Analisi al microprofilometro ottico di quattro metodiche di rifinitura del gradino cervicale di II classe

Scopo del lavoro. Lo scopo di questo studio è valutare 4 sistemi di finitura per il margine cervicale delle cavità di II classe: l’ipotesi nulla è che non vi siano differenze nel grado di rugosità fra i sistemi impiegati. 

Materiali e metodi. 80 cavità di II classe eseguite in modo standardizzato sono state suddivise in quattro gruppi, a seconda della metodica di finitura del gradino cervicale impiegata. Gruppo A: fresa in carburo di tungsteno (Dentsply Midwest n. 957); Gruppo B: tagliasmalto dritto con taglio a 45° (Deppeler); Gruppo C: fresa diamantata (Dentsply Midwest n. 10839); Gruppo D: punta sonica con inserti diamantati (Sonicsys mesial SF34). I campioni sono stati analizzati tramite profilometro ottico secondo i parametri di rugosità di superficie (Ra) e “waviness” (Wa). I risultati sono stati analizzati (Minitab) secondo il test parametrico ANOVA General Linear Model, il Main Effects Plot per Ra e Wa. Infine, è stato applicato un Interaction Plot ai parametri sopramenzionati. 

Pubblicità

Risultati. I valori medi di Ra (rugosità) sono stati rispettivamente: A: 0,87 μm; B: 0,76 μm; C: 0,81 μm; D: 0,93 μm. Riguardo la Wa (waviness), i valori medi sono stati: A: 6,43 μm; B: 5,79 μm; C: 6,99 μm; D: 8,02 μm. 

Conclusioni. Il sistema di finitura che permette di ottenere superfici più lisce sembra essere lo scalpello. Tra gli strumenti meccanici, le frese multilama hanno ottenuto i risultati migliori. Gli strumenti sonici hanno prodotto valori di rugosità compresi tra quelli prodotti dai due tipi di frese. Le frese diamantate sono sembrate essere le meno appropriate per questo tipo di finitura superficiale.

Parole chiave: finitura marginale, cavità II classe, microprofilometro ottico, gradino cervicale, fresa multilama, fresa diamantata, tagliasmalto, inserti sonici.

 

I restauri adesivi in resina composita sono un sistema economico e longevo per la riabilitazione di elementi dentari affetti da patologia cariosa1-3. La buona riuscita della ricostruzione e la sua predicibile durata nel tempo sono legati a numerosi fattori dipendenti dalle varie fasi della procedura adesiva. Tra questi, un aspetto spesso trascurato è rappresentato dalla finitura del margine del restauro: è stato infatti dimostrato come una superficie dentale il più liscia e levigata possibile favorisca l’adesione del materiale composito all’elemento, annullando o riducendo al minimo i rischi di formazione di gap tra restauro e parete della cavità4. Un buon grado di adesione, infatti, si ottiene quando l’adesivo liquido entra in intimo contatto con la superficie dell’aderendo5. A questo scopo, l’adesivo deve essere in grado di formare un sottile film che bagni la superficie dello smalto e della dentina: una superficie ben rifinita favorisce la diffusione dell’adesivo e quindi la corretta formazione del film6. Dal punto di vista clinico, l’adesione ottimale della resina composita alla superficie cavitaria porta a una drastica diminuzione del rischio di carie secondaria per infiltrazione del restauro, di relativa sintomatologia da parte del paziente e, in definitiva, del fallimento del restauro5.

Tab.1

La rifinitura del pavimento cavitario, se da un lato è sempre auspicabile in ogni preparazione7, si rende assolutamente necessaria nel caso di cavità di II classe e, in particolare, nella preparazione del gradino cervicale8,9. Le difficoltà operative relative a questa porzione della cavità sono legate all’accesso alla lesione, alle dimensioni talvolta ridotte della cavità (ricordiamo che scopo dei restauri adesivi è la preservazione di quanto più tessuto dentale sano possibile)8 e alla localizzazione spesso molto cervicale della lesione: la stretta vicinanza alla papilla gengivale, infatti, rende l’otturazione più soggetta a infiltrazioni e fallimenti10,11. Scopo della ricerca è la valutazione, mediante profilometro ottico, di diversi sistemi di rifinitura per il gradino cervicale delle cavità di II classe, al fine di determinare quale permetta di ottenere la superficie più liscia e, quindi, più favorevole a una buona e duratura adesione. I parametri presi in considerazione sono stati la rugosità di superficie e la “waviness”, cioè l’ondulazione. La prima determina il grado di finitura di una superficie a livello microscopico: indica, quindi, quanto una superficie sia lucida. La waviness, invece, valuta la variazione in senso verticale della superficie considerandola a livello macroscopico, ovvero analizza la planarità della stessa. L’ipotesi nulla era che non vi fossero differenze statisticamente significative (a = 0.05) per Ra e Wa fra le metodiche di rifinitura testate.

