvisorio immediato nei casi implantari trattati in accordo al protocollo di carico immediato. Scopo di questo lavoro è valutare i risultati clinici e radiografici considerati nell’arco di un periodo di osservazione medio di due anni di un campione di casi clinici con impianti inseriti e caricati immediatamente tramite applicazione di un provvisorio fisso in resina sostenuto da un abutment in poliossimetilene.

Materiali e metodi
Questo lavoro è stato basato su analisi retrospettiva compiuta su un campione di 39 pazienti (20 maschi e 19 femmine) sui quali è stato eseguito un intervento di implantologia a carico immediato. Ciascun paziente aveva preliminarmente firmato un consenso informato specifico per il protocollo eseguito.

Sono stati inseriti 100 impianti (Blue Sky, Bredent, GmBh, Senden, Germany), dei quali 57 a livello dell’arcata superiore (29 post-estrattivi immediati) e 43 a carico dell’arcata inferiore (16 post-estrattivi immediati).
La valutazione del successo implantare è stata anche espressa in base al tipo di riabilitazione protesica realizzata. Sono stati così suddivisi i casi in: Impianti Singoli (IS), Ricostruzioni Parziali (RP) e Ricostruzioni Full Arch (FA). Sono stati considerati RP tutti i casi con presenza di impianti adiacenti, sui quali è stato collocato un provvisorio unito. La distribuzione degli impianti in base al tipo di riabilitazione eseguita è rappresentata in Tabella 1.

I pazienti venivano premedicati con compresse di Amoxicillina 875 mg + Ac. Clavulanico 125 mg due volte al giorno, a partire dal giorno prima l’intervento, e mediante sciacqui con Clorexidina 0,12% per 60’ immediatamente prima della chirurgia.  Tutti gli impianti sono stati collocati in anestesia locale (Mepivacaina 2%), preparando l’alveolo implantare in modo da ottenere la migliore stabilità primaria. Il grado di stabilità è stato misurato sulle base del livello di Torque (N/cm), valutato mediante cric di inserzione dinamometrico in precedenza calibrato, necessario per affondare l’impianto nella sua sede.

Il valore soglia stabilito per procedere con il successivo carico protesico era stato fissato a 40 N/cm. In un solo caso si è deciso di procedere con un carico immediato, su espressa richiesta del paziente, nonostante non si fosse riusciti a ottenere un valore di torque adeguato.
Completata la fase chirurgica, all’interno degli impianti venivano collocati gli abutment provvisori che erano successivamente modellati e preparati direttamente mediante frese diamantate montate su turbina (Figura 5).

Fig. 5. Abutments provvisori in poliossimetilene avvitati sugli impianti e individualizzati prima della ribasatura del restauro provvisorio.
Fig. 5. Abutments provvisori in poliossimetilene avvitati sugli impianti e individualizzati prima della ribasatura del restauro provvisorio.

Nel caso di impianti singoli, gli abutment erano preparati realizzando delle culisse, in modo da minimizzare la possibile rotazione del provvisorio.
Quindi si procedeva a una prima ribasatura con resina a freddo (Splint Line, Lang Dental Manifacturing Inc. Co, Wheling, USA), che veniva di seguito completata e rifinita extraoralmente fino a ottenere una precisa adesione del provvisorio alla spalla del moncone. Al termine, il manufatto così realizzato veniva lucidato e applicato sugli impianti (Figura 7).

Gli abutment erano fissati tramite la vite passante avvitata agli impianti fino a un torque di 20 N/cm e, a seguire, il provvisorio veniva cementato previo controllo dell’occlusione. Nel caso degli IS si modellava un ampio punti di contatto in modo da migliorare l’effetto antirotazionale; non sono mai stati utilizzati mezzi di adesione agli elementi naturali adiacenti.

