Si attua un’accurata revisione dell’alveolo postestrattivo di 1.2 per l’eliminazione della reazione granulomatosa apicale e si effettuano manovre di scaling e root planing a carico degli elementi 1.3 e 2.2 per la rimozione dei tessuti reattivi di infiammazione e di cemento necrotico, mediante l’utilizzo di appositi strumenti manuali e ultrasonici. Vengono inseriti due impianti post-estrattivi nelle sedi 1.2 (Straumann SLActive, diametro 3.3 mm, altezza 10 mm) e 2.1 (Straumann SLActive, diametro 3.3 mm, altezza 10 mm) (Figura 3).
I difetti ossei perimplantari vengono corretti con l’utilizzo di osso autologo prelevato mediante grattino da osso (bonescraper) a livello della spina nasale anteriore, miscelato a granuli di spongiosa di osso bovino deproteinizzato e demineralizzato (Bio-Oss, Geistlich Biomaterials). Una membrana bioriassorbibile in collagene, composta da collagene suino di tipo I e III (Bio-Gide, Geistlich Biomaterials) viene adattata e posizionata per ricoprire i difetti ossei presenti (Figura 4). L’inserimento di impianti in una sede rigenerata con membrana in collagene xenogenico e osso minerale bovino è stato valutato ed effettuato a seguito dei dati della recente letteratura scientifica, che presenta totale riempimento del difetto osseo tra il 95 e il 100% dei casi trattati, sopravvivenza degli impianti pari al 100% dei casi dopo un followup di 60 mesi e successo implantare nel 100% dei casi4. L’intero lembo viene quindi riposizionato dal lato palatale a quello vestibolare e, dopo l’esecuzione di rilasci periostali a livello della mucosa alveolare del lembo secondario, i suoi margini vengono suturati senza tensioni, mediante punti staccati, ben distanti dai biomateriali inseriti. Data la buona stabilità primaria degli impianti, gli stessi vengono sottoposti a carico immediato con una protesi parziale provvisoria avvitata in resina sugli impianti 1.2 e 2.1 (Figura 5).
Attraverso questo regime di carico protesico è possibile il raggiungimento di un miglior risultato estetico, con condizionamento immediato dei tessuti molli, precoce generazione della papilla perimplantare e preservazione della parete ossea vestibolare8. L’utilizzo di un ponte provvisorio cementato non è stato preso in considerazione, poiché eventuali eccessi di cemento subgengivali non rimossi avrebbero potuto alimentare la risposta infiammatoria dei tessuti perimplantari9. La paziente è stata istruita all’esecuzione di sciacqui con clorexidina gluconato allo 0.12% (Corsodyl, SmithKline Beecham, uno sciacquo di 1 minuto con 10 ml di prodotto puro da effettuare per 10 giorni dopo le manovre di igiene orale) e all’assunzione di antibiotico (Augmentin, SmithKline Beecham, 2 g/die per 6 giorni). La rimozione della sutura è stata effettuata 10 giorni dopo l’intervento chirurgico.
A distanza di 6 mesi, verificata la stabilità dei tessuti molli, si è proceduto all’innesto di connettivo in corrispondenza dell’impianto in sede 1.2 al fine di migliorare il profilo emergente della successiva corona protesica. Pertanto, previa anestesia plessica con mepivacaina al 2% e vasocostrittore adrenalinico, dalla regione palatale è stato effettuato un prelievo di epitelio connettivale mediante bisturi circolare che, dopo disepitelizzazione, è stato “imbustato” a livello di 1.2. L’allestimento del sito ricevente è stato condotto mediante incisione intrasulculare a 1.2 e inserimento di uno scollatore per circa 10 mm oltre la soluzione di continuo, al fine di creare uno spazio adeguato all’inserimento del tessuto connettivale. Dopo 10 giorni si è proceduto alla rimozione delle suture e solo dopo 12 mesi dalla prima fase chirurgica è stata effettuata la riabilitazione protesica definitiva mediante ponte in metallo-ceramica cementato (Figura 6). L’utilizzo di una protesi fissa cementata su impianti è stato adottato a fronte del suo successo protesico, valutato in termini estetici e biomeccanici, che si presenta compreso tra 69,8 e 100% negli studi a breve termine (1-4 anni) e tra 56,2 e 96,7% negli studi a lungo termine (5-10 anni). Simili risultati sono riportati anche per le riabilitazioni protesiche avvitate su impianti, ma quelle cementate presentano una maggiore resistenza delle forze occlusali, nonché una migliore resa estetica. È importante ricordare, tuttavia, che le protesi cementate non sono esenti da complicanze tecniche: la perdita di ritenzione del manufatto protesico può verificarsi fino al 16% dei casi con utilizzo di cemento definitivo e al 22% dei casi con cemento provvisorio; un allentamento o svitamento del moncone implantare può insorgere fino al 21,2% dei casi, mentre la frattura del rivestimento in ceramica è descritta fino all’8,8% dei casi10.
Risultati
Grazie alle procedure chirurgiche e alla riabilitazione implanto-protesica effettuata, la paziente è stata riabilitata nel settore estetico del mascellare superiore con una struttura fissa in metallo-ceramica cementata su impianti. Le aspettative estetiche della paziente sono state ampiamente soddisfatte grazie a un corretto profilo dei tessuti molli perimplantari ottenuto con un condizionamento degli stessi mediante un ponte provvisorio in resina avvitato su impianti e con un successivo intervento di chirurgia muco-gengivale. L’utilizzo della procedura chirurgica presentata in questo articolo ha permesso il ripristino di una corretta dimensione ossea verticale e orizzontale, andata persa a causa delle lesioni endo-parodontali degli elementi dentari estratti (Figura 7); inoltre, è stata garantita la preservazione di una totale integrità delle papille perimplantari, di elevata valenza estetica, e un’ottima chiusura primaria della ferita chirurgica grazie alla sutura del lembo senza tensioni.