“Quello sottoposto a trapianto d’organo è un paziente complesso, ma che con le giuste conoscenze e attenzioni può essere trattato in qualsiasi ambulatorio odontoiatrico sul territorio, previa attenta analisi soprattutto farmacologica. La valutazione orale e dentale dovrebbe essere riconosciuta come una componente critica e fondamentale del percorso pre e post medicina dei trapianti; un corretto approccio multidisciplinare è la chiave del successo per un’adeguata gestione delle complicanze orali”, esordisce così Paolo Giacomo Arduino, professore associato di Malattie Odontostomatologiche presso CIR Dental School, Dipartimento di Scienze Chirurgiche dell’Università degli Studi di Torino, con cui abbiamo disquisito degli aspetti più cogenti relativi alla pratica odontoiatrica su soggetti in fase pre e post trapianto d’organi.
Professor Arduino, cosa deve prevedere una corretta valutazione odontostomatologica dei pazienti in attesa di trapianto?
Il trapianto di organi è uno dei grandi progressi della medicina moderna, e ogni anno il numero di pazienti trattati aumenta in modo esponenziale, in particolare in Europa. A oggi, tuttavia, la procedura è ancora associata a un sostanziale rischio di morbilità e mortalità, a volte per motivi del tutto indeterminati. Gli sforzi per rendere più sicuro il trapianto comprendono una selezione ottimale dei candidati e un ampio ed esaustivo work-up pre-trapianto, con approfondite e adeguate procedure di follow-up. Tali percorsi ospedalieri, tuttavia, possono variare anche sostanzialmente tra i differenti centri di riferimento, principalmente a causa di linee guida non sempre uniformi; questo è ancor più vero se valutiamo i percorsi odontostomatologici pre-trapianto.
La valutazione odontostomatologica in effetti a oggi non è ancora così diffusa tra i vari percorsi quando un paziente viene inserito in lista di attesa. Idealmente, qualsiasi malattia dentale esistente dovrebbe essere trattata prima della procedura di trapianto; di conseguenza, i professionisti del settore dentale dovrebbero essere considerati membri importanti di tutta la filiera. L’obiettivo del trattamento odontostomatologico prima del trapianto dovrebbe essere volto a eliminare siti di infezione orale che potrebbero comportare eventuali e future problematiche infettive, mettendo a rischio il successo della procedura e nei casi più gravi anche la sopravvivenza stessa del paziente. Non considerando le malattie acute potenzialmente letali che richiedono un trapianto urgente, per cui logisticamente un’attenta valutazione odontoiatrica potrebbe non essere possibile, per tutti gli altri pazienti, una valutazione odontostomatologica dovrebbe essere necessaria ai fini di rilasciare una particolare idoneità al trapianto, in cui il clinico riporta correttamente lo stato attuale delle strutture dure (denti e ossa alveolari) e strutture molli (parodonto e restanti mucose del cavo orale), segnalando percorsi specifici, anche per la loro attuazione, per arrivare ad avere una salute orale ottimale. Purtroppo, a oggi, però, non esistono linee guida specifiche, basate sulla corretta evidenza del giusto trattamento dei foci dentali nei pazienti in attesa di trapianto (di organo o di midollo).
Quali trattamenti possono essere eseguiti e quali bisogna procrastinare?
