Viene preso in esame un caso clinico, con riabilitazione di più elementi dentari, che gli autori hanno effettuato utilizzando restauri parziali in composito con tecnica monolitica per Onlay e tecnica stratificata per i restauri diretti, nel rispetto delle funzioni occluso-gnatiche del paziente. Gli elementi sono stati ricostruiti recuperando estetica e funzione del settore latero-posteriore di destra. I vantaggi della tecnica di restauro mista prevedono costi e tempi contenuti, con minor sacrificio di tessuto sano
Gianfranco Roselli
Odontoiatra
Specialista in Ortodonzia
Odontoiatra consulente presso Ospedale Generale Regionale
“F. Miulli”, Acquaviva delle Fonti, Bari
Lorenzo Bruno Trifone
Pregradated student of Dental Medicine of Titu Maiorescu University
Nicola Francesco Bruno
Odontotecnico presso Centro Dentale Bruno, Adelfia, Bari
Con il passare degli anni, i pazienti dello studio odontoiatrico chiedono di poter ottenere soluzioni e risultati sempre migliori. I concetti di funzione e di estetica rappresentano obblighi imprescindibili nel trattamento restaurativo. A questi due postulati viene aggiunta una terza voce: la conservazione. L’obiettivo, nell’odontoiatria moderna, è infatti quello di garantire le migliori prestazioni protesiche senza intaccare tessuti sani che, invece, possono fungere da basi per un compromesso multidisciplinare, in grado di coinvolgere più figure nell’esecuzione del trattamento proposto. La parola chiave per una buona valutazione del trattamento, infatti, è la cooperazione tra il laboratorio odontotecnico e lo studio odontoiatrico. Queste due entità, se collaboranti, possono agire in sincronia e garantire una performance protesica di alto livello. Questo tipo di “legame” è accentuato dall’utilizzo sincrono di un unico comune denominatore: il composito.
Si tratta del materiale preferito per un restauro, sia diretto sia indiretto, in virtù della propria versatilità, biocompatibilità, estetica e modulo di elasticità.
Quest’ultima caratteristica rende il composito un valido sostituto per vecchi restauri in amalgama, che con il passare degli anni si usurano, provocando gravi danni di carattere chimico e strutturale.
Per contrastare gli effetti nocivi nel corso del tempo, la politica adottata per i restauri da diversi anni è di tipo metal free. In campo odontoiatrico, ciò apre un mondo di possibilità, che rendono necessaria la ricerca di un metodo meno invasivo e con caratteristiche estetiche e funzionali: l’intarsio, una soluzione protesica che velocizza, con il minor dispendio di tessuto sano, le procedure in fase chairside, consentendo al paziente di ammortizzare i costi e rendere il trattamento di una carie profonda il meno invasivo possibile. Il ricorso alla tecnica indiretta è doveroso, poiché l’intarsio/Onlay richiede una notevole precisione in fase preparatoria e durante le parti di stratificazione.
Una tecnica che, invece, sostituisce la stratificazione diretta in laboratorio è il Monolithic Method a cui seguono determinati vantaggi:
- permette di avere una previsualizzazione della modellazione grazie ad una stratificazione in cera sulla quale si possono apportare delle modifiche strutturali;
- consente al tecnico una valutazione, grazie a un modello master, delle funzioni masticatorie e dei vari parametri intermascellari;
- grazie alla pressatura del composito si evitano le bolle d’aria che possono invece verificarsi durante le fasi di stratificazione, migliorandone la resilienza.
Descrizione del caso
Materiali e metodi
Alla nostra attenzione viene sottoposto un paziente di 47 anni con restauri multipli e processi cariosi in corso nel primo settore. Dall’anamnesi si evince un’ipersensibilità al freddo nel settore posteriore da parte del paziente, che accusa inoltre gli inestetismi delle ricostruzioni in amalgama. L’esame obiettivo riscontra diversi ingrigimenti sia sulla dentina pigmentata dall’amalgama e sia nella parte distale dell’elemento 1.4, anch’essa demineralizzata dal processo carioso in corso, con interessamento speculare nella parte mesiale del 1.5. Gli elementi coinvolti sono:
- 1.8 e 1.7, carie secondarie da restauro in amalgama con infiltrazione occlusale senza interessamento pulpare;
- 1.4, carie prossimale distale;
- 1.5, carie prossimale mesiale1 (Figura 1).
