L’avulsione dei terzi molari inferiori è una delle procedure di chirurgia orale maggiormente eseguite e che spesso può risultare difficoltosa, soprattutto se non è stata condotta un’attenta valutazione pre-operatoria. L’analisi preliminare di ogni caso clinico è una fase di fondamentale importanza per prevenire l’insorgenza di complicanze anche gravi ed è imprescindibile dall’atto chirurgico. Scopo di questo articolo è quello di presentare le fasi per l’approccio chirurgico ai terzi molari inferiori, dalla pianificazione chirurgica fino alla gestione delle più comuni complicanze.
Third molar surgery: from treatment planning to management of complications
Extraction of mandibular third molars is the most common surgical procedure performed in oral surgery and complications may occur especially if a thorough pre-operative evaluation is not performed. This preliminary analysis of each clinical case is a phase of crucial importance to prevent the onset of complications. The purpose of this article is to describe A rational approach to the surgical removal of an impacted or semi-impacted mandibular third molar, from surgical planning through to the management of the most common complications.
L’estrazione degli ottavi inferiori rappresenta l’intervento di chirurgia orale più frequentemente eseguito in ambito odontoiatrico. In genere, l’avulsione degli ottavi è conseguenza di problematiche correlate all’inclusione di tali elementi. Si stima, infatti, che il dente del giudizio inferiore sia l’elemento dentario più frequentemente incluso (prevalenza di inclusione del 20-30% circa), seguito dal terzo molare superiore e dal canino superiore.
Definizioni e terminologia
L’eruzione degli elementi dentari rappresenta una serie complessa di fenomeni che determinano lo sviluppo del germe e il posizionamento in arcata dell’elemento dentario secondo tempi e percorsi geneticamente prestabiliti. L’eruzione dei denti permanenti si completa, in genere, intorno ai 18-25 anni quando i terzi molari erompono in arcata. Sulla base delle capacità eruttive degli elementi dentari si distinguono da un punto di vista generale:
- elemento dentario ritenuto. L’elemento dentario presenta una residua capacità di eruzione seppur non risulti ancora erotto nel cavo orale secondo i tempi prestabiliti;
- elemento dentario incluso. Il dente non è visibile in arcata oltre i 25 anni, oppure quando l’elemento non ha possibilità di eruzione entro tale periodo.
Dal punto di vista clinico, si definisce semi-incluso (o parzialmente incluso) un dente che pur non essendo completamente erotto in una posizione normale è tuttavia visibile in bocca o comunque è in comunicazione con la cavità orale. Si definisce, invece, totalmente incluso un dente non visibile nel cavo orale in quanto completamente ricoperto da tessuto molle e parzialmente o totalmente da osso.
Eziopatogenesi dell’inclusione
Il percorso eruttivo degli ottavi può essere variabile ed è influenzato da svariati fattori. Dagli studi sull’eziologia della loro inclusione sono emersi sostanzialmente quattro fattori fondamentali, che sembrano essere strettamente collegati, che sono:
- mancanza di spazio;
- inclinazione del terzo molare;
- posizione ectopica;
- blocco del processo eruttivo.
Indicazioni all’estrazione
Come principio generale, nessun dente dovrebbe essere estratto se non con una giusta motivazione. Pertanto quali sono le indicazioni per l’estrazione dei terzi molari inferiori?
Indicazioni terapeutiche
Tutti gli studi presenti in letteratura concordano sul fatto che i terzi molari debbano essere estratti quando si associano a una o più delle seguenti situazioni.
- Pericoronite. Rappresenta l’indicazione più comune all’estrazione. È l’infiammazione della gengiva che circonda la corona di un dente. Con una prevalenza del 10% circa, è la patologia più frequente a carico dei terzi molari inferiori. Si riscontra con maggior frequenza negli adolescenti e nei giovani adulti, in associazione a ottavi seminclusi, distoangolati o verticali.
- Carie del secondo molare. In un basso numero di casi (1-4,5%) si può osservare carie del secondo molare associata alla presenza del terzo molare. Il rischio di carie è però aumentato se il terzo molare incluso risulta mesioangolato oppure orizzontale, con il punto di contatto in prossimità della giunzione amelo-cementizia del secondo molare.
- Parodontopatia. Nel 25% dei casi di inclusione del terzo molare si viene a creare distalmente al secondo molare una tasca con profondità al sondaggio superiore ai 5 mm che nel tempo è destinata ad approfondirsi. La presenza di parodontopatia associata al secondo molare e causata dal dente del giudizio incluso rappresenta, quindi, una valida indicazione all’avulsione.
- Riassorbimento radicolare a carico del secondo molare. In presenza di un terzo molare incluso o semincluso possono verificarsi riassorbimenti radicolari a carico del secondo molare, più frequentemente nei pazienti giovani (prevalenza <5%).
Indicazioni profilattiche
Le indicazioni per le avulsioni profilattiche, ossia per l’estrazione di terzi molari asintomatici, sono, a oggi, molto dibattute. Innanzitutto è bene specificare che il termine asintomatico non sempre corrisponde a una situazione di assenza di patologia; infatti, molte volte la presenza di sintomi è successiva all’instaurarsi della malattia oppure ci sono patologie che hanno un decorso asintomatico. A tutt’oggi non esistono studi randomizzati e controllati a lungo termine che abbiano comparato i vantaggi dell’estrazione profilattica rispetto alla non estrazione dei terzi molari privi di patologia. Le evidenze scientifiche degli studi che considerano il breve-medio periodo suggeriscono che l’estrazione profilattica non è consigliabile. Questi lavori, definiti decision analyses, sono però basati principalmente sulla ricerca di evidenze tratte da studi primari che hanno una qualità del disegno scarsa. Detto questo, comunque, le raccomandazioni fornite da queste decision analyses possono essere rilevanti e importanti in quanto non esistono studi controllati che comparino i risultati a lungo termine della ritenzione con i risultati della rimozione profilattica dei terzi molari inclusi. La maggior debolezza di questi studi sta nel fatto che non viene considerato l’impatto del tempo sui risultati: quelli legati all’estrazione si vedono subito e sono eventi che si manifestano nel breve periodo (eccetto che per la lesione neurologica), mentre quelli associati alla ritenzione possono rendersi evidenti molti anni dopo e possono essere misurati solo con un follow-up a lungo termine.