I pazienti erano dimessi con la prescrizione a continuare la terapia antibiotica per complessivi 5 giorni, una terapia antiinfiammatoria con Ibuprofene 600 mg al bisogno e sciacqui con Clorexidina 0.12% tre volte al giorno per 15 giorni e richiamati a successivi controlli dopo 7, 21, 90 giorni. In occasione di ciascun controllo veniva riverificata la dolorabilità degli impianti e l’occlusione; massima attenzione era dedicata al controllo dell’integrità e alla stabilità del provvisorio.
Dopo 90 giorni si procedeva alla rimozione degli abutment e alla verifica clinica di ciascun impianto per procedere, di conseguenza alla riabilitazione protesica definitiva, realizzata con corone metallo-ceramiche (Figura 8).

Controlli radiografici erano eseguiti a 1, 3, 6, 12 (Figura 9), 24 mesi mediante rx ortopanoramiche digitali.
Sul campione considerato è stata valutata la percentuale cumulativa di successo (CSR) e la perdita di osso marginale (CBL). Per quanto riguarda il CSR, esso è stato eseguito in accordo a quanto previsto da Albrektsson nel 1986, ovvero assenza di radiolucenza peri-implantare, infezione, dolorabilità e neuropatia.

Fig. 6. Controllo rx degli impianti e degli abutments provvisori.
Fig. 6. Controllo rx degli impianti e degli abutments provvisori.

La CBL è stata misurata sulle panorex, da un odontoiatra non coinvolto nella procedura clinica (LC), mediante un software di analisi radiologica (Vix WIN Pro, vers. 1.5, Gendex Dental System, Kavo Dental GmBh, Biberach, Germany) dotato di un sistema di misurazione calibrato.
La misurazione è stata eseguita considerando il versante mesiale e distale dell’impianto realizzando la media delle due misurazioni.

Risultati
Il periodo di osservazione di questo studio ha interessato un arco di tempo dai 6 ai 38 mesi di follow up con una media di 16,6±8,8 mesi. Nell’arco del periodo considerato si è registrata la perdita di 4 impianti e, di conseguenza, il valore cumulativo di successo implantare (CSR) si è attestato al 96%.
Questo dato non ha però influito sulla successiva riabilitazione protesica che ha riportato una percentuale di successo del 100%.

La non integrazione degli impianti è avvenuta su due pazienti; in particolare, su uno di essi si è verificata una complicazione immediata in un’area ove erano stati collocati tre impianti per una riabilitazione provvisoria mentre il rimanente ha interessato un pilastro implantare facente parte di una riabilitazione full arch superiore.

Entrambe le complicanze sono avvenute nel primo semestre di guarigione degli impianti appartenenti al gruppo di controllo a 12-24 mesi.
I risultati sono stati, poi, analizzati in base al periodo di follow up trascorso considerando oltre al CSR anche il valore di perdita dell’osso crestale peri-implantare.

Sono stati, pertanto, suddivisi tre gruppi differenziando un tempo di controllo compreso tra 6 e 12 mesi, un secondo tra 12 e 24 mesi e, infine, un terzo riguardante gli impianti controllati per più di 24 mesi. I risultati sono riassunti in Tabella 2.

Per quanto riguarda la perdita di osso crestale, gli impianti con ricostruzioni full arch evidenziano una perdita media rispettivamente di 0,8 (±0,47) e 0,9 (±1,2) mm nei gruppi 12-24 e >24. Il gruppo degli impianti singoli ha, invece, evidenziato un valore di riassorbimento osseo leggermente maggiore compreso tra 1,29 (±0,88) e 1,32 (± 0,7) nei due gruppi considerati.
Minore è il dato che emerge considerando le riabilitazioni parziali che si attesta a 0,21 (±0,2) e 0,5 (±0,39) sempre osservando il campione riguardante i periodi tra 12-24 mesi e oltre 24 mesi.

