Nell’ambito dell’operatività clinica in protesi cementata tradizionale, la rilevazione dell’impronta di precisione rappresenta senza dubbio uno dei momenti chiave. Fornire al tecnico una riproduzione precisa del moncone – del margine di preparazione in particolare – oltre che dell’interfaccia con gli elementi dentari adiacenti e con l’arcata antagonista è una delle chiavi del successo della riabilitazione. Ultimamente, la scansione intraorale ha conosciuto uno sviluppo notevole ed è già una realtà che può essere applicata in ambiti ambulatoriali di dimensioni contenute. La tecnica di impronta convenzionale con elastomeri, comunque, copre ancora la maggioranza del mercato e incontra a tutt’oggi le preferenze di molti professionisti. Al fine semplificare le procedure ed esaltare il risultato finale, le case produttrici hanno proposto negli ultimi anni materiali ad alte prestazioni: si può dire che, attualmente, polieteri e siliconi per addizione costituiscono le prime scelte nella rilevazione dell’impronta di precisione. Se, come detto, questo passaggio clinico può essere uno più complicati per l’odontoiatra, spesso vale altrettanto per il paziente. A quest’ultimo è richiesto uno sforzo anche notevole per rilassarsi: non per tutti potrà essere facile mantenere la stessa posizione per i pochi minuti necessari all’indurimento del materiale; oltretutto, ci sono persone maggiormente in difficoltà nel respirare con il naso ed altre con un più spiccato riflesso del vomito.
Triple Tray: impronta di precisione per piccole riabilitazioni protesiche
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Questo breve articolo vuole illustrare dunque un’interessante alternativa clinica alla tecnica convenzionale, utilizzabile nelle riabilitazioni protesiche di piccole dimensioni (corona singola, ponte su 3 elementi). Si sta sperimentando la stessa tecnica anche su lavori più estesi. Si tratta della tecnica Dual Arch, detta anche Triple Tray. Il primo termine indica il fatto che entrambe le arcate vengano riprodotte sui due lati di uno stesso portaimpronta. Il secondo nome fa invece riferimento al fatto che la tecnica assolva simultaneamente a 3 compiti: la rilevazione dell’impronta di precisione del dente preparato e degli elementi adiacenti, quella dell’antagonista e la registrazione occlusale La tecnica prevede l’uso di uno specifico portaimpronta parziale (detto appunto portaimpronta Triple Tray), in grado di coprire 4-5 elementi dentari, e che può accogliere elastomero su entrambi i lati. Si tratta, dunque, di una tecnica idealmente meno invasiva per il paziente, rapida e che consente anche un risparmio economico, dato che utilizza un quantitativo inferiore di materiale. I limiti principali consistono nel fatto che gli elementi adiacenti e gli antagonisti debbano essere perfettamente intatti e, soprattutto, che il paziente sia in grado di raggiungere la massima intercuspidazione senza interferenze occlusali. Proprio la massima intercuspidazione costituisce la valutazione principale durante la prova intraorale del portaimpronta. Successivamente, si appone l’adesivo sui margini e sulle pareti del portaimpronta. A questo punto, si potrà procedere con la presa dell’impronta. Il clinico posiziona del materiale a bassa viscosità sul moncone e su parte degli elementi adiacenti. Inserisce quindi il portaimpronta, sul quale l’assistente ha posizionato elastomero heavy body. Si chiederà dunque al paziente di chiudere lentamente, ritrovando la massima intercuspidazione. Ad avvenuto indurimento, l’impronta sarà quindi rimossa dal cavo orale, controllata e infine preparata per la spedizione e lo sviluppo.