Amelogenesi imperfetta e difetti nella formazione di smalto e dentina

Il termine “amelogenesi imperfetta” definisce un complesso sindromico comprendente una serie di condizioni cliniche, che possono essere riunite sia per ciò che riguarda l’eziopatogenesi sia per quanto concerne le manifestazioni cliniche. Si tratta infatti di un quadro a base genetica, potenzialmente ereditario, che si esprime nello sviluppo aberrante di derivati ectodermici, segnatamente dello smalto. Questo può apparire ipoplasico, ipomineralizzato, immaturo in generale; la patologia è annoverata anche tra le possibili cause di discromia pre-eruttiva. È comprensibile pertanto come la diagnosi precoce costituisca una delle misure principali di management clinico.

Classificazione dell’amelogenesi imperfetta

La prima classificazione della condizione risale 1946 e si distingue tra le condizioni di ipoplasia e ipomineralizzazioni. È stata successivamente aggiornata a più riprese: Wiktop a fine anni ’80 arrivò a stabilire un totale di 4 classi principali, ulteriormente divise in sottocategorie.

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tipo I: forme ipoplastiche. 6 sottocategorie su base clinica e di trasmissione genetica

tipo II: ipomaturazione

tipo III: ipocalcificazione, distinta su base genetica

tipo IV: ipoplasia e ipomaturazione associate a taudontismo.

Il tipo I raccoglie tutta la casistica il cui lo smalto si presenta con un accentuato grado di ruvidità, con l’aggiunta della condizione di agenesia dello stesso smalto, a trasmissione autosomica recessiva (IG). Rispetto al tipo I, che conserva una più intensa radiopacità ma diverso spessore, lo smalto tipo II risulta solitamente più difficile da distinguere radiograficamente dalla dentina.

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Accanto all’amelogenesi imperfetta, è stata riconosciuta una sindrome del tutto analoga, che prevede tuttavia un difetto nella maturazione di derivati mesenchimali, che nel dente sono rappresentati dalla dentina. Si parla pertanto di dentinogenesi imperfetta come di una condizione non infrequente, che prevede un non completo differenziamento degli odontoblasti. La descrizione della patologia risalente al 1973 fornisce anche una forma di classificazione (tipo I, II e III). Il tipo I costituisce sicuramente la forma più comune. Le corone risultano traslucenti e anche lo strato di smalto appare assottigliato e tende ad usurarsi più rapidamente, lasciando più facilmente scoperta proprio la dentina. Sono tendenzialmente coinvolte anche le radici (più corte) e gli spazi pulpari. La condizione interessa sia la dentizione decidua che quella permanente, ma è solitamente la prima ad essere maggiormente colpita.

Una volta accertata la diagnosi, si imposterà un piano di trattamento. Da un lato, abbiamo una serie di condizioni che possono predisporre a lesioni da usura o carie. Dall’altra parte, si consideri che le forme cliniche non sono tutte ugualmente gravi, tanto che in alcuni casi è l’aspetto estetico quello che maggiormente interessa al paziente. Un ultimo aspetto fondamentale è il fatto che la condizione interessi per definizione pazienti molto giovani, ragione per la quale, negli ultimi anni, accanto alle tecniche restaurative più indaginose vengono considerate anche metodiche minimamente invasive, che assicurino un risultato accettabile e permettano di reintervenire facilmente in un secondo momento, se necessario.

Amelogenesi imperfetta e difetti nella formazione di smalto e dentina - Ultima modifica: 2017-02-28T07:33:33+00:00 da redazione

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