Il dente trattato endodonticamente diviene più delicato e, pertanto, si trova a essere maggiormente esposto a fratture e complicanze di questo tipo. L’obiettivo di un trattamento è la risoluzione della problematica contingente e, allo stesso modo, il ripristino della futuribilità del dente malato.
La restaurativa post-endodontica rimane pertanto un oggetto di dibattito importante, soprattutto nelle sedi frontali, laddove è particolarmente rilevante un terzo target, ovvero il ripristino dell’anatomia dentale e, con essa, della normale estetica.
Il posizionamento di un perno in fibra mediante tecnica adesiva è una procedura ricostruzione post-endodontica che, nei settori posteriori, viene normalmente messa in pratica in ottemperanza di alcuni precisi criteri, legati principalmente al grado di distruzione della corona.
Perno in fibra ed elementi anteriori trattati endodonticamente
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Gli elementi anteriori sono esposti alle forze di taglio e rappresentano un’area a forte rischio meccanico. In questo senso, Stein-Lausnitz e colleghi, in un recente lavoro apparso su Clinical Oral Investigations, hanno considerato diversi scenari di restauro nel dente anteriore trattato endodonticamente: cavità d’accesso semplice oppure abbinata a cavità di III o IV classe o ancora del colletto, fino ai casi estremi di dente gravemente danneggiato o francamente decoronato. È da chiarire, in questi casi, in che termini l’inserimento del perno in fibra conferisca vantaggi effettivi in termini di resistenza al carico o se il semplice restauro diretto possa rappresentare un compromesso sufficiente.
Lo studio è stato condotto secondo un design in vitro e ha visto l’impiego di un totale di 96 campioni, tutti incisivi centrali superiori estratti integri. I denti presentavano tutti una radice della lunghezza minima di 15 mm; i diametri vestibolo-linguali e mesio-distali sono stati misurati al fine di validare le comparazioni. I campioni sono stati quindi divisi in un totale di otto gruppi sperimentali da 12 elementi ciascuno.
La procedura di base è consistita nell’apertura del dente con fresa diamantata, strumentazione canalare con sistematica rotante Ni-Ti ProTaper fino a misura F2, irrigazione, otturazione canalare con cemento e guttaperca con tecnica verticale a caldo.
I campioni del gruppo denominato A (access) sono stati trattati con la semplice rimozione della guttaperca apicale (fino a 3 mm) alla giunzione smalto-cemento e la realizzazione di un restauro adesivo con una resina composita bulk-fill.
Un altro gruppo, denominato AP (access and post) ha previsto l’inserimento di un perno in fibra prima del restauro definitivo. Sono stati lasciati almeno 4 mm apicali di guttaperca, al fine di garantire il sigillo apicale.
In maniera del tutto analoga sono stati allestiti i gruppi U (cavità di accesso abbinata a cavità di III classe unilaterale, a sua volta otturata) e B (III classe bilaterale) e i loro corrispettivi con perno, UP e BP.
Sono stati anche allestiti dei campioni decoronati, sui quali sono stati allestiti build-up con e senza perno (gruppi D e DP).
L’analisi del failure mode attraverso cicli termici e test di carico meccanico e la relativa valutazione statistica hanno indotto gli autori a concludere, al netto delle limitazioni di uno studio in vitro, che i restauri di III classe sono in grado di garantire una resistenza accettabile senza la necessità di aggiunta del perno in fibra e che solo il dente gravemente danneggiato esige necessariamente un build-up con perno.
Riferimenti bibliografici