Il dente trattato endodonticamente va incontro a una degenerazione delle caratteristiche biomeccaniche che lo espone a più elevato un rischio di fratture – con una correlazione positiva per la localizzazione sottogengivale – e dunque di perdita, rispetto all’elemento vitale. Il processo non riguarda i tessuti dentari solo intrinsecamente (disidratazione e perdita di collagene, perdita in senso assoluto di massa nativa) ma dipende anche da fattori estrinseci, come la riduzione del compenso propriocettivo e anche dall’azione chimica di sostanze impiegate in endodonzia.
Partendo da queste premesse, Zarow e colleghi hanno introdotto una classificazione indicativa dell’aspetto prognostico e, pertanto, utile al clinico nella definizione del piano ricostruttivo dell’elemento trattato endodonticamente.
Classe 0: è possibile sfruttare lo spazio camerale per aumentare la superficie di adesione nell’allestimento del core build‐up. Si evita, così, l’inserimento di un perno, non necessariamente a fronte di una perdita minimale di tessuto dentale: una condizione di questo tipo interessa più comunemente elementi dei settori posteriori.
Classe 1: è raccomandata l’aggiunta di un perno in fibra in presenza di un estesa perdita di struttura – eccedente il 50%, il che equivale al residuare di 2 pareti al massimo – a carico di un elemento anteriore o di un premolare. I premolari, rispetto ai molari, hanno camere pulpari piccole, che non offrono pertanto superfici di adesione ampie e si trovano maggiormente esposti a forze laterali e rischio fratturativo.
Classe 2: l’inserimento di un perno non è in grado di compensare la perdita della ferula. Prima di procedere alla ricostruzione è dunque necessario mettere in atto un allungamento di corona clinica: a livello estetico si tratterà comunemente di un’estrusione ortodontica, in area posteriore di una chirurgia parodontale.
Classe 3: il perno fuso rappresenta una soluzione cara ai professionisti di lungo corso, oggi però indicata con minima struttura residua in assenza di effetto ferula. Esso è in grado di sopportare carichi compressivi maggiori rispetto a una ricostruzione con perno in fibra ma, nel contempo, va incontro a complicanze fratturali più gravi e spesso non trattabili. Al contrario, il fallimento di una ricostruzione adesiva è più facilmente legato a second caries.
Classe 4: a differenza delle condizioni precedenti, questo quadro è contemplato solo nel caso di una complicanza occorsa a un elemento già precedentemente trattato. Laddove il ritrattamento (ortogrado o retrogrado) e/o qualunque delle soluzioni precedentemente elencate fossero giudicate non predicibili, l’unica soluzione consisterà nell’estrarre l’elemento.
Tale classificazione potrebbe essere giudicata troppo scolastica. Dal punto di vista clinico, tuttavia, se ne ricavano indicazioni interessanti riguardanti l’importanza dell’effetto ferula e l’effettiva necessità di ricorso al perno in fibra (perdita di tessuto superiore al 50%) e/o ad altri trattamenti preliminari alla ricostruzione coronale.
Riferimenti bibliografici