Sebbene quindi non ci siano evidenze nette che approvino o rifiutino le estrazioni profilattiche, quello che è certo è che i denti del giudizio possono manifestare patologie spesso con una prevalenza maggiore rispetto agli altri elementi dentari. La valutazione dei rischi e dei benefici attesi e l’opinione del paziente indirizzerà quindi il clinico a valutare il migliore approccio terapeutico ai terzi molari inclusi asintomatici e non associati a patologia.
Nel caso in cui il paziente decida per il mantenimento, è fondamentale che il clinico spieghi la possibilità di cambiamenti nella posizione del dente e che sono necessarie visite di controllo regolari per monitorare clinicamente e radiograficamente l’ottavo.
Se invece si opta per eseguire l’avulsione, è bene specificare che, come qualsiasi intervento chirurgico, l’estrazione degli ottavi è un intervento che altera l’integrità dei tessuti e, come tutti gli interventi, non è privo di rischi o complicanze. Tuttavia, se eseguito da chirurghi di provata esperienza, è un intervento con minima morbidità, bassa incidenza di complicanze e ridotto impatto sulla qualità della vita del paziente.
Oggi si sta ancora lavorando per individuare delle linee guida definite e chiare che possano dare precise indicazioni sulle estrazioni profilattiche dei terzi molari inclusi.
Indicazioni strategiche
Le indicazioni strategiche sono rappresentate da quelle situazioni in cui l’avulsione dei terzi molari risulta necessaria al fine di facilitare altri trattamenti (conservativa, protesi, parodontologia, ortodonzia).
Valutazione pre-operatoria
Prima di procedere con l’atto chirurgico vero e proprio, è di fondamentale importanza eseguire un’accurata valutazione pre-operatoria che consenta di pianificare in modo più preciso l’intervento chirurgico, in quanto l’esatta conoscenza delle difficoltà di un’estrazione permette di programmare un tempo adeguato all’intervento, di valutare possibili difficoltà intra-operatorie e di informare correttamente il paziente prima di eseguire l’intervento stesso. La valutazione pre-operatoria si basa sull’esame clinico del paziente (anamnesi medica e odontoiatrica, esame obiettivo intra ed extra-orale) e su un’attenta valutazione radiologica per prevedere quanto indaginosa sarà l’estrazione.
Valutazione clinica
La valutazione clinica comprende la raccolta delle informazioni non soltanto relative alla situazione dentaria del paziente, ma anche relative al suo stato di salute generale al fine di prevenire complicanze, anche gravi, durante l’intervento chirurgico.
La valutazione clinica in sede pre-chirurgica comprende i seguenti punti.
Anamnesi patologica prossima
Nell’ambito del primo colloquio con il paziente, il chirurgo orale deve chiedere il motivo della visita, le caratteristiche e i tempi di comparsa di eventuali sintomi (se presenti) e sapere cosa il paziente si aspetta dall’intervento (chiarire, ad esempio, che con l’estrazione dei terzi molari inferiori non ci si può aspettare l’allineamento spontaneo degli incisivi inferiori).
Anamnesi patologica remota
Il paziente deve essere dettagliatamente interrogato circa il suo stato di salute per valutare, in particolare, la presenza di patologie o terapie che possano esporlo a notevoli rischi durante l’intervento o nel post-operatorio (Tabella 1).
Anamnesi odontoiatrica
È fondamentale interrogare il paziente su precedenti esperienze odontoiatriche in quanto da questa analisi possono derivare preziose informazioni (Tabella 2).
Esame obiettivo locale
L’esame obiettivo ha inizio a livello extra-orale con l’ispezione del volto del paziente per valutare eventuali modificazioni del profilo facciale e, in seguito, si esegue la palpazione extra-orale delle regioni facciali per valutare eventuali segni di lesione e per apprezzare le stazioni linfonodali cervico-facciali.
L’esame obiettivo prosegue poi a livello intra-orale, chiedendo al paziente di aprire la bocca. A questo punto, è possibile valutare l’apertura massima del paziente e stimare quindi l’accessibilità al sito di intervento. A questo punto, si effettua l’ispezione intra-orale che non deve concentrarsi esclusivamente solo sull’area dei terzi molari ma deve essere estesa, prima di tutto, all’intero cavo orale al fine di escludere la presenza di lesioni patologiche in altre sedi. Una volta valutato globalmente il cavo orale, l’esame clinico può focalizzarsi sul terzo molare di cui si esamina principalmente lo stato di eruzione, la presenza di infezione locale acuta o cronica e la presenza di eventuali lesioni cariose. In seguito, si procede con l’esame del dente adiacente (presenza di carie, malattia parodontale e ricostruzioni o corone protesiche) e dell’antagonista.
Valutazione radiografica
L’indagine radiografica permette di valutare la difficoltà dell’avulsione dei terzi molari inclusi ed è indispensabile per pianificare correttamente l’intervento chirurgico. L’esame radiografico standard per valutare lo stato di eruzione e per escludere la presenza di patologie a carico dei terzi molari è l’ortopantomografia (OPT) (Figura 1).
