Compositi one-shade: come funzionano e quali indicazioni e limiti possiedono i nuovi materiali che promettono di rivoluzionare l’odontoiatria conservativa offrendo semplicità di utilizzo e risultati altamente estetici.
La selezione della tonalità dentale è un processo piuttosto impegnativo nella pratica clinica quotidiana, fortemente influenzato dallo spessore e dalle proprietà (opacità e traslucenza) di smalto e dentina, molto diversi tra loro. Il fisiologico processo di invecchiamento, i cambiamenti nella composizione minerale e vari fattori intrinseci ed estrinseci complicano ulteriormente le cose. Il fallimento estetico di un restauro dovuto alla mancata corrispondenza con il colore del dente può richiederne la sostituzione, con costi e tempi di lavoro aggiuntivi oltre a possibile frustrazione tanto del paziente quanto dell’operatore. Nel corso degli anni, sono stati quindi compiuti grandi sforzi per comprendere le complesse interazioni della luce sia con la struttura del dente che con il materiale da restauro allo scopo di:
• ridurre le sfide legate alla soggettività della selezione della tonalità e alla percezione umana del colore;
• superare i limiti delle tonalità di resina composita attualmente disponibili.
Nanotecnologia e mimetismo: l’evoluzione dei compositi dentali
Che i compositi rappresentino la scelta di riferimento per i restauri diretti è cosa ampiamente risaputa.
L’efficacia delle tecniche adesive (che permettono preparazioni meno invasive), l’improvement da un punto di vista biomeccanico e fisico e il progressivo miglioramento dell’integrazione estetica hanno contribuito in modo determinante alla loro affermazione clinica, fermo restando il rispetto di protocolli ben precisi e una accurata selezione della tonalità.
Il metodo più comunemente utilizzato per valutare il colore è sicuramente quello visivo, che può essere coadiuvato ma non sostituito dal metodo strumentale. I denti umani sono infatti piccoli e curvi: una parte considerevole della luce che ne colpisce la superficie viene persa portando a letture del colore scadenti.
Questo rappresenta uno dei principali svantaggi di apparecchiature come gli spettrofotometri dentali.
Per quanto soggettivo, il giudizio visivo sulla corrispondenza o meno del colore resta quindi il fattore decisivo nell’accettazione complessiva da parte del paziente. La sapiente stratificazione con compositi di diversa traslucenza e opacità, che simulassero le proprietà ottiche di smalto e dentina, è stata a lungo considerata il gold standard per
riprodurre l’estetica dei denti naturali ma anche per ottenere il controllo della contrazione volumetrica.
La continua ricerca di protocolli restaurativi sempre più efficienti ha, tuttavia, portato allo sviluppo di compositi one-shade (monomassa e monocromatici) in grado di adattarsi cromaticamente a qualsiasi tonalità del dente senza la necessità di stratificare diverse masse.
Ma come è possibile?
Il modo in cui un restauro si “adatta” al colore del dente non è lo stesso per tutti i compositi. La maggior parte dei produttori sfrutta il cosiddetto effetto camaleonte o effetto di miscelazione, in cui il composito è sufficientemente traslucente da lasciarsi attraversare dalla luce che viene così riflessa dalle pareti della cavità conferendo al restauro il colore della struttura dentale adiacente.
Questo fenomeno è reso possibile dalla dimensione, dalla forma e dalla distribuzione dei riempitivi nanoibridi, cioè particelle solide immerse in una matrice polimerica che, essendo più piccole delle lunghezze d’onda della luce visibile, non la diffrangono né la rifrangono ma le consentono di passare attraverso il materiale, quindi di rifrangersi su smalto e dentina delle pareti cavitarie. Il risultato finale è che il composito assorbe le onde luminose riflesse dal dente circostante, ne assume il colore e lo proietta garantendo un buon mimetismo del restauro. A partire dal 2019, sono state introdotte in commercio resine composite monocromatiche che, sfruttando la colorazione strutturale prodotta dall’interazione della luce con la microstruttura del materiale piuttosto che la colorazione chimica prodotta dai pigmenti in esso inseriti, si stanno affermando come una promettente opzione per semplificare il processo di selezione e abbinamento delle tonalità.
I tre parametri che definiscono il colore del dente
Tinta
D (rosa-grigio).
Croma
Valore
Interazione tra luce e materiale per un miglior adattamento cromatico
Dopo i “vecchi” compositi basati sul colore chimico, prodotto cioè dai coloranti e dai pigmenti in esso aggiunti, la nuova frontiera è quella della Smart Chromatic Technology, in grado di sfruttare il colore strutturale come meccanismo cromatico principale.
Nelle resine composite one-shade, sono gli stessi riempitivi (nanoparticelle sferiche e di dimensioni ben precise, spesso realizzate in zirconio o silice) che, riflettendo selettivamente determinate lunghezze d’onda della luce, generano un colore dal rosso al giallo identico ai costituenti del colore di un dente naturale (Anwar RS, 2024).
