Minimally invasive way in maxillary sinus lift through crestal approach
Vengono presentati due casi di edentulismo del mascellare superiore trattati con una tecnica minimamente invasiva elaborata per ottenere un rialzo controllato del pavimento del seno mascellare e minimizzare il discomfort post-operatorio del paziente. La procedura mostra indipendenza dalle capacità dell’operatore, facilità di esecuzione e scarsi effetti avversi.
Andrea Enrico Borgonovo*
Tatiana Vitaliano**
Rachele Censi***
Albino Bianchi****
Dino Re*****
*Professore aggiunto, LUdes Foundation University of Malta,
Professore a contratto, Università degli Studi di Milano
** Reparto di Chirurgia Orale, UO Odontoiatria,
IRCCS Fondazione Policlinico Ospedale Maggiore Ca’ Granda
*** Reparto di Parodontologia III, ISI, Milano
**** Reparto di Riabilitazione Orale, ISI, Università degli Studi di Milano
*****Professore aggregato, Direttore del Reparto
di Riabilitazione Orale, ISI, Università degli Studi di Milano
Riassunto
Lo scopo del nostro lavoro è di presentare due casi clinici trattati con una tecnica chirurgica che permetta di eseguire un rialzo di seno mascellare in modo minimamente traumatico e invasivo per il paziente, con una relativa facilità esecutiva per l’operatore e che minimizzi l’insorgenza di effetti avversi.
Metodi. Due casi di edentulismo del mascellare superiore diatorico sono stati trattati mediante la tecnica SinCrest® (Meta, Reggio Emilia, Italia) con contestuale inserimento di impianti osteointegrati. Il successo dell’intervento viene verificato con un controllo radiografico a distanza di 6 mesi.
Risultati. La sequenza di frese della tecnica utilizzata permette un approccio graduale e un avvicinamento progressivo al pavimento del seno mascellare, mantenendo il corretto asse per il posizionamento degli impianti. Gli stop disponibili in varie lunghezze garantiscono di lavorare alla lunghezza di lavoro prefissata evitando il sovrafresaggio e l’osteotomo ad avvitamento elimina la necessità di applicare forze percussive e vibratorie tipiche del classico osteotomo. La sonda incorporata al dispositivo permette un monitoraggio costante delle resistenze residue e permette un sollevamento delicato della membrana di Schneider. L’intervento di rialzo di seno così gestito presenta minori effetti avversi e complicanze rispetto alla metodica di Summers e mostra minore discomfort per il paziente sia nella fase intraoperatoria che postoperatoria.
Conclusioni. SinCrest®(Meta, Reggio Emilia, Italia) può essere considerata una buona alternativa tra le tecniche per il rialzo di seno mascellare minimamente invasive con approccio crestale, mostrando indipendenza dalle capacità dell’operatore, facilità di esecuzione e scarsi effetti avversi.
Summary
The aim of this work is to present two clinical cases treated with a surgical procedure which allows a maxillary sinus lift in a minimally traumatic and invasive way, easy to use by the surgeon and with few adverse effects.
Methods. Two cases of posterior upper maxillary edentulism were treated with SinCrest® technique (Meta, Reggio Emilia, Italy) with implant placement during the same surgery. The success of the procedure was checked with an intraoral X-Ray 6 months after the operation.
Results. The drills sequence suggested by the described procedure allows a gradual and progressive approach to the maxillary sinus floor, maintaining the correct axis for implant placement. The stops, avaible in different heights, ensure to work at the right working lenght and avoid overdrilling. The screwing osteotome does not need vibratory or percussive forces, typical of classical osteotomes. The built-in probe allows a constant monitoring of residual strenght and a soft lifting of the Schneiderian mucose. A sinus lift procedure like this shows less adverse effects and complictions than Summers technique and less discomfort for the patient, both during and after the surgery.