I fattori che si devono prendere in esame sono:
- posizione anatomica del dente. Sull’OPT è possibile apprezzare la posizione del terzo molare e la sua profondità di inclusione. In genere, quanto più un elemento è incluso profondamente tanto è maggiore la difficoltà di reperimento del dente;
- numero, morfologia e stadio di sviluppo delle radici. I terzi molari sono caratterizzati da una morfologia radicolare molto varia che può influenzare notevolmente l’approccio chirurgico;
- ampiezza del legamento parodontale. L’ampiezza del legamento parodontale diminuisce con l’aumentare dell’età. Nei pazienti adulti, è di frequente riscontro la parziale o totale anchilosi dei terzi molari inclusi che complica la chirurgia;
- densità dell’osso alveolare. Nei soggetti giovani, il tessuto osseo presenta una minore densità e una maggiore elasticità. L’estrazione risulta più semplice per il fatto che durante i movimenti di lussazione, l’osso subisce delle lievi deformazioni che agevolano l’avulsione dell’elemento incluso;
- ampiezza del sacco follicolare. L’immagine radiografica fornita dall’OPT può mostrare una radiotrasparenza pericoronale di tipo semilunare, non necessariamente sintomatica, a carico del terzo molare incluso. Nella maggior parte dei casi, tale reperto è l’espressione radiografica di un semplice ispessimento del follicolo, il più delle volte causato da ripetuti episodi di pericoronite. Tale allargamento dello spazio pericoronale rende l’estrazione meno complicata perché consente al chirurgo di lussare il dente praticando un’ostectomia di minore entità;
- rapporti con il nervo alveolare inferiore (NAI). La presenza di stretti rapporti tra l’incluso e il canale del nervo alveolare inferiore deve essere attentamente esaminata. Nella maggioranza dei casi, il fascio vascolo-nervoso si trova in posizione vestibolare (61%) o linguale (33%) rispetto alle radici del dente incluso. Solo raramente (3%) il nervo ha un decorso inter-radicolare. L’immagine radiografica è quella di una semplice sovrapposizione della corticale superiore e inferiore del canale mandibolare sulla radice. Tale immagine non viene considerata un segno di contiguità e non richiede approfondimenti diagnostici. Pertanto, quando il canale appare più a fuoco e ben delimitato da una netta banda radiotrasparente, di solito significa che decorre vestibolarmente rispetto alla radice. Sono, invece, stati descritti come segni radiografici di contiguità tra il dente incluso e il NAI, quando sull’OPT si evidenziano o la presenza di una banda radiotrasparente o l’interruzione della lamina dura e la deviazione del canale mandibolare. Quando si rintraccia uno o più di questi segni sull’ortopantomografia vi è indicazione assoluta a richiedere una TC, dentalscan o volumetrica (Figure 2, 3).
In aggiunta, per valutare in modo standardizzato la difficoltà dell’estrazione di un ottavo inferiore incluso in base alla sua posizione radiografica, sono state proposte 3 classificazioni che prendono in considerazione la profondità di inclusione, i rapporti con la branca montante della mandibola e l’angolazione dell’elemento dentario rispetto a certi punti di riferimento.
1. Classificazione della profondità di inclusione (Pell&Gregory, 1933).
Classe A: piano occlusale (PO) di settimo e ottavo sono all’incirca allo stesso livello.
Classe B: PO dell’ottavo è compreso tra PO del settimo e giunzione amelo-cementizia (CEJ) del settimo.
Classe C: PO dell’ottavo si trova al di sotto della CEJ del settimo.
2. Classificazione rispetto al margine anteriore della branca montante della mandibola (Pell&Gregory, 1933).
Classe I: l’intera corona dell’ottavo si trova anteriormente al ramo mandibolare.
Classe II: la metà circa della corona dell’ottavo è sovrapposta alla branca montante.
Classe III: la corona è completamente sovrapposta alla branca montante.
3. Classificazione in base all’angolazione (Winter).
Verticale α=80°-100°.
Mesioinclinato α=10°-80°.
Distoangolato α>100°.
Orizzontale α=350°-10°.
Nella pratica clinica, ogni dente incluso può appartenere a una combinazioni delle 3 classificazioni e, in particolare, le classi A, B, C e le classi I, II, III possono essere associate tra di loro e con le diverse inclinazioni in senso sagittale e in senso vestibolo-linguale dell’ottavo stesso. Sulla base delle combinazioni ottenute, si determinano differenti gradi di difficoltà per l’estrazione dell’ottavo inferiore.
I denti del giudizio più facili da estrarre sono quelli classificati come mesioinclinati di Classe A-I, in quanto sono i più accessibili e richiedono la minore asportazione di tessuto osseo.
I denti inclusi classificati come distoangolati, Classe C-III sono i più difficili da estrarre chirurgicamente perché sono i meno accessibili e richiedono la rimozione di notevoli quantità di tessuto osseo.
Tomografia computerizzata e ricostruzioni 3D
La tomografia computerizzata con ricostruzione multiplanare (TC dental-scan) e la più recente TC cone-beam sono, come già indicato in precedenza, indagini di secondo livello, da riservare a casi selezionati. Tali indagini consentono, soprattutto con le scansioni parassiali, la localizzazione tridimensionale e in scala 1:1 del canale mandibolare e la visualizzazione del suo reale rapporto con le radici del dente (Figure 4-6).
Inoltre, grazie all’impiego di specifici software di ricostruzione tridimensionale, è possibile avere una visualizzazione diretta dell’elemento nello spazio (Figure 7-10) e, in aggiunta, di simulare le principali fasi della chirurgia (Figure 11-14).
Fase pre-chirurgica
Prima di procede, l’odontoiatra è tenuto a spiegare al paziente il tipo di intervento; l’informazione deve essere dettagliata ed esposta in modo comprensibile. Al paziente viene quindi consegnato un consenso informato che autorizzi all’esecuzione dell’intervento stesso. Una volta acquisito il consenso informato, il clinico deve istruire il paziente circa il protocollo farmacologico da assumere. Di seguito si riportano i farmaci principali che devono essere prescritti.
Clorexidina
La clorexidina è un disinfettante chimico ad azione antisettica, ampiamente impiegato in ambito odontoiatrico. Il paziente deve essere istruito a eseguire gli sciacqui con clorexidina 0,12% o 0,20% per almeno 1 minuto 2 volte/die a partire da 3 giorni prima dell’intervento e proseguirli fino a 3 settimane dopo l’estrazione del terzo molare. Il giorno dell’intervento, il paziente effettua uno sciacquo con clorexidina prima che il chirurgo esegua l’anestesia. Allo scopo di non interferire con la stabilizzazione del coagulo, il paziente deve astenersi dal fare sciacqui per le 12 ore successive all’intervento, per poi riprendere secondo le indicazioni fornite.