MATERIALI E METODI

La fase sperimentale della ricerca è stata indirizzata verso uno studio “in vitro” di elementi dentari estratti, opportunamente preparati. Assolutamente non possibile, quindi, la sperimentazione su paziente, data la necessità di operare lavorazioni che non avrebbero consentito il mantenimento degli elementi in sede. Il nostro lavoro si è composto di più fasi successive: selezione degli elementi; inclusione del sistema radicolare di ciascun elemento in un blocchetto di resina; decuspidazione degli elementi; allestimento dei box cervicali; rifinitura dei margini cervicali; analisi al microprofilometro ottico.

Selezione degli elementi dentari

Sono stati selezionati 20 molari estratti. Nel criterio di scelta sono stati inclusi unicamente elementi con corona intatta e vitali, estratti solo per cause parodontali o di disodontiasi (ad esempio, terzi molari).

Tab.2

Inclusione in resina

Dopo l’estrazione, ogni elemento è stato ripulito da eventuali detriti per mezzo di curette parodontali e conservato in soluzione fisiologica a temperatura ambiente. Il sistema radicolare di ogni elemento è stato poi incluso in un blocchetto di resina metacrilica, in modo da lasciar esposta solo la parte coronale del dente, sino all’altezza del colletto. Ogni blocchetto è stato, infine, rettificato per ottenerne una forma pressoché cubica, con la base parallela alla superficie occlusale dell’elemento e ogni lato in corrispondenza alle superfici vestibolare, mesiale, linguale e distale del dente in questione.

Decuspidazione degli elementi

Tramite l’utilizzo di un disco diamantato gli elementi sono stati decuspidati all’altezza del solco principale, in modo da ottenere una superficie occlusale perfettamente liscia e parallela al piano d’appoggio (figura 1). Per questa fase è stato utilizzato un disco di rame diamantato del diametro di 13 cm, per uno spessore di taglio di 3 µm, montato su uno strumento per il sezionamento di precisione, Buehler IsoMet1000 (Lake Bluff, USA) (figura 2). La velocità di rotazione del disco durante il taglio è stata di 600 giri/minuto, con una pressione esercitata sull’elemento di 300 g.

1. Visione laterale dell’elemento de cuspidato.
1. Visione laterale dell’elemento de cuspidato.
2. Buheler Isomet 1000.
2. Buheler Isomet 1000.

Allestimento dei box cervicali 

Su ogni elemento sono state preparate da un singolo operatore esperto, dotato di mezzi ingrandenti (Occhiali 5x, Zeiss), 4 cavità di dimensioni prestabilite (L: 3 mm, P: 2 mm, H: 2 mm), una su ciascun lato dell’elemento, in modo da simulare il gradino cervicale nelle cavità di II classe (figure 3 e 4). Per eliminare la variabile operatore, i box sono stati eseguiti con l’ausilio di un parallelometro. Per la preparazione di cavità è stata utilizzata una fresa diamantata cilindrica (Dentsply Midwest n. 471495, York, USA) del diametro di 1,1 mm e granulometria 80 µm. La velocità di rotazione raccomandata per questo strumento diamantato viene calcolata in considerazione del diametro ISO e corrisponde al range compreso fra 150.000 e 75.000 giri/min. La pressione operativa consigliata dalla ditta produttrice in considerazione della granulometria si colloca tra i 0,2 N (20 g) e i 2,0 N (200 g) assistita da un’irrigazione di spray d’acqua non inferiore ai 50 ml/min. La fresa è stata montata su un manipolo contrangolo anello rosso con rapporto 1:5 (T1 line C 200,3328 452, Sirona, Long Island City, USA) associato al micromotore specifico (EL 1, Sirona, Long Island City, USA).