Conclusions. SinCrest® (Meta, Reggio Emilia, Italy) could be considered a very good alternative among minimally invasive sinus lift procedure with crestal approach, and shows to be indipendent by clinician’s skills, easy to execute and with few adverse effects.
La riabilitazione protesica di una edentulia singola o multipla della regione diatorica del mascellare superiore mediante pilastri implantari osteointegrati è resa in alcuni casi problematica da un volume osseo inadeguato.
Le soluzioni terapeutiche utilizzate laddove l’altezza residua del processo alveolare superiore non consenta il posizionamento degli impianti prevedono, a seconda delle indicazioni cliniche individuali, una riabilitazione mediante protesi removibili o mediante protesi fisse tradizionali dente-supportate, l’inserimento di impianti corti (di altezza inferiore ai 10 mm) o di pilastri implantari in regione pre e post sinusale 1, 2, 3. Già a partire dagli anni ‘80 Boyne e James hanno iniziato a documentare casi di atrofia del processo alveolare trattati mediante aumento chirurgico dell’altezza ossea a disposizione. La loro tecnica prevedeva un accesso laterale alla mucosa schneideriana, il suo sollevamento e il riempimento dello spazio creato dal suo rialzo mediante biomateriale per rigenerazione ossea.
Questa soluzione terapeutica è stata nel corso degli anni molto utilizzata e ripresa, per essere poi modificata da Tatum nel 1986. La revisione mirava a una minore invasività dell’intervento, che prevedeva la sostituzione dell’approccio laterale con un accesso crestale al seno mascellare. La stessa idea è stata poi ripresa da Summers nel 1994 con l’utilizzo degli osteotomi nelle tecniche OSFE (Osteotome Sinus Floor Elevation) e BAOSFE (Bone Addicted Osteotome Sinus Floor Elevation), a seconda che si utilizzasse come innesto l’osso del sito di preparazione (OSFE) o materiale da innesto aggiuntivo (BAOSFE) 4, 5.
Notando la frequente comparsa di effetti avversi come vertigini e mal di testa conseguenti all’intervento di elevazione del seno mascellare mediante la tecnica di Summers, la notevole variabilità del successo dell’intervento a seconda delle abilità e dell’esperienza dell’operatore e la difficoltà del controllo delle forze durante il rialzo del pavimento del seno utilizzando gli osteotomi, numerosi autori hanno lavorato alla ricerca di un tipo di procedura che raggiungesse lo stesso risultato diminuendo il traumatismo dell’intervento 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12.
Lo scopo del nostro studio è quello di presentare una tecnica minimamente invasiva elaborata per ottenere un rialzo controllato del pavimento del seno mascellare e minimizzare il discomfort post-operatorio del paziente (SinCrest® Meta, Reggio Emilia, Italia). Questa procedura prevede un avvicinamento lento e progressivo alla corticale del seno mascellare, un continuo monitoraggio delle forze di resistenza residue e una spinta sulla corticale e sulla membrana di Schneider estremamente delicata, abbattendo le probabilità di lacerazione della mucosa.
Materiali e metodi
I due pazienti di cui esponiamo i casi hanno espresso il loro consenso scritto per il rialzo di seno mascellare mediante la tecnica presentata.
Caso 1
Il paziente BD, maschio di 54 anni, si presenta alla nostra attenzione clinica presso l’IRCCS Fondazione Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, Università di Milano, Italia. Egli riferisce un’anamnesi negativa, non dichiara allergie né terapie farmacologiche in atto e non fuma. Il paziente evidenzia una edentulia posteriore nel mascellare superiore sinistro dovuto alla mancanza degli elementi 2.6 e 2.7. Una radiografia endorale della regione interessata mostra un’altezza ossea insufficiente al posizionamento di due pilastri implantari di lunghezza standard (≥10) (Figure 1, 2). Si richiede una TC Cone Beam, che evidenzia un’altezza residua di 5 mm in regione 2.6 e di 2 mm in regione 2.7 (Figura 3).
