La scelta del colore è una fase fondamentale in tutti i campi dell’odontoiatria restaurativa: il caso forse più emblematico nel quale, in tal senso, la pianificazione può fare la differenza tra il successo e l’insuccesso è la ricostruzione di elementi in regione estetica con frattura coronale.
La definizione più conosciuta del colore, introdotta in odontoiatria da Clark negli anni ’30, deriva dalla teoria del pittore statunitense – paesaggista e ritrattista – Albert H. Munsell.
Munsell voleva facilitare la comunicabilità di un colore e, per questo, decise di scorporarlo in tre dimensioni:
tinta: è il colore di base del dente, corrispondente alla lunghezza d’onda riflessa dal corpo di dentina; la scala VITA ne distingue quattro, ciascuno identificato con una lettera: A (rosso-marrone), B (arancione-giallo), C (grigio-verde), D (rosa-grigio).
croma: corrisponde al grado di saturazione del colore.
valore: è la misura della luminosità, ossia della quantità di luce catturata dal dente. È lo strato dello smalto a veicolare la luce all’interno della corona; l’elemento “luce”, quindi, ha una rilevanza quasi caravaggesca, almeno pari a quella del colore in sé, nella resa estetica del dente e richiede un’accorta gestione in fase clinica.
Altri Autori, nel corso degli anni, hanno apportato modifiche alla teoria di Munsell; alcuni di essi, ritenendola insufficiente alle richieste estetiche contemporanee, ne hanno coniate di proprie.
Una delle metodiche di scelta maggiormente conosciute a livello italiano e internazionale è quella coniata dal dott. Lorenzo Vanini, che al colore affianca lo studio delle caratteristiche anatomiche peculiari del singolo dente. I colori, definiti “accordi cromatici” sono presenti in diversa misura in ognuna delle 5 dimensioni proprie di ogni elemento dentario:
– cromaticità
– valore
– intensivi
– opalescenti
– caratterizzazioni.
Il professionista, poi, avrà il non facile compito di tradurre le caratteristiche studiate nel restauro: dovrà ovviamente avvalersi di un’adeguata strumentazione e, soprattutto, di diverse resine composite, tutte altamente performanti, da stratificare.
Un’altra sfida complessa è la presa del colore nella protesi fissa in zona estetica. In questi casi l’odontoiatra non potrà limitarsi allo studio del caso in base alla propria esperienza clinica, ma dovrà anche ascoltare quelle che sono le richieste del paziente. Anche lo svolgimento pratico presenta la complicazione della necessità di interfacciarsi con un altro soggetto: la comunicazione con il ceramista è fondamentale e può essere facilitata con l’ausilio di mezzi visivi (fotografie, video). Sia l’odontoiatra sia il tecnico dovranno tenere contro anche del tipo di preparazione, dato che come detto, il colore è anche espressione quantitativa della struttura dentaria.