Nell’ambito della pratica odontoiatrica routinaria, l’apicectomia è una tecnica chirurgica relativamente comune. Come si evince dal termine, essa consiste nell’accedere alla regione apicale di una radice dentaria e resecarla. Ovviamente, una scelta terapeutica di questo tipo deve rispondere a precise richieste cliniche e patologiche e, al fine di risolverle pienamente, attenersi a rigidi protocolli operativi.
In linea generale, la metodica è storicamente utilizzata per ovviare a una problematica endodontica non rispondente a terapia ortograda e che manifesta una forma di reazione apicale, sulla base della teoria dell’infezione focale, secondo cui qualunque forma clinica o radiografica di sofferenza apicale sia sintomo di un’infezione a livello osseo.
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Oggigiorno, lo scopo è cambiato: è necessario rimuovere la causa della reazione infiammatoria, oltre che la sua manifestazione. L’apicectomia oggi applicata, perciò, si continua con l’otturazione retrograda del canale: diversi autori, non a caso, preferiscono definirla “endodonzia chirurgica” (o “chirurgia endodontica”).
È possibile inquadrare come indicazioni specifiche – posto che nessuna scelta terapeutica possa prescindere dall’accurata valutazione del singolo caso clinico – le seguenti problematiche:
- lesione apicale non risolta: il delta apicale è una zona estremamente complessa sul piano anatomico: non sempre si potrà ottenere un sigillo adeguato, anche a fronte di una terapia canalare apparentemente adeguata. Basti pensare che, secondo quanto rilevato da Kim (2001), il 98% delle ramificazioni e il 93% dei canali accessori tendono a concentrarsi nei 3 mm apicali. Questo lavoro suggerisce perciò un preciso orientamento alla chirurgia
- calcificazioni: nel caso in cui venga stimolata per un lungo periodo di tempo la deposizione di dentina secondaria, il lume canalare può andare incontro a stenosi parziale o totale; in alcuni casi, l’ostruzione è da imputare alla presenza di calcificazioni propriamente dette
- curvatura radicolare: è chiaro che non si tratta di una regola e non esiste divieto assoluto al trattamento, che in questi casi è particolarmente operatore dipendente. Esistono però casi in cui la regione apicale non risulta nemmeno sondabile
- perforazioni canalari del terzo apicale: possono essere iatrogene (le comuni “false strade” oppure lesioni che esitano da pregressa apicificazione) o derivare da riassorbimento radicolare esterno
- frattura radicolare: si parla ovviamente di fratture orizzontali; nel caso in cui l’apice venga dislocato, potrà essere necessario accedere al sito per recuperarlo
- restauro protesico: un esempio classico è costituito dalle corone tipo Richmond; oltre alla difficoltà tecnica della rimozione, è necessario valutare quale sia la portata del danno economico a cui il paziente va incontro
- presenza di strumenti endodontici fratturati in apice: anche in questo caso, nel momento in cui il corpo estraneo non risulti rimovibile per via ortograda.
[…] andrà posta alle strutture potenzialmente danneggiabili, quando si prevede di dover eseguire un’apicectomia a corredo del trattamento […]