La fotobiostimolazione è un trattamento basato sull'impiego di radiazione luminosa a lunghezza d'onda compresa tra il rosso e l'infrarosso (da 632 a 1064 nm) che, negli ultimi anni, ha trovato diverse applicazioni in più branche mediche. Non presenta effetti collaterali di rilievo e, tra gli effetti biologici, ha dimostrato le capacità di accelerare i processi di guarigione e anche di ridurre gli stimoli dolorifici. Questo secondo effetto deriva da una doppia azione: riduzione dei mediatori e delle cellule infiammatorie e aumento del rilascio di endorfina.
In ambito odontoiatrico, è stata sperimentata in ortodonzia, dove ha mostrato la capacità di contenere gli episodi dolorifici legati al trattamento, attraverso l'inibizione dell'acido arachidonico (con riduzione della prostaglandina E2) e la stimolazione del rilascio della beta-endorfina.
L'implantologia moderna si distingue per la sicurezza e la predicibilità delle tecniche di riabilitazione ma si basa pur sempre sulla chirurgia e, a maggior ragione rispetto a una terapia ortodontica, può essere condizionata dal dolore e dall'infiammazione in fase postoperatoria.
Per questo motivo, in linea teorica, la fotobiostimolazione si presterebbe positivamente all'impiego in ambito implantare. È quanto si è proposto di valutare un gruppo di lavoro italo-spagnolo, che ha pubblicato i propri risultati in un articolo recentemente apparso su Medicina Oral, Patología Oral y Cirugía Bucal.
Apporto della fotobiostimolazione: uno studio
Lo studio ha coinvolto un totale di 60 pazienti (27 maschi e 33 femmine, con un'età media di 47,13 anni ± 8,05 anni), tutti indirizzati all'inserimento di un singolo impianto. Ciascun intervento è stato pianificato su TC cone beam e condotto in chirurgia guidata tramite la realizzazione di una guida custom-made. Tutti gli interventi sono stati condotti da uno stesso operatore.
Il campione, omogeneo per quanto riguarda il protocollo chirurgico, è stato però suddiviso in 3 gruppi equamente distribuiti dal punto di vista numerico: un gruppo sperimentale, trattato con fotobiostimolazione dopo la chirurgia, un gruppo placebo, nel quale la fotobiostimolazione è stata solamente simulata, e un gruppo controllo, nel quale è stata esclusivamente condotta la chirurgia implantare.
Ogni paziente ha riferito la propria esperienza dolorifica, attraverso una scala di valutazione numerica, a 2, 6, 12, 24 ore dall'intervento, in seconda e, infine, in settima giornata. Sono state registrate anche tipologia e dosaggi degli analgesici assunti dai pazienti. Anche il grado di infiammazione e, nello specifico, l'edema è stato valutato attraverso misurazioni lineari.
I risultati e l'analisi statistica hanno stabilito un livello di dolore inferiore nel gruppo sperimentale, a ogni rilevazione, oltre che un più basso livello massimo di dolore. Da ciò deriva coerentemente un'assunzione inferiore di analgesici da parte di questi pazienti. Il gonfiore, infine, è risultato pressoché insignificante dopo fotobiostimolazione.
In conclusione, lo studio fornisce promettenti indicazioni riguardo all'impiego della fotobiostimolazione dopo chirurgia implantare.
Riferimenti bibliografici