Il paziente firma il consenso informato per l’intervento di rialzo di seno mascellare per via crestale mediante procedura atraumatica (SinCrest® Meta, Reggio Emilia, Italia) con concomitante inserimento di due impianti osteointegrati.
Si disinfetta il cavo orale con uno sciacquo con clorexidina 0,2% di durata 2 minuti, e si esegue l’anestesia plessica della regione interessata con articaina 40 mg/ml + adrenalina 1:200000.
Si effettua un’incisione lungo la cresta alveolare intrasulculare all’elemento 2.5 e con rilascio distale, e si solleva il lembo a tutto spessore. Come da linee guida dettate dall’azienda fabbricante si effettua il foro di accesso mediante la fresa pilota (Locator Drill) a lunghezza di lavoro fissa di 3,5 mm allo scopo di perforare la corticale ossea (Figura 4).
Si preparano i due siti implantari fino a una profondità di 1 mm minore rispetto all’altezza ossea disponibile evidenziata nella TC ConeBeam mediante l’utilizzo della fresa Probe Drill (Ø1,2 mm) lavorante solo in punta e necessaria al solo approfondimento del sito. La garanzia di lavorare alla profondità corretta evitando scivolamenti apicali viene data dall’inserimento degli stop nelle frese (è indicato scegliere lo stop con il numero inferiore di 1 ai mm di osso disponibile).
L’imbocco del sito implantare viene successivamente allargato con la fresa preparatrice di spalla (Guide Drill diametro Ø3 mm). Ciò permette un alloggiamento preciso della fresa finale (SinCrest® Drill Ø3 mm) che utilizzata con l’apposito stop prepara l’esatto posizionamento per l’osteotomo ad avvitamento (SinCrest®Osteotome). (Figura 5).
Il progressivo avvicinamento alla membrana di Schneider viene effettuato tramite l’avvitamento manuale dell’osteotomo dedicato fino alla comparsa di una striscia bianca sul manico. Ciò indica il raggiungimento della corticale del pavimento del seno mascellare.
Un avvitamento di mezzo giro in senso antiorario e poi orario associato a una lieve pressione provocherà una frattura controllata del pavimento del seno mascellare.
Premendo lo stantuffo del dispositivo la striscia bianca scompare testimoniando il sollevamento della membrana di Schneider.
Nello spazio creato dal rialzo della membrana si inserisce quindi del biomateriale (GeistlichBio-OSS Granules® 0,25-1 mm /0,25 g, GeistlichPharma AG, Wolhusen, Switzerland) e si posizionano due impianti Bluesky® (Bredent, Senden, Germany) di Ø4mm x 10 mm in regione 2.6 e Ø4,5mm per 10 mm in regione 2.7. Si avvitano le cover screw e si sutura con punti staccati in nylon 4/0. Una RX endorale a 6 mesi di distanza dall’intervento mostra un corretto sollevamento del seno mascellare (Figura 6).
A 2 anni dalla protesizzazione degli impianti una rx endorale mostra una buona osteointegrazione e un volume osseo ottimale (Figura 7).
Caso 2
Il paziente AC, maschio di 45 anni, si presenta alla nostra attenzione clinica presso l’IRCCS Fondazione Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, Università di Milano, Italia. Il paziente non mostra altri disturbi odontostomatologici e non è fumatore. Dichiara un’anamnesi negativa e nega allergie e terapie farmacologiche in atto. AC mostra un’area edentula intercalata per perdita degli elementi premolari 1.4 e 1.5 (Figura 8). Una radiografia endorale della regione edentula evidenzia un importante riassorbimento del processo alveolare e la vicinanza della cresta ossea con il pavimento del seno mascellare.
Si richiede al paziente una TC ConeBeam, da cui risulta un’altezza residua di 4 mm nel sito più distale e di 7 mm nella regione più mesiale (Figura 9).