3. Visione occlusale 4 box cervicali.
3. Visione occlusale 4 box cervicali.
4. Visione laterale box cervicale.
4. Visione laterale box cervicale.

Rifinitura dei margini cervicali

La fase di rifinitura ha poi riguardato il cosiddetto “gradino cervicale”, ovvero la base della cavità, preparata a 90°. Ogni margine di ciascuna cavità di ogni elemento è stato rifinito con una tecnica differente, in modo da ottenere 4 preparazioni diverse per ogni elemento dentale. Sono stati quindi ottenuti 20 margini rifiniti per ciascun metodo di finitura.

Tab.3

Tecnica A
Fresa multilama al carburo di tungsteno per rifinitura (Dentsply Midwest n. 957, York, USA) (figure 5 e 6), lavorante esclusivamente in punta.

• Diametro: 1 mm.
• Lunghezza: 3.7 mm.
• Numero di lame: 16.
• 20000 giri/min.

Manipolo contrangolo anello rosso (T1 line C 200,3328 452 Sirona, Long Island City, USA) associato al micromotore specifico (EL 1, Sirona, Long Island City, USA).

5
5
6 5 e 6. Fresa multilama al carburo di tungsteno “end-cutting”.
6
5 e 6. Fresa multilama al carburo di tungsteno “end-cutting”.

Tecnica B
Tagliasmalto manuale (Deppeler SA, Rolle, Svizzera) (figure 7 e 8).

• Lama dritta, taglio a 45°.
• Larghezza lama: 1.5 mm circa.

7. Visione frontale tagliasmalto manuale.
7. Visione frontale tagliasmalto manuale.
8. Visione laterale tagliasmalto manuale.
8. Visione laterale tagliasmalto manuale.

Tecnica C
Fresa diamantata da rifinitura (Dentsply Midwest n. 10839, York, USA) (figure 9 e 10). Strumento lavorante esclusivamente in punta.

• Diametro: 1 mm.
• Lunghezza parte lavorante: 0.1 mm.
• Granulometria: 60 µm.

Manipolo contrangolo anello rosso (T1 line C 200,3328 452 Sirona, Long Island City, USA), associato al micromotore specifico (EL 1, Sirona, Long Island City, USA).

9
9
10 9 e 10. Fresa diamantata “end-cutting”.
10
9 e 10. Fresa diamantata “end-cutting”.

Tecnica D
Punta sonica con inserti diamantati (Sonicsys mesiale SF34, Kavo, Biberach, Germany) (figure 11 e 12).

• Granulometria:74 D 46 secondo le norme DIN 848.
• Manipolo sonico Sonicflex 2003L (Kavo, Biberach, Germany).

11
11
12 11 e 12. Punta sonica  con inserti diamantati.
12
11 e 12. Punta sonica con inserti diamantati.

Analisi al microprofilometro ottico

I campioni sono stati analizzati al profilometro ottico (FRT Microprof, FRT GmbH, Bergisch Gladbach, Germany) per identificare il grado di rugosità e quindi di finitura della superficie in esame. L’FRT-Microprof (figura13) è un sistema di metrologia che si basa sul principio della misurazione cromatica a distanza. Una luce bianca è focalizzata sulla superficie da una testina misurante dotata di lunghezza focale fortemente dipendente dalla lunghezza d’onda. Lo spettro della luce che analizza la superficie genera un picco sul grafico dello spettrometro. La lunghezza d’onda di questo picco indica l’effettiva altezza del punto di superficie che si sta analizzando; unendo i diversi grafici si ottiene un’immagine dell’andamento della superficie analizzata e quindi della sua rugosità.

Analisi statistica

L’analisi statistica è stata eseguita mediante il Software Statistico Minitab. È stato applicato il test parametrico ANOVA General Linear Model, dopodiché è stato effettuato il Main Effects Plot per rugosità (Ra) e ondulazione (Wa) rispetto al sistema e al campione. Da ultimo, è stato applicato un Interaction Plot ai parametri sopra citati.

13. Microprofilometro ottico FRT Microprof.
13. Microprofilometro ottico FRT Microprof.
14. Immagine 3D della superficie analizzata.
14. Immagine 3D della superficie analizzata.