Antibiotici
La profilassi pre-operatoria riduce l’incidenza delle infezioni e del discomfort post-operatorio anche nel paziente sano. Nei soggetti a rischio, si ritiene invece indicato prolungare il periodo di somministrazione dell’antibiotico anche per i successivi 4-5 giorni, allo scopo di ridurre i rischi di infezione post-operatoria della ferita chirurgica. La profilassi standard prevede la somministrazione di 2 grammi di amoxicillina un’ora prima dell’intervento. Tuttavia è doveroso valutare età, condizione di salute ed eventuali allergie di ogni singolo paziente al fine di individuare la giusta molecola e la corretta posologia.
Sedativi-ipnotici
Nei pazienti ansiosi e/o quando si prevede che l’intervento sarà particolarmente indaginoso, può essere indicato effettuare una premedicazione con benzodiazepine. In generale, si effettua una premedicazione con diazepam nel quantitativo di 25 gocce (=1 ml =5 mg). Nei soggetti anziani è necessario dimezzare il dosaggio delle benzodiazepine e per tutti i pazienti si richiede un accompagnamento a fine intervento in quanto è controindicata la guida di autoveicoli da parte di chi ha assunto benzodiazepine.
Analgesici
L’effetto che più comunemente si riscontra a seguito dell’avulsione dei terzi molari è il dolore post-operatorio che viene comunemente controllato con farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) al fine di migliorare il decorso. Al termine dell’intervento è bene somministrare al paziente l’associazione paracetamolo 500 mg e codeina 30 mg. Tale farmaco, di provata efficacia analgesica, non presenta gli effetti collaterali dei FANS. A domicilio il paziente potrà, invece, assumere analgesici al bisogno, scegliendoli tra quelli che meno di tutti interferiscono sulla coagulazione (come, per esempio, ibuprofene 400-600 mg).
Corticosteroidi
È ormai dimostrato che la somministrazione di corticosteroidi riduce la severità dell’edema dopo la chirurgia dei terzi molari e che una singola assunzione è pressoché priva di effetti collaterali. Si consiglia, per l’estrazione chirurgica dei terzi molari inclusi, l’infiltrazione di una fiala di desametasone sodio fosfato 4 mg nel muscolo buccinatore, immediatamente dopo che il paziente riferisce che i segni soggettivi dell’anestetico locale hanno avuto inizio.
Anti-edemigeni
Al fine di migliorare la performance degli anti-dolorifici e ridurre edema e trisma nel post-operatorio, è possibile effettuare l’associazione con la bromelina. Tale sostanza è un enzima proteolitico naturale, estratto dal gambo dell’ananas, con proprietà proteolitiche, anti-infiammatorie, analgesiche, anti-edematose e fibrinolitiche.
Fase chirurgica
Nella maggior parte dei casi, l’approccio chirurgico all’avulsione dei terzi molari inferiori prevede l’allestimento di un lembo mucoperiosteo per accedere alla compagine ossea in modo da eseguire l’ostectomia. In seguito, si esegue l’odontotomia e si procede alla lussazione e all’estrazione dell’elemento dentario.
Allestimento del lembo
La progettazione del lembo deve essere effettuata pre-operatoriamente a seconda della profondità di inclusione e della posizione del terzo molare. In generale, quando si disegna il lembo si devono rispettare i seguenti principi:
- accesso chirurgico adeguato (visivo e strumentale);
- adeguata distanza dalle strutture anatomiche circostanti. Il nervo linguale decorre circa 2,5 mm medialmente e inferiormente alla cresta alveolare, anche se in alcuni casi è situato al di sopra della cresta linguale o direttamente nei tessuti molli del trigono retro-molare. Per evitare lesioni neurologiche, l’incisione distale deve essere diretta di 45° in direzione buccale rispetto alla linea che collega le fosse centrali dei molari. L’arteria facciale incrocia invece il bordo inferiore della mandibola all’altezza dei molari e prosegue verso l’alto nello spessore della guancia. Un’incisione verticale di scarico nella zona del settimo può lesionarla se viene superato il fondo del fornice vestibolare;
- corretto riposizionamento del lembo e agevole sutura.
I lembi di accesso più comunemente utilizzati per l’estrazione dei terzi molari inclusi sono 3 e prevedono tutti un’incisione di scarico distale che, come descritto in precedenza, parte dalla metà distale del settimo e si dirige distalmente e vestibolarmente con un angolo di circa 45°. Le tre tipologie di lembo sono:
- lembo marginale (o a busta). Questo lembo prevede, oltre all’incisione distale, un’incisione intra-sulculare a livello del settimo e, nei casi in cui risulti necessario un maggiore accesso, del sesto. In quest’ultimo caso, durante l’incisione si risparmia la papilla tra primo e secondo molare;
- lembo trapezoidale. L’incisione prosegue intra-sulculare a settimo o sesto e prevede una seconda incisione di svincolo che parte dal margine mesio-vestibolare del settimo, o disto-vestibolare del sesto, e si porta in basso e mesialmente. Questo lembo consente un accesso molto ampio per cui è idoneo nei casi di maggiore difficoltà, sebbene la sutura risulti poi più complessa (Figura 15);
- lembo triangolare. Trova indicazione soprattutto nelle germectomie; l’incisione verticale di svincolo parte dal margine disto-vestibolare del settimo.
Una volta effettuata l’incisione, si procede con lo scollamento a tutto spessore del lembo iniziando dal tratto di incisione più anteriore. Una qualche resistenza nello scollamento del periostio si può incontrare distalmente al settimo dove il lembo può comprendere una parte dell’inserzione del rafe pterigomandibolare.
Dopo avere scollato il lembo nella sua interezza, si inserisce vestibolarmente il divaricatore tra lembo e linea obliqua esterna, al fine di proteggere l’arteria facciale durante le successive manovre. Non si allestisce invece nessun lembo sul versante linguale. La protezione di questo versante viene effettuata semplicemente appoggiando lo scollatore sul versante distale e linguale per evitare lesioni del nervo linguale (Figura 16).
Ostectomia
L’ostectomia prevede la rimozione di parte del tessuto osseo al fine di localizzare il dente incluso e di creare l’accesso per l’odontotomia e la lussazione dell’elemento. Non risulta necessaria nei casi in cui l’ottavo sia in inclusione mucosa.