In accordo con il paziente si sceglie di eseguire un intervento di rialzo di seno mascellare mediante tecnica minimamente invasiva con contestuale posizionamento di due impianti. Dopo aver disinfettato e anestetizzato la regione d’interesse, viene eseguita un’incisione crestale da 2.2 a 2.6 con preservazione di papilla e scollato il lembo a tutto spessore.
In seguito all’utilizzo della sequenza di frese prevista dalla tecnica in questione con stop correttamente inseriti, si raggiunge il pavimento nel seno mascellare in maniera atraumatica e mantenendo il corretto asse per l’inserimento degli impianti (Figura 10).
L’osteotomo ad avvitamento provoca una frattura controllata del pavimento del seno mascellare, monitorando le forze residue attraverso la sonda integrata (Figura 11). Una volta raggiunta la membrana di Schneider, si procede a scollarla delicatamente dalla corticale sinusale mediante appositi scollatori sinusali (EndoSINUS Probe® e EndoSINUS Elevator® Omnia, Fidenza, Italia), che permettono di mantenere un buon controllo e un basso rischio di lacerazione (Figura 12). Si inserisce nello spazio creato dall’elevazione della mucosa del materiale da innesto osseo (GeistlichBioOss® Granules 0,25-1mm/0,25 g) al fine di aumentare il volume disponibile per l’inserimento degli impianti compattandolo delicatamente con una lieve pressione apicale (Figura 13). Vengono infine inseriti due impianti Blue Sky®Ø4 mm x 10 mm, si avvitano le cover screw e il lembo viene suturato con punti staccati in nylon 4/0 (Figura 14).
Dopo 15 giorni dall’intervento, alla rimozione dei punti di sutura, si cementa sull’elemento 1.6 la precedente corona protesica con cantilever su 1.5 come provvisorio (Figura 15). La radiografia di controllo a 1 anno dall’intervento con due corone provvisorie avvitate mostra un incremento soddisfacente di osso e una buona osteointegrazione degli impianti (Figura 16).
Risultati
La tecnica utilizzata prevede un approccio crestale al seno mascellare attraverso un avvicinamento graduale alla membrana di Schneider mediante frese a punta piatta e dotate di stop misurato capace di evitare il sovrafresaggio e minimizzare il rischio di lacerazione della mucosa. La sequenza delle frese è studiata in modo da mantenere il corretto asse per il posizionamento impiantare e garantire un preciso alloggiamento dell’osteotomo ad avvitamento che evita le forze percussive e vibratorie tipiche dei classici osteotomi e diminuisce il discomfort postoperatorio che ne consegue. La presenza di due siti adiacenti per il sollevamento del pavimento del seno mascellare consente un notevole incremento di volume, dovuto alla grande elasticità della membrana ottenibile attraverso lo scollamento di un’area di mucosa con base più larga.
Discussione
Le basi concettuali per l’aumento chirurgico del volume osseo disponibile per la protesizzazione mediante pilastri implantari nel mascellare superiore sono rimaste invariate a partire dagli studi di James e Boyne del 1980. Si tratta, oggi come allora, di aprire un accesso al seno mascellare mediante una botola ossea dall’interno dalla mucosa del cavo orale, raggiungere la membrana di Schneider, sollevarla e riempire lo spazio creato dalla separazione tra la membrana e la corticale interna del seno con materiale da innesto osseo. Le complicanze correlate a questo genere di intervento possono essere intra o postoperatorie. Per intraoperatorie si intendono problematiche quali la lacerazione della mucosa di Schneider, lussazioni delle botole ossee nel seno o stiramento della mucosa endosinusale a causa, ad esempio, della presenza di setti sinusali, emorragie a carico dell’arteria alveolo-antrale, o il danneggiamento del nervo infraorbitale. Tra le complicanze post operatorie possiamo annoverare la deiscenza dei tessuti molli, la creazione di una comunicazione oro antrale, l’ostruzione dell’ostio antro-meatale, infezioni post-operatorie, congestione sinusale, ematomi, migrazione dell’impianto nel seno mascellare ed emoseno 13, 14, 15, 16.