Il confronto tra impianti immediati post-estrattivi e impianti inseriti in siti guariti, considerando la perdita di osso crestale, ha evidenziato valori differenti in relazione alla localizzazione del sito implantare, superiore o inferiore. In particolare, nell’arcata superiore sono stati rilevati valori nell’ordine di 0,6 (±0,75) per i siti immediati post-estrattivi e 0,76 (±1,07) per i siti non post-estrattivi, mentre per l’arcata inferiore il dato evidenziato è stato di 0,2 (±0,27) mm e 0,43 (±0,39) mm rispettivamente.

Discussione
Il carico immediato nasce, aldilà delle implicazioni clinico-scientifiche, per minimizzare il disagio, sia psicologico che pratico, che il paziente deve sopportare nel momento in cui subisce la perdita di un elemento dentale naturale. In tal senso, quanto più rapido e, al tempo stesso, poco invasivo è il trattamento, tanto migliore è la risposta.

Tutto ciò premesso, i protocolli operativi che prevedono il posizionamento del provvisorio nell’arco delle 24-28 h dopo l’inserimento degli impianti se, da un lato, offrono indubitabili vantaggi sotto il profilo della precisione e del conseguimento di un buon risultato estetico comportano, d’altro canto, la necessità di una doppia seduta operativa cosicché il paziente deve accettare una condizione di disagio psicologico e di edentulia, seppur molto breve, e sopportare di dover essere trattato una seconda volta in un contesto di tessuti molli congesti ed edematosi che, spesso, richiedono l’esecuzione di un’anestesia locale per poter collocare in sede il provvisorio, determinando in qualche modo un disagio al paziente stesso.

Lungi dal voler criticare la validità di un simile protocollo, scopo di questo lavoro è quello di valutare, retrospettivamente, una diversa modalità di approccio al paziente che consenta in un’unica seduta di poter collocare l’impianto e il provvisorio, indipendentemente dal modello di riabilitazione protesica prevista, sia essa elemento singolo o full arch completo. Parallelamente, la valutazione è stata anche rivolta a determinare la validità clinica di un abutment provvisorio costruito con un materiale, il poliossimetilene, che associa l’estrema maneggevolezza a un’ottima biocompatibilità, testimoniata dall’adattamento osservato a livello dei tessuti molli, e a una buona stabilità dimensionale.
I risultati – osservati nell’arco di un periodo comunque sufficiente, circa 20 mesi, a esprimere un giudizio clinico e in accordo a quanto già pubblicato in letteratura – evidenziano su un campione di impianti numericamente valido una percentuale di successo implantare pari al 96%, assolutamente paragonabile a quanto riportato in letteratura1, ove si è operato con protocolli di carico in 24-48 h.

Tutte le complicanze si sono verificate nel primo semestre post-intervento. Riguardo, poi, ai fallimenti riportati è necessario fare un’ulteriore valutazione di merito. Le complicanze riscontrate sono state concentrate su due pazienti. In uno l’impianto perso era stato collocato a livello di un sito post-estrattivo di un molare superiore, pilastro distale di una riabilitazione full arch, dove seppur raggiungendo un valore di torque adeguato la scarsa qualità ossea può aver influito sull’integrazione della fixture.

Nel caso del secondo paziente, la perdita dei tre impianti di un settore postero-inferiore è invece certamente da ascrivere a un’eccessiva pressione al momento dell’inserimento, causata dalla forte resistenza offerta dall’osso nell’avvitamento degli impianti, che può aver determinato una necrosi ossea all’interfaccia e il conseguente fallimento.
Sappiamo che ai fini dell’osteointegrazione è fondamentale il controllo dei micromovimenti a carico dell’impianto, che devono essere compresi in un intervallo tra 50 e 150 µm5, e che, in presenza di un micromovimento controllato e costante, la qualità ossea a contatto dell’impianto è migliore rispetto a quanto avviene in completa assenza di sollecitazioni6. Quindi, ancor meglio si comprende la necessità di ottenere un livello di stabilità primaria ottimale e la massima stabilità della struttura protesica che viene montata sugli impianti. Studi condotti su modelli sperimentali a elementi finiti evidenziano un rapporto direttamente proporzionale tra stress trasmessi all’osso e dislocamento protesico (unpublished result).