Per eseguire l’ostectomia è indispensabile utilizzare il manipolo chirurgico diritto con frese al carburo di tungsteno a rosetta di differenti diametri. Se l’ottavo è semincluso o in inclusione ossea parziale, si utilizza una fresa a rosetta di medie dimensioni e si asporta una modesta quantità di tessuto osseo intorno alla corona del dente. Se l’ottavo, invece, presenta un’inclusione ossea completa si deve in primis localizzare la corona per cui si rimuove l’osso con una fresa a rosetta di dimensioni medio-grandi (Figura 17). Le frese devono essere fatte lavorare con un movimento leggero e continuo sotto abbondante irrigazione. Generalmente è sufficiente rimuovere l’osso fino a esporre circa metà della superficie occluso-vestibolare dell’incluso.
Se risulta invece necessario esporre l’intera superficie vestibolare e/o parte di quella distale, si utilizza una rosetta di dimensioni inferiori rimuovendo esclusivamente la compagine di osso midollare e creando uno spazio tra la porzione di osso corticale e l’ottavo (Figura 18).
Odontotomia
Difficilmente un ottavo incluso può essere estratto intero, ma risulta necessario nella maggioranza dei casi eseguire l’odontotomia, ossia la separazione dell’elemento dentario al fine di consentirne l’estrazione. Per l’odontotomia si utilizza un manipolo moltiplicatore (contrangolo ad anello rosso) con una fresa multilame (Figura 19). Per evitare di danneggiare le strutture anatomiche contigue all’incluso (nervo alveolare inferiore, nervo linguale, secondo molare) la separazione della corona e/o delle radici non viene mai completata con la fresa. L’inserimento di una leva dritta nella breccia creata dalla fresa permette, grazie a un movimento rotatorio, di completare la separazione per frattura della piccola porzione di tessuto dentale ancora integro (Figura 20). L’odontotomia viene eseguita con tagli differenti a seconda dell’angolazione dell’ottavo.
- Verticali o poco mesioangolati: si esegue la sezione e la rimozione delle cuspidi distali. Nello spazio che si viene a creare si lussa ed estrae la porzione restante dell’ottavo, nel caso di elemento dentario con un’unica radice. Se l’elemento ha radici separate e ritentive può essere necessaria la loro separazione per completare l’avulsione.
- Mesioinclinati: nel caso di ottavi mesioangolati, la traiettoria di estrazione è ostacolata dalla corona del settimo. L’odontotomia consiste nella sezione della porzione mesiale della corona. Con la fresa a fessura si sezionano circa tre quarti della corona, da vestibolare verso linguale. Una volta rimosso il frammento mesiale, si estrae il dente lussandolo in avanti, in alto e lingualmente.
- Distoinclinati: la traiettoria è ostacolata dal ramo mandibolare per cui si seziona la porzione distale della corona e si completa l’odontotomia per frattura. Il resto del dente viene lussato in direzione distale. Spesso la semplice odontotomia distale non è sufficiente per estrarre l’incluso ed è quindi necessario dividere il dente in due blocchi corono-radicolari, mesiale e distale.
- Orizzontali: l’intera corona deve essere separata dalle radici. La separazione della corona dal blocco radicolare viene effettuata a livello della giunzione amelo-cementizia (Figura 21). Il blocco radicolare sarà lussato in direzione mesiale. In caso di radici separate e ritentive è necessaria la loro separazione (Figure 22-24).
Lussazione ed estrazione
È fondamentale ricordare che prima di procedere con l’estrazione il dente deve essere sempre ben lussato. Pertanto a seguito dell’odontotomia, la porzione di dente residua viene lussata con una leva dritta sottile, applicando forze leggere per evitare fratture. Nel caso in cui il dente rimanga immobile, è consigliabile ampliare la resezione ossea invece che applicare forze eccessive. Se invece risulta difficile l’inserzione della leva è possibile andare a creare un solco, con una piccola fresa a rosetta, tra la superficie vestibolare del dente e l’osso.
Una volta che l’elemento appare ben lussato, si procede con l’estrazione dei frammenti coronali e radicolari mediante una pinza emostatica curva (Figure 25-33).
Revisione dell’alveolo e sutura
Spesso a seguito dell’estrazione possono rimanere a livello dell’alveolo post-estrattivo residui del sacco follicolare che vanno rimossi con un cucchiaio alveolare curvo. Durante la manovra di curettage alveolare bisogna prestare molta attenzione quando si distacca la porzione linguale del sacco follicolare dai tessuti molli circostanti poiché lacerazioni della mucosa linguale potrebbero danneggiare il nervo linguale. Una volta completato il curettage dell’alveolo, si irriga abbondantemente la cavità con soluzione fisiologica al fine di rimuovere tutti gli eventuali residui tissutali.
In seguito, si esegue la sutura per assicurare una corretta emostasi e riposizionare il lembo. Nella maggior parte dei casi si utilizza seta 4/0 e si posizionano punti staccati.
Gestione post-operatoria
Appena terminato l’intervento si comprime la ferita con un tampone di garza e si consegna al paziente una confezione di ghiaccio sintetico da tenere sulla guancia. È consigliabile trattenere il paziente per qualche minuto per accertarsi dell’avvenuta emostasi e prima di dimetterlo gli si forniscono le istruzioni post-operatorie, sia verbali che scritte.
Supporto farmacologico
Si consiglia l’assunzione di analgesici-antinfiammatori quali ibuprofene 400 mg, nella posologia di 1 bustina ogni 8 ore per i primi 3 giorni e in seguito al bisogno. Si raccomanda l’esecuzione di sciacqui con clorexidina 0,2% di 1 minuto, due volte al giorno per 3 settimane (da effettuare però non prima che siano trascorse 12 ore dall’intervento). Solo per i pazienti a rischio di gravi infezioni post-operatorie è indicato prolungare il periodo di somministrazione dell’antibiotico per i successivi 4-5 giorni.