Allo scopo di minimizzare l’insorgere di problematiche, sia intra che post operatorie, è opportuno indagare l’anatomia individuale mediante analisi volumetriche (TC ConeBeam): talvolta in base ai risultati di questi esami può essere necessario modificare il progetto iniziale di accesso al seno. La tecnica di rialzo di seno è stata ripresa e modificata da numerosi autori miranti a diminuire le complicanze e ridurne l’invasività e il discomfort post-operatori.
- Rialzo di seno mascellare con accesso laterale: la procedura chirurgica più antica per l’aumento dell’altezza del processo alveolare superiore fu descritta da Tatum nel 1977 e prevedeva un’apertura laterale del seno mascellare attraverso la mucosa orale. Questa tecnica ancora oggi molto utilizzata permette un inserimento di una grande quantità di materiale da innesto osseo e un’ottima visibilità del campo operatorio, a prezzo però di una notevole invasività e un post-operatorio impegnativo per il paziente. In questa tecnica la prognosi dipende molto dall’esperienza e dall’abilità del chirurgo e il rischio di lacerazione della Schneideriana rimane molto elevato 17, 18, 19.
- Rialzo di seno mascellare per via crestale: il primo a descrivere questo tipo di approccio fu Tatum nel 1986. Numerosi studi testimoniano una minore invasività di questo accesso rispetto al precedente20, 21.
La grande svolta nell’evoluzione di questo genere di chirurgia è stata data da Summers nel 1994. La sua tecnica prevede l’inserimento nella cresta alveolare edentula di una serie di osteotomi a diametro crescente e punta concava e il sollevamento della corticale del seno mascellare mediante forze percussive applicate in senso apicale agli osteotomi inseriti nel tunnel di accesso. Gli osteotomi provocano una frattura del pavimento del seno senza toccare la membrana di Schneider. Saranno le forze di compattazione applicate sul materiale da innesto a sollevare in senso apicale e laterale la membrana endosinusale. L’approccio crestale richiede un lembo di dimensioni molto minori rispetto al lembo necessario per l’approccio laterale, e quindi necessita di tempi di guarigione più rapidi, diminuendo il discomfort post-operatorio. Al fine di garantire una buona stabilità primaria dell’impianto, Summers ha inserito tra i requisiti necessari per eseguire il rialzo mediante la sua procedura un’altezza ossea residua minima di 6 mm. (4)
La tecnica di Summers, essendo molto meno invasiva del rialzo per accesso laterale, consente una visibilità ridotta e la possibilità di inserire una quantità minore di materiale da innesto osseo. Inoltre l’utilizzo degli osteotomi sembra essere frequentemente responsabile di mal di testa e vertigini, probabilmente imputabili al distaccamento degli otoliti dalla loro posizione fisiologica 22, 23, 24, 25.
A partire dal 2000 sono state proposte metodiche chirurgiche alternative atte a evitare effetti avversi tipici dell’utilizzo del martello chirurgico e limitare il più possibile la lacerazione della membrana.
Tra gli autori che si sono proposti di moderare l’aggressività dell’avvicinamento chirurgico alla corticale interna del mascellare superiore menzioniamo Cosci, che ha descritto un rialzo eseguito utilizzando frese con stop misurati a incrementi successivi di 1 mm per volta per un graduale avvicinamento al pavimento sinusale. Idea di Cosci era anche quella di sfruttare l’osso raccolto durante la preparazione per il successivo innesto nel seno mascellare, ma è possibile inserire anche biomateriali o sfruttare direttamente la punta dell’impianto come sostegno della membrana. Questa procedura consente l’inserimento contestuale di pilastri implantari con un’altezza residua ossea di almeno 3 mm 26. Esposito si è occupato di confrontare i tempi chirurgici, la morbosità intra e post operatoria e il discomfort al paziente tra la metodica Summers e Cosci, evidenziando come la procedura di Cosci avesse valori minori in tutti i punti considerati 27. Chen e Cha hanno proposto un approccio crestale al seno mediante un avvicinamento con fresa diamantata a pallina allo scopo di diminuire le possibilità di lacerazione della mucosa. Essi documentano il 99% di successo con la loro procedura e scarsi effetti avversi 28.