Le richieste di ripristino delle funzioni occluso-gnatiche, l’eliminazione della sensazioni di fastidio legate all’ipersensibilità e il rinnovo dell’estetica sono i principali target del trattamento richiesto dal paziente.
A un primo esame radiografico, confermata la diagnosi, segue un piano di trattamento2 (Figure 2a-b).
Si procede con le fasi operative in monoseduta per gli elementi 1.8, 1.4 e 15, con l’aggiunta di un build-up per un restauro di tipo indiretto per l’elemento 1.7.
All’anestestesia (di tipo plessico con articaina 1:100000) segue l’isolamento del campo operatorio tramite le seguenti fasi:
- prova del gancetto n. 27N sull’elemento 1.8;
- posizionamento del foglietto in lattice con tecnica a paracadute;
- passaggio del filo interdentale tra gli elementi: 1.8, 1.7, 1.4 e 1.5;
- inserimento di un gancetto ritentivo a carico dell’elemento 1.4;
- dopo l’inserimento del sistema diga, vengono inseriti negli spazi interdentali cunei in legno
di balsa per agevolare le manovre di preparazione cavitaria e l’apposizione del sistema adesivo3.
Le fasi di preparazione eseguite sono di tipo mini-invasivo.
Preparazione degli elementi
1.8 e 1.7: essendo già stati trattati in passato mediante restauro in amalgama, gli elementi vengono preparati seguendo la geometria di classe I di Black. Gli strumenti utilizzati:
- fresa a pallina diamantata a gambo lungo a grana media che consente l’ eliminazione dei vecchi restauri in amalgama senza precludere l’accesso della fresa nei settori posteriori;
- fresa a pallina in carburo di tungsteno n.3 per la pulizia della dentina compromessa dal processo carioso secondario in corso;
- fresa cilindrica/troncoconica diamantata a grana fine per per rifinire le pareti assiali;
- fresa in pietra di Arkansas per l’eliminazione dei diversi sottosquadri creati durante le fasi precedenti.
1.4: l’obiettivo è una pulizia minivasiva.
Si procede con:
- fresa a pallina diamantata a grana media per la rimozione del tessuto demineralizzato;
- fresa cilindrica diamantata a grana fine per la creazione dello slot interprossimale e del gradino cervicale;
- fresa a pallina in ceramica (ZrO2) per la pulizia mininvasiva della superficie dentinale;
- fresa in pietra di Arkansas per l’eliminazione dei sottosquadri cavitari.
1.5: rimozione mininvasiva con fresa a pallina diamantata di piccolo diametro del processo carioso “a specchio” a ridosso della parete mesiale.
A seguito delle fasi preparatorie, si continua con la preparazione dello strato ibrido di adesione che comprende due fasi4 (Figure 3a-e):
- mordenzatura effettuata con selective etching dello smalto per 30 sec con acido ortofosforico al 37,5% in modo tale da eliminare dal reticolo cristallino gli strati superficiali di smear layer creatosi durante le fasi di preparazione cavitaria;
- fasi adesive: dopo un attento lavaggio del campo operatorio si continua con il brushing dell’adesivo self etch che, a seguito di una dispersione mediante aria compressa, viene polimerizzato per circa 30 sec. L’ adesivo scelto è di tipo universale a base acetonica tale che possa essere in grado di penetrare anche negli strati più profondi dei tubuli dentinali5 (Figure 4a-c, 5a-e).
Creatosi lo strato ibrido, si procede con le ricostruzioni.
Fasi di trattamento
1.5: la chiusura della cavità mesiale avviene con un composito ad alta fluidità, in grado sia di sigillare al meglio le estremità sia di limitare gli effetti del C-factor6 (Grandioso Light Flow, Voco, Cuxhaven, Germany).
1.4: in primo luogo, mediante il supporto di un sistema anello-matrice, viene ricostruita la parete distale con tecnica centripeta. In seguito, si continua con il build-up occlusale con stratificando un composito nanoibrido. I dettagli del solco vedono definiti con un supercolore Brown7.
1.8: per la ricostruzione di questo elemento viene preferita la tecnica bulk-fill. Dopo la polimerizzazione del restauro, viene aggiunta sulla parte occlusale una pigmentazione brown in modo tale da emulare e mettere in risalto il solco occlusale (Figure 6a-c e Figura 7).