Norme comportamentali
È sempre opportuno avvisare preventivamente il paziente che è frequente la comparsa di lieve sanguinamento, dolore moderato, ecchimosi e gonfiore nella zona operata e anche una riduzione dell’apertura della bocca. In particolare, ecchimosi e gonfiore possono manifestarsi non nell’immediato post-operatorio quanto nella seconda o terza giornata post-intervento per poi diminuire gradualmente. Tuttavia, per limitare l’insorgenza di gonfiore e dolore è utile applicare il ghiaccio a intervalli di 20/30 minuti per le prime 8-12 ore.
È vietato fumare e assumere alcool per almeno le prime 24 ore. Si consiglia, inoltre, di evitare l’esercizio fisico soprattutto se intenso per i primi giorni e durante il riposo la testa deve essere sempre mantenuta sollevata rispetto al corpo per le prime 24 ore. La dieta deve essere semiliquida e fredda per il primo giorno e, in aggiunta, è consigliabile evitare cibi con briciole o semi; inoltre si avvisa il paziente di cercare di masticare esclusivamente dal lato opposto all’area operata. L’igiene orale deve essere effettuata con uno spazzolino morbido, mentre l’area operata deve essere detersa solo mediante l’uso del collutorio a base di clorexidina. In caso di lieve sanguinamento il paziente non deve allarmarsi in quanto è sufficiente posizionare a livello del sito una garza per almeno 20 minuti per interromperlo. Evitare di sciacquare e sputare previene la rottura del coagulo con conseguente sanguinamento.
Per qualsiasi evenienza, si avvisa il paziente di contattare lo studio e lo si rivede dopo 6-10 gg per la rimozione della sutura e per il controllo della guarigione della ferita chirurgica.
Gestione delle complicanze
Qualsiasi intervento chirurgico non è scevro da complicanze più o meno gravi. L’abilità del chirurgo risiede nel sapere gestire nel modo più opportuno le complicanze stesse. La loro incidenza varia dal 7% al 10,8% ed è inversamente proporzionale all’esperienza dell’operatore. Le complicanze più gravi sono quelle sistemiche che possono mettere a rischio la vita del paziente. Un’attenta anamnesi medica dei pazienti candidati all’intervento riduce notevolmente tali rischi. La maggior parte delle complicanze sono invece di ordine locale e possono manifestarsi durante l’intervento o nel post-operatorio.
Complicanze intra-operatorie
Lesione del secondo molare
Durante le manovre di avulsione dell’ottavo si possono determinare lesioni iatrogene al dente adiacente, quali frattura, sublussazione o lussazione.
Più frequentemente si osserva la frattura parziale della corona del settimo, in particolare se questa risulta ricostruita. Nel caso di frattura di una ricostruzione, occorre rimuovere dalla cavità alveolare post-estrattiva ogni residuo e ricostruire il dente con un’otturazione provvisoria. La lussazione, invece, si manifesta quando si applicano forze incongrue o si usa come fulcro per la lussazione dell’ottavo il dente adiacente piuttosto che l’osso inter-radicolare.
In caso di lussazione del secondo molare, il dente deve essere tolto dall’occlusione e stabilizzato per 10-15 giorni mediante splint elastico.
Frattura di radice o di apice
Sebbene di norma in chirurgia estrattiva vale il principio del recupero dei frammenti radicolari fratturati nell’alveolo, tale regola può non essere sempre rispettata nell’ambito della chirurgia degli ottavi. In certe situazioni, infatti, può risultare più opportuno il non recupero degli apici fratturati soprattutto se la loro posizione è in prossimità del canale alveolare o dello spazio latero-faringeo e se provengono da denti vitali senza patologie associate. I rischi legati alla rimozione di frammenti radicolari talvolta sono superiori ai reali benefici. In tal caso, il paziente deve essere avvisato.
Fratture ossee
Sono complicanze legate principalmente all’applicazione di forze eccessive e alla presenza di osso alveolare particolarmente denso. Nella maggior parte dei casi interessano il processo alveolare e, più raramente, anche l’osso basale.
Frattura alveolare: la corticale linguale facilmente si frattura durante la chirurgia degli ottavi in quanto presenta uno spessore ridotto in corrispondenza dei terzi molari. L’asportazione del frammento di corticale fratturato trova indicazione solo se non è più adeso al periostio. È indicato, invece, lasciare in situ il frammento di corticale linguale se ancora connesso al periostio. Frattura mandibolare: è una complicanza rara che si può registrare in presenza di terzi molari profondamente inclusi o anchilosati o associati a estese neoformazioni cistiche o, ancora, inclusi in mandibole atrofiche o affette da osteoporosi. Tale complicanza si può manifestare sia intra-operatoriamente che dopo l’intervento. Se si verifica durante la fase chirurgica, il paziente deve essere inviato al reparto di chirurgia maxillo-facciale per la riduzione e la fissazione della frattura. Le fratture tardive si manifestano in genere entro 2-3 settimane, quando edema e trisma sono ormai scomparsi e in concomitanza alla ripresa di una normale alimentazione. Nel caso di interventi con alto rischio di frattura mandibolare, si avvisa il paziente di proseguire una dieta morbida per circa 2 mesi.
Dislocazione dentaria
Un ottavo inferiore o una sua parte può essere accidentalmente dislocato nelle aree anatomiche circostanti. Nel caso di terzi molari inclusi in posizione linguale, questi possono venire accidentalmente dislocati nel pavimento della bocca o sotto il muscolo miloioideo. Il recupero per via endoalveolare è, tuttavia, molto complesso in quanto vi è il rischio di dislocarlo ancora più profondamente. In questi casi risulta opportuno eseguire una palpazione extra-orale per identificare e localizzare il frammento. Con tale manovra talvolta si riesce a rendere di nuovo visibile il frammento dislocato e recuperarlo. Se, invece, il recupero non fornisce un buon esito conviene indirizzare il paziente al chirurgo maxillo-facciale, previa sutura e somministrazione di copertura antibiotica.
