L’early childhood caries costituisce una patologia a elevatissimo impatto sociale, con una prevalenza globale estremamente elevata che, a seconda del paese, si attesta tra il 15 e il 90%. Importanti lesioni cariose a livello della dentatura decidua, oltre a causare dolore e sofferenza, sono in grado di compromettere la masticazione e, di conseguenza, il regime dietetico dei bambini, peraltro in una fase decisiva della crescita.
La scuola rappresenta il collante sociale dell’infanzia ed è pertanto naturale poter pensare di sfruttare positivamente l’attività di gruppo per imprimere stimoli positivi legati alla salute, in questo caso quella orale. Purtroppo, anche in questo caso si registra grande variabilità nelle scelte di politica sanitaria, anche a livello di singoli paesi.
Recentemente, un gruppo indiano ha riportato la propria esperienza, relativa a un pool di piccoli pazienti con un livello socioeconomico molto svantaggiato, reclutati in età prescolare (3-5 anni).
Cosa può fare la scuola per migliorare l'igiene orale?
Lo studio è stato impostato come cluster randomized clinical trial, con 3 bracci paralleli.
Gli interventi scolastici impostati sono consistiti in (1) educazione all’igiene orale (2) divieto di consumo di snack zuccherati a scuola e (3) spazzolamento quotidiano con dentifricio fluorurato sotto sorveglianza da parte degli insegnanti e l'educazione alla salute orale.
Il gruppo di studio è stato sottoposto a tutti e 3 gli interventi, il controllo negativo alla sola educazione all’igiene orale e il controllo positivo ha aggiunto lo spazzolamento supervisionato, mantenendo però il fattore di rischio della dieta.
I pazienti sono stati sottoposti a follow-up a 6 mesi, 1 e 2 anni. Dei 420 pazienti reclutati, 342 hanno concluso la sperimentazione.
Il pazienti sottoposti a triplice intervento, a due anni, hanno mostrato un rischio di sviluppare carie inferiore a quello degli altri due gruppi. Gli indici di placca e di sanguinamento risultano significativamente inferiori solamente nel gruppo di controllo negativo, il che dimostrerebbe l’efficacia di uno spazzolamento corretto in ambito scolare.
Lo studio è stato rivisto da Romina Brignardello-Petersen per il Journal of the American Dental Association. L’autrice ha indicato come appropriato il modello sperimentale, esprimendo tuttavia dei dubbi sul processo di blinding. Insegnanti e autorità scolastiche erano a conoscenza dei trattamenti e l’articolo non fa faceva menzione di una possibile valutazione in cieco dei risultati. In più, il rischio di detection bias risulta elevato e, pertanto, esisterebbe un rischio di sovrastima dell’efficacia dell’intervento.
Al netto di tali limitazioni, lo studio fornisce indicazioni interessanti, evidenziando il potenziale dei protocolli scolastici di igiene orale, dei quali potrebbero beneficiare, forse in maniera più agevole paesi più avvantaggiati economicamente.
Riferimenti bibliografici