RISULTATI

Gli istogrammi seguenti rappresentano le medie di rugosità (Ra) e waviness (Wa) ottenute tramite i diversi sistemi di rifinitura. Si può notare come le differenze tra i vari strumenti utilizzati siano statisticamente non significative, sia per quanto riguarda la rugosità superficiale, sia per quanto concerne la waviness. In effetti, questo rispecchia le impressioni avute durante la lavorazione: clinicamente è impossibile distinguere le superfici trattate con i diversi sistemi di rifinitura. Ciò che differenzia i vari metodi è piuttosto il feeling riscontrato dall’operatore, inteso come maggiore facilità d’utilizzo e miglior controllo operativo. In questo senso, sono quindi giustificati i migliori risultati ottenuti dallo strumento manuale (tagliasmalto), ben evidenti soprattutto andando ad analizzare l’ondulazione (la waviness) della superficie trattata, indice proprio della manovrabilità dello strumento stesso.

Grafico 1. Media della rugosità superficiale misurata per i vari sistemi di rifinitura.
Grafico 1. Media della rugosità superficiale misurata per i vari sistemi di rifinitura.
Grafico 2. Media della waviness ottenuta attraverso i vari sistemi di rifinitura.
Grafico 2. Media della waviness ottenuta attraverso i vari sistemi di rifinitura.

Andando poi a confrontare i soli sistemi rotanti, i diversi risultati ottenuti per le due frese si spiegano con la differente capacità di taglio delle stesse. Mentre, infatti, la fresa diamantata abrade la superficie rendendola più rugosa, quella multilama esercita un’azione di taglio netto della superficie rendendola più liscia e rifinita. Discorso valido principalmente per quanto riguarda la rugosità superficiale; meno evidenti invece le differenze per la waviness: in questo campo, infatti, i due strumenti si comportano in modo quasi sovrapponibile essendo, in effetti, molto simili: entrambe sono frese taglianti esclusivamente in punta, hanno lo stesso diametro e sono montate sullo stesso manipolo.

Grafico 3. Confronto dei valori medi di rugosità superficiale ottenuti per mezzo degli strumenti rotanti.
Grafico 3. Confronto dei valori medi di rugosità superficiale ottenuti per mezzo degli strumenti rotanti.
Grafico 4. Confronto dei valori medi di waviness ottenuti per mezzo degli strumenti rotanti.
Grafico 4. Confronto dei valori medi di waviness ottenuti per mezzo degli strumenti rotanti.

DISCUSSIONE

In base ai dati da noi ottenuti e dall’analisi statistica a essi applicata, emerge come il sistema di rifinitura che permette di ottenere le superfici più lisce sia il tagliasmalto manuale. Dal momento che non esistono in letteratura degli studi realizzati con profilometro o altri sistemi di indagine che permettano la rilevazione numerica degli stessi parametri (rugosità e waviness), questo dato è originale, privo di raffronto e rappresenta quindi un aspetto che merita di essere approfondito in studi futuri. Tra gli strumenti meccanici, invece, le frese multilama al carburo di tungsteno a 16 lame (da rifinitura) hanno ottenuto i migliori risultati sia per quanto riguarda la rugosità di superficie sia per quanto riguarda la waviness. Relativamente alla rugosità, esclusivamente strumento-dipendente, la grande capacità di taglio delle frese multilama permette di ottenere superfici particolarmente lisce e rifinite. Gli strumenti sonici, d’altro canto, hanno prodotto rugosità di valore intermedio tra le frese diamantate e le multilama.

Infine, le frese diamantate sono risultate essere le meno indicate alla rifinitura superficiale, nonostante una morfologia sicuramente adatta a questo scopo. La causa di ciò può sicuramente essere ricercata nella natura stessa della fresa, poiché il diamante, indipendentemente dalla granulometria, crea delle abrasioni che lasciano sulla superficie delle anfrattuosità che possono rendere la superficie meno adatta alle procedure adesive delle ricostruzioni in resina composita. Estendendo la valutazione dello strumento al suo impiego clinico, un parametro cui abbiamo rivolto attenzione è stata l’influenza dell’operatore sull’utilizzo dello stesso. In questo contesto, di particolare rilevanza è stata la misurazione della waviness (ondulazione), indice strettamente dipendente dal fattore umano. I risultati da noi ottenuti mostrano un generale livellamento delle prestazioni degli strumenti meccanici, espressione della loro intrinseca aggressività nei confronti dei tessuti dentali che si somma alla variabile operatore. Non vengono riscontrati nello scalpello altrettanto marcati valori di waviness, in quanto azionato unicamente dalla pressione dell’operatore. Un aumento significativo dei campioni analizzati è auspicabile per una prosecuzione del nostro studio al fine di approfondire il ruolo dell’operatore nella rifinitura del gradino cervicale delle cavità di II classe e le sue implicazioni nell’eliminazione dello stesso.