Frammenti di apici radicolari possono essere dislocati anche nel canale alveolare. In questo caso si deve localizzare radiograficamente il frammento, quindi si interviene asportando con estrema attenzione parte del tetto del canale in modo da estrarre il frammento con una leva curva e sottile
Lussazione dell’articolazione temporo-mandibolare
Durante la fase chirurgica, si richiede al paziente l’apertura della bocca per un periodo di tempo relativamente lungo. Nei pazienti predisposti può manifestarsi una lussazione dell’articolazione temporo-mandibolare che consiste nella dislocazione del condilo anteriormente all’eminenza articolare (open lock) con conseguente impossibilità del paziente a chiudere spontaneamente la bocca. In questi casi, si interviene tempestivamente eseguendo una pressione dapprima verso il basso e poi all’indietro sui molari inferiori al fine di ridurre la lussazione. Per prevenire questa complicanza è utile posizionare un cuneo di gomma a livello della regione contro laterale.
Complicanze a carico dei tessuti molli
I tessuti molli possono essere danneggiati dall’uso inappropriato di strumenti taglienti e rotanti con possibilità di lesioni anche a strutture vascolo-nervose. Nel dettaglio le complicanze a carico dei tessuti molli in fase intra-operatoria sono qui di seguito elencati.
Trauma meccanico
Durante l’atto chirurgico vengono utilizzati strumenti affilati o manipoli con frese che in caso di distrazione dell’operatore o di mancata protezione dei tessuti possono ledere i tessuti circostanti. È fondamentale quindi lavorare in sicurezza mediante il corretto posizionamento di scollatori e divaricatori. Durante la fase chirurgica, in aggiunta, il lembo non deve essere eccessivamente trazionato altrimenti si determina una lacerazione. Eventualmente se l’accesso dovesse essere insufficiente, si consiglia di estendere il lembo. Le lesioni causate da trauma meccanico devono essere suturate.
Trauma termico
L’ustione di cute o mucose è riconducibile a manipoli non perfettamente funzionanti che si surriscaldano facilmente o a frese ormai usurate che per esplicare l’azione di taglio devono essere spinte con maggiori forze sviluppando calore. L’operatore deve sempre accertarsi di avere a disposizione uno strumentario altamente performante per le fasi odontotomia e ostectomia al fine di prevenire traumi termici. Nel caso in cui si verifichi un’ustione è consigliabile prescrivere al paziente gel a base di clorexidina da applicare sulla ferita per prevenire sovrainfezioni.
Emorragia
Quando si verifica una lesione a carico dei tessuti spesso si determina una lacerazione di strutture vascolari di piccola-media entità che provoca, però, un sanguinamento fastidioso con difficoltà di visione dell’area chirurgica. In genere, a livello dei tessuti molli la semplice compressione con una garza fa cessare il sanguinamento. Eventualmente è utile anche disporre di una pinza bipolare. Emorragie più importanti si hanno in caso di lesione dell’arteria facciale. Difficilmente questa viene lesionata durante la chirurgia dei terzi molari inferiori; tuttavia non è un evento impossibile se l’incisione di scarico nella zona del settimo supera il fondo del fornice. L’emorragia che ne deriva non è controllabile con mezzi locali, ma si deve procedere con la legatura dell’arteria. Se l’emorragia è conseguente di una lesione a carico di un vaso con decorso intra-osseo si deve lavare l’area con soluzione fisiologica al fine di individuare il punto sanguinante, quindi si posiziona una piccola porzione di cera da osso sterile. L’uso incongruo di leve o strumenti rotanti in prossimità del canale alveolare può determinare una lesione dell’arteria alveolare inferiore. Il sanguinamento si controlla mediante il tamponamento dell’alveolo con una garza sterile bagnata con fisiologica e con la compressione per almeno 10 minuti. Dopo questo intervallo di tempo si rimuove la garza e si verifica l’interruzione dell’emorragia, quindi si attende per altri 10 minuti e poi si sutura. È importante avvisare il paziente della possibilità di insorgenza di parestesie a carattere temporaneo.
Enfisema
L’utilizzo della turbina (al posto del manipolo dritto) o l’insufflazione di aria con la siringa aria-acqua possono portare alla formazione dell’enfisema sottocutaneo che è dato da una raccolta d’aria nel tessuto connettivo che distende la cute sovrastante. Si manifesta come una tumefazione di dimensioni anche importanti; la cute appare normale per colore e temperatura. Patognomonico è il crepitio a “palla di neve” che si evidenzia con la palpazione della cute. In caso di enfisema, si prescrive al paziente la terapia antibiotica per prevenire possibili sovrainfezioni e la risoluzione si ottiene spontaneamente dopo circa 7 giorni. Solo in caso di enfisemi cervico-facciali le complicanze e i rischi sono importanti, per cui il paziente deve essere ospedalizzato.
Lesione nervosa
Le lesioni nervose associate all’estrazione dei terzi molari inferiori riguardano principalmente il nervo alveolare inferiore e il nervo linguale. Molto rare sono le lesioni a carico del nervo buccale. Da un punto di vista classificativo, si distinguono tre gradi di lesione con prognosi differenti:
- neuroprassia, che consiste nella temporanea interruzione della conduzione nervosa per compressione o stiramento del nervo e ha un periodo di regressione di circa 3 settimane senza alcun trattamento;
- assonotmesi, che prevede un’interruzione a livello della membrana mentre il tessuto stromale rimane integro. Anche in questo caso si assiste a una ripresa funzionale entro i 6 mesi;
- neurotmesi, che è l’interruzione completa dell’assone. Non vi è possibilità di ripresa funzionale e si necessita del trattamento neurochirurgico.
Ognuno di questi eventi può determinare l’insorgenza di sintomi quali parestesia (alterata sensibilità nel territorio di innervazione), disestesia (alterata sensibilità associata a dolore), anestesia (assenza di sensibilità) o iperestesia (accentuata sensibilità). Nel caso di neuroprassia o assonotmesi non è richiesto abitualmente trattamento, se non l’attesa. Solo nel caso in cui la componente infiammatoria-edematosa sia la causa della neuroprassia allora può essere utile l’assunzione di farmaci anti-infiammatori e anti-edemigeni. La neurotmesi prevede, invece, un intervento di microchirurgia in cui si tenta di ricreare la continuità nervosa tramite un innesto nervoso autologo. L’intervento di neurorrafia è altresì indicato ne i casi di disestesia intensa o di anestesia, ma non nelle condizioni di parestesia. Non sempre questo intervento ristabilisce la conduzione nervosa, ma anzi può determinare un peggioramento della sintomatologia.
