L’avvento della tecnica adesiva ha portato a quella che si potrebbe definire una “rivoluzione copernicana” nell’odontoiatria conservativa. Con il trattamento di superficie, oggi il disegno cavitario, pur mantenendo alcuni criteri geometrici, si basa essenzialmente sulla forma della lesione cariosa.
Questo aspetto di “permissività” rende questo tipo di approccio assai indicato per il trattamento della carie in età pediatrica, anche rispetto a materiali utilizzati da sempre a questo scopo, come, ad esempio, i cementi vetroionomerici.
D’altra parte, anche la tecnica adesiva ha i suoi requisiti operativi, il più importante dei quali consiste nell’isolamento del campo nel corso di tutte le fasi operative. La soluzione, in questo senso, potrebbe essere nell’alleggerimento delle fasi stesse: in questo senso è da leggere l’introduzione di protocolli single step, adesivi universali utilizzabili in più modalità e addirittura resine composite autoadesive. Queste potrebbero non assicurare la longevità di procedure multipassaggio condotte in condizioni di umidità controllata, ma si prestano in condizioni complesse, con pazienti pediatrici non collaboranti.
Recentemente, Delgado e colleghi hanno condotto una scoping review, inserendo solo lavori peer-reviewed relativi a elementi decidui trattati con protocolli semplificati basati sull’uso di resine composite.
Partendo da un pool di 700 studi, i rigorosi criteri di selezione hanno portato gli autori a includere, alla fine, solo 8 trial clinici, di cui 7 randomizzati: la maggior parte ha seguito un modello split-mouth e il periodo di follow-up è risultato compreso tra 12 e 36 mesi. Per quanto riguarda l’aspetto qualitativo, due lavori sono stati giudicati ad alto rischio di bias, due a basso rischio, i rimanenti 4, dunque la maggioranza, a rischio intermedio. Data la selezione ristretta, non tutte le tecniche innovative a cui si è fatto riferimento sono state considerati. Sono stati valutati, per esattezza, 8 adesivi, due compositi convenzionali, due autoadesivi e altrettanti bulkfill e, infine, un compomero.
Per quanto riguarda le strategie adesive, ad esempio, Lenzi ha riportato indicazioni positive per quanto riguarda i protocolli etch-and-rinse o self-etch con adesivi universali. L’autore ha deliberatamente escluso la mordenzatura selettiva dello smalto, che pure sarebbe il gold standard per questi prodotti, ritenendola non applicabile con la dovuta riproducibilità in ambito pediatrico. La criticità maggiore consiste nel miglior comportamento degli adesivi su tessuto dentale sano, il che presuppone la necessità di un accurato debridement del tessuto cariato.
Considerando i compositi, la revisione non ha ritrovato differenze tra nuovi prodotti e tecniche particolari. I bulkfill, in particolare, sono reputati interessanti, dacché permettono di ripristinare spessori di 4-5 mm con una singola stratificazione, abbreviando così i tempi operatori. Anche il non poter garantire indicazioni a lungo termine (oltre i 3 anni) è da reputarsi accettabile in un substrato dentale tendente all’esfoliazione.
Riferimenti bibliografici a proposito di adesione nel piccolo paziente