Questo colore strutturale si fonde con la luce riflessa (per effetto camaleonte) dalla struttura dentale residua in un processo di miscelazione additivo in grado di massimizza il mimetismo del restauro, cui contribuirebbe, tra l’altro, anche l’aumento di traslucenza cui il materiale va incontro subito dopo la sua polimerizzazione.
In letteratura, per descrivere e quantificare l’interazione tra le componenti fisiche e percettive dello “spostamento” di colore si considera il potenziale di regolazione del colore (CAP), che può essere valutato sia strumentalmente (CAP-I) che visivamente (CAP-V) (Trifkovic et al., 2018; Pereira Sanchez et al., 2019).
Diversi studi dimostrano come il CAP delle resine composite sia influenzato da molti fattori, tra cui il tipo e la tonalità del materiale stesso, il colore dello sfondo, la profondità del restauro, ecc. (Tanaka et al., 2015; Akgül et al., 2022; El-Rashidy et al., 2022; Yamashita et al., 2023). Ebbene, studi più recenti riportano un miglioramento del CAP (Altınışık H, 2023), che sembrerebbe raggiungere valori prossimi al 100% di accettabilità per tonalità più chiare e meno cromatiche come A1, A2 e A3 (Ruiz-López J, 2024), nei i nuovi compositi one-shade. Anche dal punto di vista biomeccanico, pare che proprietà e stress da contrazione di questi materiali risultino simili ai compositi tradizionali (Oliveira H, 2024; Alharbi G, 2024).
Indicazioni, vantaggi e limiti
La (iniziale) formulazione di queste resine completamente priva di pigmento funziona molto bene in cavità non troppo grandi e in presenza di una struttura dentale residua sufficiente in grado di consentire la trasmissione cromatica.
Per capirci, è ideale per cavità “contenitive” nei settori posteriori. In cavità più grandi o in assenza di struttura dentale sottostante (come spesso accade nei restauri anteriori) l’integrazione estetica risulta, tuttavia, limitata da una eccessiva trasparenza del restauro, che risulta grigio e poco luminoso.
Per sopperire a questa problematica, di recente sono state sviluppate nuove formulazioni di resine composite monomassa che, grazie all’introduzione di una lieve quota di pigmenti, hanno la capacità di filtrare il passaggio della luce e la conseguente possibilità di essere impiegate anche nei settori frontali con stratificazione monocromatica.
Con sole 3-5 tonalità è quindi oggi possibile estendere il campo di applicazione praticamente a tutte le classi di restauro.
Vantaggi
• Versatilità (possono essere utilizzati per restauri sia nei settori anteriori che posteriori).
• Facilità d’uso e rapida curva di apprendimento anche per odontoiatri meno esperti.
• Minor dipendenza da un processo soggettivo di selezione delle tonalità.
• Riduzione dei tempi alla poltrona.
• Minor rischio di deperimento e quindi di spreco dei materiali, ottimizzazione delle scorte.
• Risparmio di denaro.
Indicazioni cliniche
• Restauri di classe I, II, V per le formulazioni prive di pigmento.
• Restauri di classe I, II, III, IV e V per le formulazioni con pigmento.
• Chiusura di diastemi.
• Ricostruzioni di elementi dentari fratturati.
Limitazioni e precauzioni
(Essenzialmente relative alle resine one-shade prive di pigmento)
• Discromie marcate o restauri molto estesi: potrebbe essere necessario integrare l’utilizzo di compositi tradizionali. In presenza di dentina molto scura, sclerotica o discromica (come nel caso della sostituzione d’amalgama) è consigliabile applicare un sottile strato di materiale opaco (es. un composito opaco fluido). In caso di restauri molto profondi, soprattutto nei settori anteriori, la maggior traslucenza e la colorazione strutturale, con conseguente riflessione della luce anche a lunghezze d’onda maggiori (Yamashita A, 2023) potrebbe compromettere il mimetismo rendendo il restauro grigiastro.
• Cavità molto profonde in cui la diffusione e la penetrazione della luce sono limitate
• Tonalità scure: la capacità di adattamento del colore sembrerebbe essere significativamente migliore nei denti con una tonalità più chiara (es. A1, A2, B2) rispetto a quelli con tonalità più scura (es. A3.5) (Khayat WF, 2024)
• Stabilità del colore: alcuni studi in vitro suggeriscono una maggior suscettibilità delle nuove resine one-shade alla decolorazione causata da bevande come vino, caffè e tè nero (Rohym S, 2023; Ersöz B, 2022; Chen S, 2024); al contrario, alcuni studi clinici, riportano una stabilità del colore paragonabile a quella delle resine multi-shade (Anwar RS, 2024; Zulekha, 2022; Leal CFC, 2024).