CONCLUSIONI

I risultati dello studio confermano e supportano il feeling clinico riscontrato nella fase di rifinitura del gradino cervicale nelle cavità di II classe, indicando nel tagliasmalto lo strumento in grado di fornire le migliori performance. La superiorità dello scalpello per ciò che concerne rugosità superficiale e waviness indirizza l’operatore verso la scelta di questo strumento, efficace e di facile utilizzo: la buona controllabilità, in particolare, permette anche a un operatore inesperto di raggiungere buoni risultati senza il rischio di incorrere in danni iatrogeni. Le uniche limitazioni all’utilizzo dello scalpello sono le cavità di dimensioni estremamente ridotte, nelle quali si può considerare l’impiego di una fresa in carburo di tungsteno a 16 lame. L’unico accorgimento consigliato è la scelta di una fresa lavorante solo in punta, al fine di limitare i rischi di danno all’elemento adiacente. Gli strumenti sonici permettono un ottimo controllo durante l’utilizzo e presentano punte taglienti lungo un solo lato: caratteristica, questa, che li rende estremamente sicuri. Le loro limitazioni sono legate alle dimensioni ingombranti delle punte e alla granulometria del diamante della superficie lavorante (che crea intrinsecamente rugosità superficiale). Viene infine sconsigliato l’impiego di una fresa diamantata, indipendentemente da quale sia la sua granulometria, dato che essa crea un’abrasione invece di un taglio netto, lasciando una superficie che poco si presta al mantenimento a lungo termine di un buon legame adesivo con i materiali da restauro.

Corrispondenza
Gulio Ciampalini
Contrada S. Chiara, 29 – 25122 Brescia

Bibliografia

1. Magne P. Composite resins and bonded porcelain: the postamalgam era? J Calif Dent Assoc 2006 Feb;34(2):135-47. 

2. yas MJ, Burrow MF. Adhesive restorative materials: a review. Aust Dent J 2004 Sep;49(3):112-21; quiz 154. 

3. Lopes GC, Baratieri LN, de Andrada MA, Vieira LC. Dental adhesion: present state of the art and future perspectives. Quintessence Int 2002 Mar;33(3):213-24. 

4. Magne P, Dietschi D, Holz J. Esthetic restorations for posterior teeth: practical and clinical considerations. Int J Periodontics Restorative Dent 1996 Apr;16(2):104-19.

5. Marshall SJ, Bayne SC, Baier R, Tomsia AP, Marshall GW. A review of adhesion science. Dent Mater 2010 Feb;26(2):e11-6.

6. Baier RE. Principles of adhesion. Oper Dent 1992;Suppl. 5:1-9.

7. Full CA, Hollander WR. The composite resin restoration: a literature review. Part I. Proper cavity preparation and placement techniques. ASDC J Dent Child 1993 Jan-Feb;60(1):48-51.

8. Ferraris F. Adhesion, layering, and finishing of resin composite restorations for class II cavity preparations. Eur J Esthet Dent 2007 Summer;2(2):210-21.

9. Wang Y, Spencer P. Interfacial chemistry of class II composite restoration: structure analysis. J Biomed Mater Res A 2005 Dec 1;75(3):580-7.

10. Araujo Fde O, Vieira LC, Monteiro Junior S. Influence of resin composite shade and location of the gingival margin on the microleakage of posterior restorations. Oper Dent 2006 Sep-Oct;31(5):556-61.

11. Wibowo G, Stockton L. Microleakage of Class II composite restorations. Am J Dent 2001 Jun;14(3):177-85.

Analisi al microprofilometro ottico di quattro metodiche di rifinitura del gradino cervicale di II classe - Ultima modifica: 2011-05-29T09:35:47+00:00 da Redazione