Tabella 2
Tabella 2

Il quesito che a questo punto sorge è relativo a quanto gli abutment provvisori in poliossimetilene siano in grado di garantire una sufficiente stabilità della protesi provvisoria. Con i dati in nostro possesso, non è possibile dare una risposta definitiva a questo quesito, ma mutuando dall’osservazione clinica abbiamo potuto rilevare la completa assenza di fratture dei monconi così come una perfetta stabilità delle viti di fissaggio, anche al momento della rimozione del provvisorio per le procedure protesiche definitive. Una possibile spiegazione può essere legata al fatto che gli abutment si inseriscono direttamente all’interno degli impianti che presentano una connessione interna particolarmente profonda che offre, probabilmente, una buona stabilità al sistema impianto-moncone.

È noto che non è possibile affermare che il materiale utilizzato per i monconi, nonostante possegga un modulo di elasticità molto simile all’osso6, possa diminuire la quantità di stress trasmessi dall’impianto all’osso; di contro, sulla base dell’esperienza clinica possiamo però rilevare la buona capacità nel garantire una sufficiente stabilità della protesi provvisoria.
Per quanto poi riguarda la perdita di osso crestale, essa si è rivelata estremamente contenuta e comunque in linea con quanto riportato in letteratura7. È stata registrata solo una piccola differenza per quanto riguarda gli impianti su elementi singoli, ma questo è probabilmente da ascrivere al fatto che tutti i casi singoli hanno riguardato impianti immediati post-estrattivi.

Conclusioni
Questo lavoro è stato svolto su un campione di casi clinici, osservati su base retrospettiva, per valutare la validità d’impiego di un dispositivo, inizialmente ideato come formatore gengivale, come moncone provvisorio nei casi di carico immediato. I risultati dimostrano come sia possibile ipotizzare l’impiego del protocollo proposto come valida alternativa al carico immediato eseguito applicando il provvisorio sul paziente nell’arco delle successive 24-48 h, previa presa di impronte.
L’estrema maneggevolezza e facilità di impiego di questi dispositivi consentono l’esecuzione di interventi in seduta unica con tempi operativi e discomfort per il paziente significativamente diminuiti.

Corrispondenza
Giovanni Ghirlanda
Corso Italia, 92
00198 Roma
g_ghirlanda@hotmail.com 

Bibliografia

1. Jokstad A, Carr AB. What is the effect on outcomes of time- to- loading of a fixed or removable prosthesis placed on implant (s)? Int J Oral Maxillofac Implant 2007;22 (suppl):19-48.
2. Esposito M, Grusovin MG, Achille H, Coulthard P, Worthington HV. Intervention for replacing missing teeth: different time for loading dental implants. Cochrane Database of Systematic Reviews 2009, issue 1.
3. Ostman P-O. Immediate/early loading of dental implants. Clinical documentation and presentation of a treatment concept. Periodontology 2000 2008;47:90-112.
4. Morton D, Stanford CM, Aquilino SA. Evaluation of resilient abutment components on measured strain using dynamic loading conditions. J Prosthet Dent. 1998;80(1):46-51.
5. Maniatopoulos C, Piliar RM, Smith DC. Threaded versus porous surfaces design for implant stabilization in bone-endodontic implant model. Journal of Biomedical Material Research 1986;20:1309-33.
6. Vandamme K, Naert I, Geris L, Van der Sloten J, Puers R, Duyck J. The effect of the micromotion on the tissue response around immediately loaded roughened titanium implants in the rabbit. Eur J Oral Sci 2007;115:21-29.
7. Yoo RH, Chuang S-K, Erakat M, Weed M, Dodson TB. Changes in crestal bone level for immediately loaded implants. Int J Oral Maxillofac Implant 2006;21:253-261.

La gestione del carico immediato tramite l’utilizzo di abutment in poliossimetilene: risultati clinici e radiologici a due anni - Ultima modifica: 2012-01-30T11:31:24+00:00 da Redazione