La clorexidina è il disinfettante più largamente conosciuto e utilizzato in ambito odontoiatrico. È presente sul mercato italiano come principio attivo di alcuni collutori. La si ritrova in diverse concentrazioni e in combinazione con altri principi attivi.
Il suo utilizzo più comune è, naturalmente, la disinfezione della cavità orale, tramite sciacquo, nel corso di alcune terapie odontoiatriche o per l’igiene domiciliare, sempre su indicazione dell’odontoiatria o dell’igienista dentale.
Oltre a questo, naturalmente, esistono altri utilizzi più specifici. Un esempio è quello dell’endodonzia. L’uso della clorexidina, al pari di altre sostanze quali, ad esempio, ipoclorito di sodio, perossido di idrogeno e la comune soluzione fisiologica – tutte comunque dotate di azioni differenti – è stato proposto nella disinfezione dei canali radicolari. Ovviamente, una efficace detersione attraverso una sostanza a formulazione liquida ha importanza dirimente nella terapia endodontica, dato che l’anatomia canalare difficilmente consente di limitarsi all’asportazione meccanica dei residui pulpari. L’irrigante ideale dovrà quindi avere un’efficace azione antimicrobica, lubrificare le pareti dei canali, prevenire il deposito di fango dentinale durante la fase meccanica ed essere nel contempo biocompatibile. Alcune di queste caratteristiche sono sovrapponibili alle proprietà della clorexidina.
L’infezione dei canali è un quadro di tipo polimicrobico, contentente batteri aerobi e anaerobi, molti dei quali fortemente suscettibili all’azione della clorexidina. Studi in vitro dimostrano che non risultano differenze nell’effetto antibatterico della clorexidina, dell’idrossido di calcio e della combinazione delle due molecole. È stato inoltre evidenziato che la clorexidina e l’ipoclorito di sodio hanno effetto similare nel ridurre il numero dei batteri nel dente necrotico e nel trattare la patologia periapicale.
La clorexidina è anche efficace nei confronti dei miceti, che rappresentano dal 1 fino al 17% del microbiota del canale infetto.
Inoltre, pur non essendo la molecola maggiormente performante, la clorexidina manifesta una certa azione verso il biofilm, soprattutto quando abbinata all’azione meccanica.
La clorexidina ha la proprietà di perpetrare la propria azione per alcune ore dopo l’applicazione, dato che parte di essa viene assorbita dalla dentina. Questo meccanismo, definito sostantività dell’azione antibatterica, costituisce una delle principali proprietà della molecola.
In base a quanto appena affermato, si potrà dunque concludere che la clorexidina trova valida applicazione come irrigante endodontico. Non sembrano, tuttavia, esserci evidenze sufficienti a supportarne l’utilizzo in maniera esclusiva.
Il clinico, dunque, dovrà basarsi su precisi protocolli e utilizzare diversi prodotti al fine di assicurare la massima igiene in una fase tanto delicata della terapia, di modo da ridurre al minimo il rischio di reinfezione endogena. Possiamo dire con certezza che la clorexidina, in questa fase, rappresenta un ausilio assolutamente affidabile.
Non si formano paracloroaniline che sono cancerogene? Se usata con l’ipoclorito?
un bel protocollo no?, e poi come dice Giuseppe, la questione delle paracloroaniline?