Dipende naturalmente dal tempo a disposizione. Spesso, infatti, i pazienti arrivano in visita su indicazione dei colleghi della medicina dei trapianti troppo vicini al periodo fissato per l’intervento, impedendo quindi la corretta applicazione dei protocolli adottati in odontoiatria per il soggetto normo-funzionale. Dipende poi naturalmente dalle condizioni sistemiche generali del soggetto, dal danno d’organo attuale e dalla terapia farmacologica in atto. Non esiste un paziente in attesa di trapianto, esistono pazienti in attesa di trapianto di midollo, fegato, reni, polmoni, cuore, ognuno con le proprie esigenze e le proprie aspettative. L’eventuale tipologia di trattamento odontostomatologico da effettuare dovrebbe essere naturalmente discussa con il paziente ma anche con il curante, valutando collegialmente le tempistiche del trattamento, la necessità eventuale di profilassi antibiotica, le precauzioni da adottare per un possibile eccessivo sanguinamento, e l’appropriata posologia di una eventuale terapia farmacologica specifica. Ogni paziente in attesa di trapianto deve essere sottoposto a una visita odontostomatologica completa, con valutazione anche di carattere radiografico (OPT, ERSE). Ogni dente sicuramente non recuperabile dovrebbe essere estratto almeno 20 giorni prima della data programmata per il ricovero; ritrattamenti endodontici possono essere effettuati se si ritiene di poter seguire il paziente per un tempo ragionevole nel valutare la guarigione dei tessuti apicali; trattamenti chirurgici parodontali e implantari devono essere sospesi; la terapia parodontale non chirurgica è d’obbligo. Concettualmente il paziente deve arrivare al giorno del trapianto con una condizione dento-parodontale sana, anche se il concetto a volte lascia parecchi dubbi e lacune sulle giuste modalità di intervento. Pensiamo che le linee guida americane riportano quanto segue: “Per i pazienti in attesa di trapianto si consiglia l’estrazione di denti con prognosi sfavorevole o prognosi incerta, denti con compromissione parodontale con tasche più profonde di 5-6 mm, denti con coinvolgimento della forcazione o lesioni endoperiodontali, denti con lesioni periapicali e denti con canale radicolare che appaiono tecnicamente difficili o con prognosi incerta e denti con carie molto profonde o estese sotto il bordo osseo gengivale”. Spesso la decisione di quale dente salvare spetta al clinico di grado più esperto e purtroppo non esistono chiare evidenze di cosa concettualmente andrebbe realmente eliminato e cosa salvato. Sicuramente, e direi forse purtroppo, la tendenza alla “mutilazione” è la terapia preferenziale, mettendo naturalmente sul piatto della bilancia quelli che sono reali rischi e benefici. Da tempo auspico la formazione di linee guida che possano aiutare maggiormente il clinico per decisioni così delicate in pazienti con problematiche sistemiche diffuse.
Le cure conservative e protesiche se non urgenti sono da procrastinare.
I farmaci assunti in questa specifica fase presentano effetti collaterali e interazioni con altri farmaci prescritti durante le terapie odontostomatologiche. Quali aspetti bisogna considerare nell’ottica di una corretta e sicura gestione del paziente?
Dipende dalla tipologia di trapianto, e quindi dal danno d’organo oggettivabile. In generale, pazienti che si preparano ad affrontare un trapianto ematopoietico o un trapianto d’organo sono in terapia pluri-farmacologica, che può includere anche decine di differenti medicazioni, di cui possiamo annoverare alcune fra le più comuni: anticoagulanti, antipertensivi di varia natura, ipoglicemizzanti, chemioterapici di varia natura, immunomodulatori, ecc. Quindi risulta fondamentale, in sede di prima visita, effettuare una puntualissima anamnesi farmacologica riportando medicazioni assunte di recente ma anche nel passato del paziente, considerando attentamente eventuali controindicazioni alle comuni manovre odontoiatriche.
Fortunatamente, dal punto di vista di prescrizione farmacologica negli ambulatori odontoiatrici, l’amoxicillina (per un paziente che non riferisce allergia ai beta-lattamici) e il paracetamolo possono essere usati in sicurezza nella quasi totalità dei pazienti (ad esempio in un caso di cirrosi grave o di insufficienza renale cronica, o in un paziente immunodepresso).
Nel post trapianto, invece, qual è l’iter da seguire? E quali valutazioni è indispensabile operare prima di attuare le cure odontoiatriche?
Sicuramente i 6 mesi dopo il trapianto sono i più critici e consiglio quindi di effettuare solo terapia di urgenze strettamente necessarie. Nei primi 3 mesi dal trapianto consiglio di effettuare valutazioni di natura odontostomatologica solo in ambiente ospedaliero controllato. È necessario conoscere esattamente a quali procedure il paziente è stato sottoposto e principalmente quale regime farmacologico sta seguendo, con particolare attenzione alla terapia immunosoppressiva specifica. Dopo i primi 6 mesi, è possibile iniziare in sicurezza i trattamenti che erano stati precedentemente procrastinati (conservativa, protesi, endodonzia ed eventualmente implantologia). È opportuno ricordare che una protratta terapia immunosoppressiva può aumentare il rischio di sviluppo di neoplasie secondarie, anche frequenti, a livello dei tessuti del cavo orale; valutazioni prettamente stomatologiche sono quindi fondamentali ogni 6 mesi, così come richiami attenti per mantenere una ottimale igiene gengivale. L’evidenza che possa supportare l’uso della profilassi antibiotica per paziente sottoposti a trapianto d’organo prima di procedure odontoiatriche a rischio è estremamente limitata. È stato infatti riportato che la batteriemia che potrebbe insorgere dopo procedure dentali invasive rappresenta un rischio significativo in un soggetto immuno-compromesso, consiglio dunque di contattare il curante e di valutare ogni singolo caso.
