La D rappresenta una vitamina atipica: la definizione classica di “vitamina” è quella di una sostanza necessaria all'organismo il quale non è però in grado di produrla e che pertanto richiede un apporto giornaliero alimentare. La vitamina D è peculiare in questo senso: solo un terzo del fabbisogno giornaliero, infatti, viene introdotto con la dieta. La quota maggiore dell'apporto vitaminico è, in questo caso, endogeno, per merito dell'attività sintetica svolta dalla cute in seguito all'esposizione alla radiazione ultravioletta. La molecola di base è il 7-deidrocolesterolo, dal quale deriva un intermedio instabile, la previtamina D3, che poi va incontro a un rapido e spontaneo riarrangiamento del doppio legame, convertendosi in una forma termodinamicamente stabile, detto colecalciferolo o, appunto, vitamina D3.
Parodontopatie e vitamina D: c'è una relazione?
La vitamina D costituisce dunque uno steroide, al pari degli ormoni corticosurrenalici e di quelli sessuali. Ciò è suggestivo, in effetti, di un'altra particolarità della molecola: essa infatti mostra l'azione biologica di un ormone, anzi più correttamente del precursore di un ormone. Esso agisce in sinergia con il paratormone (PTH), prodotto dalle ghiandole paratiroidi, mostrando un ruolo fondamentale (ma non esclusivo) nell'assorbimento del calcio a livello intestinale. Per poter raggiungere la forma propriamente attiva – 1,25-diidrossicolecalciferolo o calcitriolo – la molecola viene idrossilata una prima volta da un enzima epatipo e una seconda a livello del rene: qui agisce anche il regolatore positivo PTH, determinando un effetto complessivo ipercalcemizzante. La forma intermedia 25(OH)D, essendo presente in circolo a concentrazioni mille volte superiori e avendo anche emivita più prolungata, viene dosata in vece dello stesso calcitriolo: il fisiologico livello sierico si attesta tra 20 e 74 ng/ml.
Alcuni autori hanno studiato il marcatore 25(OH)D nei pazienti affetti da malattia parodontale. Recentemente, Bhargava e colleghi hanno valutato una possibile correlazione, ipotizzando un aumento del rischio di patologia in caso di deficit.
Lo studio ha coinvolto un totale di 168 pazienti affetti da parodontite cronica, i cui valori di vitamina D serica sono stati correlati con i principali indicatori parodontali: indice di placca (PI), indice gengivale (GI), profondità di sondaggio (PPD) e livello di attacco clinico (CAL).
Con l'eccezione dell'indice di placca, è stata rilevata una correlazione tra bassi livelli vitaminici e indicatori parodontali. Il coinvolgimento è risultato, infatti, statisticamente significativo per quanto concerne indice gengivale, profondità di sondaggio e livello di attacco clinico.
Gli autori non hanno potuto concludere stabilendo un rapporto di causalità tra deficit di vitamina D e parodontopatia: è quanto ci si può proporre per i prossimi studi a campione allargato. Un'eventualità futura, in caso di conferme, potrebbe essere l'inclusione della supplementazione vitaminica nel trattamento della patologia.
Riferimenti bibliografici