1. Akgül S, Gündoğdu C, Bala O. Effects of storage time and restoration depth on instrumental color adjustment potential of universal resin composites. J Oral Sci. 2022;64(1):49-52. doi:10.2334/josnusd.21-0290.
2. Alharbi G, Al Nahedh HN, Al-Saud LM, Shono N, Maawadh A. Flexural strength and degree of conversion ¬ of universal single shade resin-based composites. Heliyon. 2024;10(11). doi:10.1016/j.heliyon.2024.e32557.
3. Altınışık H, Özyurt E. Instrumental and visual evaluation of the color adjustment potential of different single-shade resin composites to human teeth of various shades. Clin Oral Investig. 2023;27(2):889-896. doi:10.1007/s00784-022-04737-x.
4. Anwar RS, Hussein YF, Riad M. Optical behavior and marginal discoloration of a single shade resin composite with a chameleon effect: A randomized controlled clinical trial. BDJ Open. 2024;10:11. doi:10.1038/s41405-024-00184-w.
5. Chen S, Zhu J, Yu M, Jin C, Huang C. Effect of aging and bleaching on the color stability and surface roughness of a recently introduced single-shade composite resin. J Dent. 2024;143:104917. doi:10.1016/j.jdent.2024.104917.
6. El-Rashidy AA, Abdelraouf RM, Habib NA. Effect of two artificial aging protocols on color and gloss of single-shade versus multi-shade resin composites. BMC Oral Health. 2022;22:321. doi:10.1186/s12903-022-02351-7.
7. Ersöz B, Karaoğlanoğlu S, Oktay EA, Aydin N. Resistance of Single-shade Composites to Discoloration. Oper Dent. 2022;47:686-692. doi:10.2341/21-156-L.
8. Khayat WF. In Vitro Comparison of Optical Properties Between Single-Shade and Conventional Composite Resin Restorations. Cureus. 2024;16(4). doi:10.7759/cureus.57664.
9. Leal CFC, Miranda SB, Alves Neto EL, et al. Color Stability of Single-Shade Resin Composites in Direct Restorations: A Systematic Review and Meta-Analysis of Randomized Controlled Trials. Polymers (Basel). 2024;16(15):2172. doi:10.3390/polym16152172.
10. Oliveira H, Ribeiro M, Oliveira G, et al. Mechanical and Optical Characterization of Single-shade Resin Composites Used in Posterior Teeth. Oper Dent. 2024;49(2):210-221. doi:10.2341/22-112-L.
11. Pereira Sanchez N, Powers JM, Paravina RD. Instrumental and visual evaluation of the color adjustment potential of resin composites. J Esthet Restor Dent. 2019;31(5):465-470. doi:10.1111/jerd.12488.
12. Rohym S, Tawfeek HEM, Kamh R. Effect of coffee on color stability and surface roughness of newly introduced single shade resin composite materials. BMC Oral Health. 2023;23:236. doi:10.1186/s12903-023-02942-y.
13. Ruiz-López J, Mariano da Rocha BGP, Zemolin NAM, et al. Visual evaluation of the color adjustment of single-shade and group shade resin composites in restorations with different cavity configurations. J Dent. 2024;149:105262. doi:10.1016/j.jdent.2024.105262.
14. Tanaka A, Nakajima M, Seki N, Foxton RM, Tagami J. The effect of tooth age on colour adjustment potential of resin composite restorations. J Dent. 2015;43(3):253-260. doi:10.1016/j.jdent.2014.09.007.
15. Trifkovic B, Powers JM, Paravina RD. Color adjustment potential of resin composites. Clin Oral Investig. 2018;22(3):1601-1607. doi:10.1007/s00784-017-2260-6.
16. Yamashita A, Kobayashi S, Furusawa K, et al. Does the thickness of universal-shade composites affect the ability to reflect the color of background dentin? Dent Mater J. 2023;42(2):255-265. doi:10.4012/dmj.2022-197.
17. Zulekha VC, Uloopi KS, RojaRamya KS, Penmatsa C, Ramesh MV. Clinical performance of one shade universal composite resin and nanohybrid composite resin as full coronal esthetic restorations in primary maxillary incisors: A randomized controlled trial. J Indian Soc Pedod Prev Dent. 2022;40(2):159-164. doi:10.4103/jisppd.jisppd_151_22.
I compositi one-shade rappresentano una vera e propria rivoluzione nell’ambito dell’odontoiatria conservativa.
Grazie alla loro semplicità d’uso, all’estetica naturale e alla versatilità, questi materiali si sono affermati come una scelta ideale per numerosi restauri diretti.
La semplificazione dei protocolli rende le terapie ripetibili, praticabili e velocizzate con un vantaggio importante per il clinico e il paziente