Tra le tecniche di approccio atraumatiche citiamo anche l’utilizzo degli stop misurati in base all’altezza residua per evitare il sovrafresaggio accidentale 29.
Per quanto riguarda le alternative per lo scollamento e il sollevamento della membrana di Schneider dal pavimento del seno mascellare ricordiamo l’utilizzo di microcurette con punta arrotondata e lievemente tagliente, utilizzabili sia per l’approccio laterale che crestale. Esse offrono scarsa capacità di sollevamento della membrana e poca possibilità di movimento nell’accesso chirurgico e devono perciò essere coadiuvate dall’utilizzo di un’altra tecnica di scollamento come i riempitivi ossei, usati come strumento di spinta della membrana durante la compattazione degli stessi. Essi sono generalmente in grado di trasferire alla membrana una spinta uniforme e omogenea, che però varia a seconda dell’elasticità individuale della mucosa. Sono stati documentati casi in cui il materiale da innesto ha provocato micro lacerazioni della Schneideriana. L’uso della soluzione salina come scollatore della membrana risolve il problema delle micro lacerazioni e non crea danni nel caso in cui delle gocce si inserissero accidentalmente nella cavità mascellare. La forza che si genera sulla membrana è solitamente uniforme e ben distribuita.
È stata proposta anche la tecnica del palloncino, che richiede un kit con tubo e soluzione fisiologica. Dopo aver creato l’accesso alla membrana di Schneider, si inserisce nel tunnel chirurgico il palloncino che viene gonfiato mediante l’insufflazione di fisiologica. La pressione della fisiologica nel palloncino provoca uno scollamento della membrana dalla corticale con successiva creazione di spazio che sarà poi riempito da materiale da innesto 29, 30, 31.
La tecnica da noi descritta, caratterizzata dall’osteotomo ad avvitamento (SinCrest® Meta, Reggio Emilia, Italia), sfruttando un set di frese con la punta piatta accessoriate con stop misurati, esegue un avvicinamento graduale alla membrana di Schneider, permettendo di operare in sicurezza e tranquillità, con rischi estremamente contenuti. La particolarità dell’osteotomo avvitato e non percosso con il martello chirurgico elimina l’insorgere dei più comuni effetti avversi imputabili al classico osteotomo. Nel caso di riabilitazioni implantari di siti adiacenti, è stato possibile eseguire rialzi della membrana molto maggiori, sfruttando le proprietà elastiche della mucosa scollata su una base più ampia. La tecnica risulta essere di facile esecuzione per l’operatore, permette un costante monitoraggio delle forze grazie alla sonda interna e il mantenimento del corretto asse per il posizionamento implantare. Le piccole dimensioni del lembo chirurgico favoriscono rapidi tempi di guarigione.
Conclusioni
In conclusione, la tecnica minimamente invasiva SinCrest® rappresenta ad oggi una valida scelta tra le procedure atraumatiche per il rialzo di seno mascellare per via crestale poiché è di semplice utilizzo per il chirurgo, non è operatore-dipendente, è poco invasiva in quanto richiede un lembo di piccole dimensioni, mostra un post-operatorio piuttosto confortevole ed elimina l’insorgere di effetti avversi tipici dell’utilizzo degli osteotomi. Nonostante siano presenti solo pochi lavori in letteratura a proposito di questa specifica procedura, possiamo testimoniare dalla nostra esperienza che questa tecnica consente di ottenere ottimi risultati, abbassando i rischi di complicanze o effetti secondari tipici del rialzo di seno mascellare.
Corrispondenza
andyebor@gmail.com
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