La terapia immunosoppressiva quali problematiche orali può provocare?
Per immunodepressione si intende lo stato di un paziente che si trovi ad avere ridotte difese immunitarie per cause diverse, per esempio in corso di infezioni anergizzanti, malattie croniche o trattamenti chemioterapici antitumorali. Il sistema immunitario è preposto alla salvaguardia e tutela di un organismo vivente. Anche stati di alterazione indotti da varie cause non prettamente legate alla condizione patologica di base, come abuso di droghe, esposizione ad ambienti nocivi, carenze alimentari o addirittura stati di sofferenza estremi, possono compromettere l’efficacia di tale sistema indebolendolo e generando lo stato immunodepresso. Uno stato immunodepresso espone il soggetto al pericolo di contrarre varie malattie che se non prontamente curate possono condurre alla morte. Similmente, l’immunosoppressione è un trattamento medico-farmacologico che prevede l’assunzione da parte del paziente di farmaci, detti immunosoppressori, capaci di inibire la risposta del sistema immunitario ad antigeni non-self (cioè antigeni estranei all’organismo). L’immunosoppressione richiede una terapia individualizzata, basata su molteplici fattori di ordine clinico, biochimico e farmacologico, in quanto non è senza rischi e deve essere monitorata attentamente. I farmaci più frequentemente prescritti in medicina dei trapianti sono: tacrolimus, everolimus, micofenolato sodico, micofenolato mofetile, ciclosporina, azatioprina, steroidi. Quasi tutti sono in grado di provocare problematiche direttamente o indirettamente collegate al cavo orale. Non esistono esami ematochimici direttamente in grado di descrivere lo stato di immunodepressione dell’individuo e che possano essere d’aiuto specifico nella pratica odontostomatologica. Sicuramente un emocromo con formula e una tipizzazione linfocitaria possono darci utili informazioni; fra tutti la conta e la percentuale dei neutrofili sono tra i parametri di cui l’odontoiatra dovrebbe maggiormente tenere conto. Una maggiore suscettibilità alle infezioni aumenta quando la conta dei neutrofili scende sotto le 1.000 cellule/μL ed è questo il cut-off che deve indurre all’impiego di misure di profilassi antibiotica per manovre cruente intra orali.
Tra le più frequenti patologie odontostomatologiche che possiamo riscontrare in un paziente post trapianto si annoverano: sovrainfezioni microbiche (principalmente candidosiche e virali), problematiche di marcata iposcialia, aumenti di volume gengivali farmaco-indotti, ulcerazioni orali diffuse, disestesia e disgeusia, stomatiti e mucositi, o malattia acuta da rigetto.
La malattia acuta da rigetto (Graft Versus Host Disease - GVHD) si manifesta dopo un trapianto di cellule staminali emopoietiche allogeniche e rappresenta la reazione delle cellule immuni del donatore contro i tessuti dell’ospite; le cellule attivate T del donatore danneggiano le cellule epiteliali dell’ospite in seguito a una cascata infiammatoria che ha inizio con il regime preparatorio. Sono coinvolti principalmente tre organi: la cute (eruzione cutanea/dermatite), il fegato (epatite/ittero), l’apparato gastrointestinale (dolori addominali/diarrea); il cavo orale è spesso interessato con un quadro simil lichenoide. Anche in questo caso naturalmente non esistono problematiche comuni, ma ogni paziente svilupperà reazioni orali specifiche a seconda della tipologia di trattamento effettuata e a seconda del regime terapeutico in atto nei mesi post-trapianto.