1.7: il tipo di restauro scelto per questo elemento è indiretto a causa dello spessore delle pareti circumferenziali inferiore ai 2 mm. La scelta meno invasiva consiste nel salvaguardare la struttura residua mediante intarsio in composito. Si procede dunque con le seguenti fasi.
1. Fase di build up e preparazione: come primo step, mediante una fresa troncoconica diamantata a grana fine, viene creata sulla parete mesiale un primo box interprossimale che possa fungere, durante la cementazione, da guida per l’inserimento del restauro8. Sempre con l’ausilio di una fresa troncoconica (che agisce passivamente sul piano perpendicolare al box), viene creata una giunzione formata tra la superficie prossimale e le parete assiale verticale. Questo tipo di preparazione consente di ottenere un corretto invito per l’interlocking del futuro restauro, facilitando la fase di impronta e consentendo una buona individuazione dei margini da parte del tecnico. Un ulteriore aiuto per la buona riuscita delle chiusure sul cerchiaggio è rendere le pareti perpendicolari tra loro formando un angolo di 90 gradi circa, rilasciando uno spessore di circa 2 mm tra preparazione e futuro restauro9. Per garantire la resistenza strutturale del futuro complesso dente restauro, viene effettuata una riduzione occlusale sulla superficie della cuspide mesio-palatale. Ciò permette alla preparazione di mantenere come fattore centrale una buona porzione di dentina inter-assiale, accompagnata da fattori periferici (i residui cuspali vestibolari). Infine, a livello della cuspide ridotta, mediante una fresa Torpedo diamantata a grana fine, viene eseguito un Hollow chamfer a 90 gradi. Questo tipo di finitura segue l’asse lungo dei prismi dello smalto creando una corretta linea di adesione al restauro (Figura 8).
2. Impronta: dopo aver preparato la cavità per accogliere l’intarsio e non avendo, a differenza di una corona, coinvolto i tessuti molli si può passare alla fase di presa dell’impronta (Figura 9). Il metodo scelto è di tipo bifasico mediante l’utilizzo di polivinilsilossano putty e light.
In primo luogo, con l’aiuto di due misurini, mescoliamo il silicone al suo catalizzatore e lo inseriamo in un cucchiaio. L’indurimento avviene dopo circa 5 minuti. A seguito di questa impronta preliminare, viene aggiunto al tray, contenente la prima,un silicone ad alta fluidità in modo tale che possa rilevare i dettagli più critici : area di contatto,antagonisti e superficie coronale10.
3. Arco facciale: a seguito della fase di presa dell’impronta, si procede con trasferimento e registrazioni delle funzioni masticatorie del paziente (Figure 10a-b). Per eseguire queste valutazione ci si avvale di un arco facciale che, dotato di uno snodo, rende possibile l’individuazione all’interno dello spazio delle funzioni para-masticatorie. Questo strumento sfrutta i vari assi somato-ganatici usando, come guida principale, il piano di Francoforte mediante una linea immaginaria auricolo-orbitale. Inoltre, bisogna prestare particolare attenzione affinché la linea sul piano interpupillare indichi il parallelismo esteticamente corretto dell’arco rispetto al piano di riferimento orbitale anteriore e al meato acustico esterno, facendo in modo che essi combacino perfettamente11.
Altre valutazioni gnatologiche possono essere prese in considerazione mediante la valutazione di:
- curva di Spee;
- angolo di Bennet;
- curva di Wilson.
4. Fase di laboratorio: trasferita in laboratorio l’impronta, il tecnico provvederà al pouring, con un gesso tipo 4 del modello master. Dopo l’inserimento in articolatore S.A.M. a valori medi, si procede al montaggio del mascellare superiore seguendo le istruzioni forniteci dallo stesso paziente durante la fase di registrazione con arco facciale:
- inclinazione creste condirlari a 40 gradi;
- angolo di Bennett compreso fra 0° e 7°;
- inclinazione tavolo incisale compreso tra i 40° e 48°.
In seguito, il tecnico fornirà il wax-up definitivo del restauro, che verrà eseguito con tecnica monolitica di pressatura del composito in muffola12 (Figura 11).
Questo metodo permette sia al tecnico sia al clinico di avere una corretta pre-visualizzazione degli spazi in occlusione sulla preparazione e sul restauro definitivo.
