Secondo i risultati dell’ultima indagine EHIS 2015 condotta dall’Istat, “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari in Italia e nell’Unione europea”, gli Italiani si ricoverano poco, vanno dal medico di famiglia e dallo specialista più della media dei cittadini degli altri Paesi Ue, ma non dal dentista dove, anzi, sono agli ultimi posti nell’Ue per accesso alle cure. I valori riferiti all’odontoiatria sono reperibili nella Tavola 4.6 dell’indagine, dove sono riportati i dati sulle persone che hanno fatto ricorso alle cure odontoiatriche negli ultimi 12 mesi precedenti l’indagine, divise per età, sesso, provenienza geografica e condizioni economiche, nonché per modalità di accesso alle cure. I dati possono essere così sintetizzati: in Italia, negli ultimi 12 mesi precedenti l’indagine, nella fascia di età 15-64 ha fatto ricorso alle cure dentistiche circa un cittadino su due (49%), rispetto alla media europea del 62,5%; nella fascia 65-74 la percentuale scende al 43,2%, contro il 57% dell’UE, con valori ancor più bassi nella fascia “75 anni e più”, con il 29,2% di accesso alle cure in Italia, mentre in Europa il valore è pari a 45,3%. Il Paese più simile al nostro è la Spagna, quello più distante la Danimarca dove negli ultimi 12 mesi precedenti l’indagine, nella fascia di età 15-64 anni ha avuto accesso il 79,1% della popolazione, nella fascia 65-74 l’87,4%, in quella “75 e più” il 79,2%.
Che cosa suggeriscono questi numeri? «Indicano che escludendo i Paesi più virtuosi del Nord Europa e alcune altre aree geografiche e metropolitane dove l’accesso alle cure odontoiatriche è più semplice», spiega Marco Landi, presidente del Consiglio Europeo dei Dentisti (CED), «c’è un problema europeo diffuso che riguarda l’accesso alle cure odontoiatriche, un problema che in Italia colpisce in modo particolare la fascia delle persone più fragili, gli anziani». A complicare la questione, fa sapere il presidente del CED, è il trend sulla “non autosufficienza”, un fenomeno in continua crescita nel nostro Paese: negli ultimi anni, infatti, c’è stato un incremento significativo (del 4-5% annuo) delle persone ricoverate nelle strutture residenziali socio-sanitarie protette, proprio in quei luoghi dove la cura del cavo orale è più trascurata.
«Per migliorare la situazione attuale», dice Landi, «è necessario partire dai caregiver, cioè dalle persone che si prendono cura dell’anziano ricoverato in queste strutture. Dando loro le giuste indicazioni si potrebbe già fare molto, a partire proprio dall’igiene orale, perché trascurare questa pratica può avere ricadute molto gravi nei pazienti più fragili: è nota infatti l’incidenza che una cattiva igiene orale può avere nello sviluppo di alcune patologie, come la polmonite, per esempio, che nell’anziano può essere fatale».
Il problema, dunque, è reale e grave, per questo secondo Landi dovrebbe essere affrontato con urgenza da parte delle istituzioni, ma anche dalla classe odontoiatrica nel suo complesso. «Vedo un problema di cui gli odontoiatri devono tener conto», dice Landi, «ma anche un’opportunità, purché soprattutto i giovani odontoiatri, supportati dal mondo universitario che ha il compito di formare i professionisti del settore, abbiano coscienza che per operare sulle persone anziane è necessario avere le giuste competenze, conoscenze specifiche sull’odontoiatria geriatrica, ma anche un diverso approccio: per raggiungere questa ampia porzione di popolazione, infatti, che per ragioni evidenti e non solo economiche non può recarsi negli studi odontoiatrici, è l’odontoiatra che dovrà andarle incontro, per visitare questi pazienti laddove vivono, promuovendo così una nuova cultura della prevenzione e della cura destinata ai cittadini più anziani, cultura che nel nostro Paese oggi è quasi del tutto assente».