Un’interessante analisi di restauri cervicali di lesioni di 5° classe non causate da carie, utilizzando tecnica total etch (o etch-and-rinse), tecnica self-etch (o etch-and-dry) e un adesivo multi-componente tutti della stessa azienda produttrice.
L’adesione è uno degli argomenti cardine quando si parla di odontoiatria restaurativa. Un’adesione efficace alla superficie del dente è requisito imprescindibile per il successo della ricostruzione cavitaria con resine composite (discorso applicabile alla conservativa diretta ma anche a quella indiretta). Negli ultimi anni, si è assistito all’avvento di nuovi materiali e, di conseguenza, nuove tecniche di utilizzo, motivo per cui è bene fare chiarezza sulle migliori metodiche e su quale possa essere il gold standard. Ciò non è però facile, poiché le caratteristiche della dentina sono variabili e il substrato a cui ci si approccia non è omogeneo, parlando di adesione smalto-dentinale.
Definiamo quindi l’adesione come l’insieme di quei processi fisico-chimici che consentono di unire due superfici di natura diversa tra loro, con due fasi principali che sono la mordenzantura (etching) e l’applicazione di primer e adesivo (bonding).
L’obiettivo dell’adesione è: garantire la ritenzione e la stabilità del restauro, contrastare e assorbire gli stress da contrazione, garantire l’adattamento marginale e l’assenza di fessure e microinfiltrazioni, sigillare ermeticamente il complesso pulpo-dentinale, ridurre la sensibilità postoperatoria e, infine, rinforzare la struttura dentale residua.
Lo studio in esame, condotto da Lawson e pubblicato su Journal of Dentistry, ha comparato lo stesso adesivo universale, utilizzandolo nelle due tecniche: la tecnica total etch (o etch-and-rinse), che prevede la mordenzatura totale e simultanea di smalto e dentina con un acido forte e può avvenire in 2 o 3 step (a seconda di un’applicazione simultanea o meno di primer e bonding), la tecnica self-etch (o etch-and-dry), che è basata sull’impiego di monomeri acidi che non necessitano di essere risciacquati e che mordenzano la dentina, con simultanea applicazione del primer e l’utilizzo di un adesivo multi-componente (un sistema adesivo dentale completo a doppia polimerizzazione).
I pazienti analizzati sono un totale di 37, tutti affetti da una lesione cervicale non cariosa, di oltre 1.5 mm di profondità. Effettuato l’isolamento con diga e preparato brevemente il margine cervicale, sono stati sottoposti ad adesione con le diverse metodiche (total-etch universale, self-etch universale o multi-purpose), quindi ricostruiti con resine composite.
I restauri sono valutati dopo 6, 12 e 24 mesi, analizzando l’adattamento marginale, la discromia marginale, la presenza di carie secondarie e la sensibilità (utilizzando i Modified USPHS Criteria).
Si è utilizzata un’equazione per fare una stima generalizzata, al fine di valutare gli effetti del tempo e dei materiali adesivi sui risultati dopo 24 mesi. Il metodo Kaplan-Meier è stato utilizzato per paragonare la ritenzione fra i materiali adesivi: si tratta di uno stimatore, noto anche come stimatore del prodotto limite, della funzione di sopravvivenza di dati relativi alla durata di vita.
È stato riscontrato come l’adesivo self-etch e il multi-componente determinino un rischio di produrre risultati meno soddisfacenti, in termini di performance (soprattutto discromia marginale), che è triplo rispetto al total-etch universale. La percentuale di ritenzione a 24 mesi è dell’87.6% per l’adesivo multi-componente, del 94.9% per il self-etch universale e del 100% per il total-etch.
Questi risultati hanno portato gli autori a concludere che un adesivo universale performi al pari un adesivo multi-componente in modalità self-etch e meglio di esso in modalità total-etch.
Resta assodato che tutte e tre le modalità cliniche, a seguito di valutazione biennale hanno una performance clinica accettabile: il prodotto universale ha, come detto, assicurato i risultati migliori.