Conclusa la prima polimerizzazione, il tecnico provvede a un primo controllo di articolazione, in modo da velocizzare le fasi di check alla poltrona. Infine, viene eseguita una polimerizzazione finale sotto glicerina in apposito fornetto13.
5. Cementazione: durante una seconda seduta, avviene la fase di cementazione (Figure 12a-e). Il campo operatorio viene nuovamente isolato con diga in gomma e con l’inserimento di uncino 27N, con tecnica a paracadute. Dopo una sabbiatura con ossido di alluminio 50 micron della superficie dell’elemento interessato, si procede con la fase di mordenzatura (selettive etch) e bonding (self etch), come nelle fasi adesive precedenti.
La fase di bonding viene eseguita anche sulla superficie interna del restauro in modo da incrementarne il potenziale adesivo (Figure 13a-d).
La cementazione vera e propria viene eseguita tramite l’ utilizzo di un cemento a polimerizzazione duale che viene posizionato su entrambe le superfici attive14.
Inserito attentamente il restauro, con l’aiuto di un otturatore a pallina, si esercita un movimento compressorio intermittente sulla zona del solco principale dell’intarsio in modo da favorire la fuoriuscita del cemento in eccesso (Figura 14).
Dopo una polimerizzazione di 5 secondi, tutti gli eccessi coronali vengono rimossi con una spatolina, mentre quelli interprossimali vengono eliminati con l’ausilio di un super floss.
Infine, viene effettuata un’ultima polimerizzazione con glicerina per consentire l’eliminazione dei radicali liberi dal restauro15 (Figura 15).
6. Finishing e polishing: rimossa la diga, le superfici ruvide dell’intarsio, vengono rese lisce con l’ausilio di dischetti abrasivi a grana fine, gommini e feltrini16. Dopo un check di articolazione e una lucidatura con pasta all’ossido di zirconio e radiografia di controllo, il paziente può essere dimesso17 (Figure 16a-b).
Discussione e conclusione
Dall’utilizzo conservativo delle superfici e dei tessuti coinvolti il paziente riesce a ottenere un risultato estetico di notevole portata. Un ulteriore aspetto fondamentale e vantaggioso è quello economico, poichè al ridursi delle procedure protesiche i costi vengono notevolmente ridimensionati.
Le caratteristiche fondamentali quindi consistono in:
- elevata estetica
- resistenza e durabilità nel tempo dei materiali
- funzioni masticatorie ripristinate.
Riassunto
È stato preso in esame un caso clinico con la necessità di riabilitare più elementi dentari utilizzando restauri parziali in composito con tecnica monolitica per Onlay e tecnica stratificata per i restauri diretti. Il caso presenta elementi con restauri incongrui in amalgama e recidive cariose (1.4, 1.5, 1.7 e 1.8). Le ricostruzioni sono state sostituite da un onlay in composito (1.7) e restauri diretti (1.4,1.5,1.8) stratificati nel rispetto delle funzioni occluso-gnatiche del paziente. Gli elementi sono stati ricostruiti, recuperando estetica e funzione del settore latero- posteriore di destra. Con questo tipo di restauro, il paziente può ritenersi soddisfatto del risultato ottenuto poiché, dopo la fase di rimozione dell’amalgama, sono stati raggiunti gli scopi estetici e funzionali promessi. I vantaggi della tecnica di restauro mista sono i seguenti: costi e tempi sono contenuti, in quanto il clinico è in grado di monitorare ed eseguire la ricostruzione passo dopo passo, con meno sacrificio di tessuto sano.
Conservative cavitary diagnosis: a dynamic model of therapy
A clinical case is examined with the need to rehabilitate several dental elements using partial composite restorations with both monolithic technique for Onlay and direct restorations by layering technique. The case presents elements with incongruous restorations in amalgam and carious processes (1.4, 1.5, 1.7 and 1.8). The reconstructions were replaced by a composite onlay (1.7) and direct restorations (1.4,1.5,1.8) layered in compliance with the patient’s occlusion-gnatic functions. The elements have been reconstructed, recovering the aesthetics and function of the right lateral posterior sector. With this type of restoration the patient can be satisfied with the result obtained, after the amalgam removal phase, the promised aesthetic and functional purposes have been achieved. The advantages of the mixed restorative technique are the following: costs and times are contained, as the clinician is able to monitor and perform the reconstructions step by step, with less sacrifice of healthy tissue.
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