La Commissione Albo Odontoiatri (CAO) nazionale della Federazione degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO), ha proposto di contemplare, nella programmazione, anche i dentisti che si laureeranno all’estero, sottraendo dal fabbisogno a sei anni la media dei laureati all’estero nell’ultimo lustro.
«I laureati all’estero sono il frutto del fenomeno, abbastanza recente ma ormai usuale, della “migrazione” di studenti che decidono di frequentare all’estero la facoltà di Odontoiatria» spiega il Presidente Cao, Raffaele Iandolo. «Un contingente non trascurabile di nuovi odontoiatri che sfugge alla programmazione italiana dei fabbisogni, più attenta forse a “saturare” l’offerta formativa, in continua espansione, che a formare professionisti in quantità adeguata a rispondere alle necessità dei cittadini. Con conseguente spreco di risorse pubbliche.»
«Il numero di accessi ai 36 corsi di laurea italiani in Odontoiatria è calcolato in base al fabbisogno previsto a sei anni dall’immatricolazione: tanto dura, infatti, il percorso di studi» precisa Iandolo. «Il fabbisogno, però, non tiene conto, se non in misura marginale, della pletora di Odontoiatri che, tra sei anni, conseguiranno la laurea all’estero, ma torneranno a iscriversi in Italia. Con difficoltà per tutti a trovare un impiego adeguato e con prospettive di sottoccupazione se non inoccupazione.»
Mentre il riconoscimento di titoli conseguiti presso università di paesi extraeuropei è piuttosto complesso, per quanto riguarda le lauree ottenute in paesi che fanno parte dell’Unione Europea il tutto avviene «ai sensi della Direttiva comunitaria 2005/36, e viene sancito dalla Conferenza dei Servizi (composta dal MIUR, dal Ministero della Salute e dalla FNOMCeO), che controlla che i titoli siano conformi. Nella pratica, un sanitario che desidera gli venga riconosciuto il titolo deve inviare il titolo stesso tradotto in italiano – da un perito giurato o dall’Ambasciata – al Ministero della Salute. Se ha già esercitato nel paese estero deve allegare anche un certificato di Good Standing. Occorre anche dimostrare (ma se si tratta di un nostro connazionale il problema non si pone) di saper parlare l’italiano: la verifica spetta all’Ordine che può adempiere tramite colloquio oppure prove attitudinali”.
«Quello di iscriversi in università di altri paesi europei, un po’ per aggirare i test di accesso, un po’ perché l’offerta formativa privata è più ampia rispetto all’Italia, un po’ per fare un’esperienza all’estero, è un trend in crescita, arginato sembra, per questi due anni, dalla pandemia, ma che sicuramente riprenderà a salire» conclude Iandolo. «Esistono persino degli accordi con università italiane che permettono di seguire, in sedi distaccate in Albania, attualmente paese extra UE, corsi di università italiane. Qualsiasi ne sia la ragione, non possiamo non tener conto di questo fenomeno ai fini di una programmazione corretta ed efficace.»