Complicanze post-operatorie
Infezione
Complicanze infettive dopo chirurgia dei terzi molari si verificano nel 3,5% dei casi secondo i dati riportati in letteratura. È importante considerare che in un normale decorso post-operatorio, dolore, edema e trisma si riducono gradualmente dopo le prime 48 ore mentre nel caso di infezione della ferita chirurgica si assiste a un peggioramento di tali sintomi. L’intervento tempestivo è d’obbligo per prevenire la diffusione dell’infezione. Pertanto si somministrano al paziente antibiotici a largo spettro come l’amoxicillina e l’acido clavulanico; nei casi più gravi si utilizza la via endovenosa. Se presente, è fondamentale incidere e drenare ogni raccolta ascessuale. Sono invece da evitare gli impacchi caldo-umidi in quanto possono favorire la fistolizzazione cutanea dell’ascesso e la formazione di una cicatrice retraente.
Alveolite secca
È una delle complicanze più frequenti a seguito dell’estrazione dei terzi molari mandibolari. Si presenta tra la seconda e la quinta giornata post-intervento e si caratterizza per una sintomatologia dolorosa che si irradia dal sito post-estrattivo, persistente e resistente ai comuni analgesici. La cavità alveolare emana cattivo odore, appare nuda e grigiastra, priva di coagulo e particolarmente sensibile al sondaggio.
L’eziologia è multifattoriale e, in particolare, è connessa a una precoce degradazione del coagulo post-estrattivo per la presenza di un’aumentata concentrazione degli attivatori diretti e indiretti del plasminogeno che si trasforma in plasmina, la quale è responsabile della lisi del fibrinogeno e, quindi, del coagulo. Gli attivatori diretti del plasminogeno vengono rilasciati dalle cellule dell’osso alveolare sottoposto a trauma, mentre gli attivatori indiretti del plasminogeno sono rappresentati dai batteri e dagli estrogeni. Pertanto, i fattori di rischio per l’insorgenza di alveolite secca sono: contraccettivi orali, cattiva igiene orale e fumo di sigaretta, oltre che elevato trauma chirurgico. Il trattamento dell’alveolite consiste, principalmente, nella riduzione della sintomatologia dolorosa.
Dalla letteratura si evince che il curettage alveolare con l’obiettivo di formare un nuovo coagulo è controindicato. Viene invece suggerito di irrigare la cavità alveolare con soluzione fisiologica e di aspirare tutti i residui alimentari. Se il paziente lamenta una forte sintomatologia, tale procedura deve essere svolta previa anestesia tronculare.
Una volta irrigata la cavità, si posiziona nell’alveolo una medicazione a base di anestetici e antisettici non irritanti (per esempio, garza iodoformica o medicazione a base di fibre vegetali ed eugenolo) che inibisce la proliferazione batterica e previene il ristagno di cibo nell’alveolo. La medicazione deve essere sostituita quotidianamente o a giorni alterni, a seconda della sintomatologia del paziente il quale, inoltre, dovrà eseguire sciacqui con clorexidina fino a risoluzione della sintomatologia. Non è necessaria, invece, la prescrizione di antibiotici. Il paziente viene istruito ad assumere antidolorifici al bisogno e, in genere, si assiste alla risoluzione del quadro clinico entro 4-8 giorni.
Per prevenire l’insorgenza di alveolite secca è opportuno:
- eseguire una seduta di igiene orale professionale nei giorni precedenti all’intervento;
- effettuare profilassi antibiotica
pre-operatoria; - per i pazienti fumatori, consigliare l’astensione dal fumo dal giorno prima dell’intervento e per le 2 settimane successive;
- per le pazienti che assumono contraccettivi orali, effettuare gli interventi nell’intervallo libero dal farmaco;
- far sciacquare il paziente con clorexidina prima dell’intervento e, in seguito, secondo indicazioni;
- eseguire accurata toilette del sito post-estrattivo irrigando con soluzione fisiologica per rimuovere tutti i residui prima di procedere con la sutura.
Corrispondenza
Virna Vavassori
Reparto di riabilitazione orale, Istituto Stomatologico Italiano
Via Pace, 21 – 20122 Milano
virna.vavassori@hotmail.it
Dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche e Odontoiatriche,
Università degli Studi di Milano Istituto Stomatologico Italiano
Reparto di Riabilitazione Orale insegnamento di Protesi Dentaria, Direttore: Prof. Dino Re
Virna Vavassori Dino Re
Laureato in medicina e chirurgia nel 1998 presso l’Università degli studi di Milano con massimo dei voti e lode. Specializzato in chirurgia maxillo-facciale presso l’Università degli studi di Milano con 70/70 e lode. Professore a contratto, Scuola di specializzazione in chirurgia odontostomatologica, Università degli studi di Milano. Abilitazione a professore associato (bando MIUR 2012).
Laureata in odontoiatria e protesi dentaria presso l’Università degli studi di Milano nel luglio 2012 con massimo dei voti e lode. Specializzanda in chirurgia odontostomatologica presso il reparto di Riabilitazione orale (direttore prof. Dino Re), Istituto Stomatologico Italiano, Milano.
Laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Milano nel 1984, si è specializzato nello stesso Ateneo in Odontostomatologia nel 1987 e in Ortognatodonzia nel 1991. Professore Aggregato Dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche ed Odontoiatriche, Università degli studi di Milano.Ė titolare dell’insegnamento di protesi dentaria, polo centrale, per il corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria dell’Università degli studi di Milano. Ė autore di oltre 200 pubblicazioni scientifiche e relatore a numerosi corsi e congressi in campo nazionale e internazionale. La sua attività di ricerca riguarda prevalentemente l’odontoiatria restauratrice, la protesi, l’endodonzia e la traumatologia dentale. Nel 2004, 2007, 2011, 2015 è stato direttore scientifico della rivista il “Dentista Moderno”. Dal novembre 2011 è direttore del reparto Universitario di Riabilitazione Orale dell’Istituto Stomatologico Italiano.
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