Nella fase di mantenimento della malattia parodontale, l’utilizzo di polveri a bassa abrasività per controllare il biofilm consente un approccio indolore, efficace e veloce, con innegabili vantaggi.

Le innovazioni tecnologiche hanno introdotto nuovi modi di trattare la malattia parodontale che, a parità di efficacia, pongono particolare attenzione alla minima invasività e alla massima preservazione del tessuto parodontale. Dai consueti ablazione e levigatura radicolare, ci si sta spostando verso il più conservativo debridement della superficie radicolare. Oltre a ciò, sono state introdotte e studiate terapie aggiuntive per migliorare i risultati clinici e microbiologici della terapia non chirurgica; tra queste vi è l’air polishing subgengivale, che prevede l’utilizzo di polveri a bassa abrasività.

Il controllo del biofilm con terapia meccanica

Il paradigma corrente vede la parodontite come risultato di uno squilibrio polimicrobico, dove patogeni “chiave” condizionano la virulenza dell’intera comunità del biofilm. L’incapacità del sistema immunitario di neutralizzare il danno al biofilm determina una risposta cronica che porta alla distruzione di osso e legamento parodontale. Obiettivo del trattamento standard della parodontite è ristabilire l’omeostasi del sistema immunitario attraverso la riduzione della carica batterica, così da portarla a un livello compatibile con la stabilità e la salute. Questo si ottiene attraverso il controllo del biofilm con terapia meccanica professionale, istruzione del paziente a un livello adeguato di igiene orale e terapia parodontale di supporto.

Esiste un generale consenso sul fatto che più liscia è la superficie del dente migliore sarà il risultato della terapia parodontale: una superficie liscia è meno soggetta ad accumulo di placca e ne consente una più semplice rimozione. Da qui l’importanza della fase di polishing, effettuata con coppette in silicone e pomice o con apparecchiature per air polishing, che rimuovono il biofilm dalla superficie dei denti spruzzando aria compressa contenente acqua e particelle abrasive. L’air polishing garantisce la riduzione dei tempi operativi e di discomfort e dolore del paziente, ma rimuove esclusivamente il biofilm, non il tartaro. Per questo può essere usato in combinazione con la strumentazione manuale o con ablatori ultrasonici nella fase iniziale della terapia parodontale oppure da solo durante il trattamento delle tasche presenti dopo la terapia iniziale, nonché come terapia parodontale di supporto (Nascimento et al, 2021).

Tutte le declinazioni del polishing

La prima volta che venne utilizzato un dispositivo ad aria e polvere non fu in ambito parodontale bensì in conservativa. Fu Black a impiegarlo, caricato con particelle di ossido di alluminio, nella preparazione della cavità come alternativa alla turbina. Eravamo nel 1945. Da allora dovremo aspettare fino ai primi anni ’80 del Novecento per vedere entrare nella clinica una apparecchiatura per air polishing caricata con bicarbonato di sodio nella terapia parodontale.

Nell’ambito del polishing troviamo definizioni diverse:

tooth polishing. L’American Accademy of Periodontology l’ha definita come “la rimozione di placca, tartaro e macchie dalle superfici esposte e non esposte del dente attraverso ablazione e lucidatura come misure di prevenzione per il controllo di fattori irritanti locali”;

selective polishing. Il procedimento di pulizia e lucidatura volto a rimuovere selettivamente macchie estrinseche da quelle superfici dei denti dove siano rimaste ancora dopo l’ablazione. Viene eseguito con coppette in silicone e/o spazzolini montati su un contrangolo a bassa velocità o con un’apparecchiatura per air polishing caricata con polveri scelte ad hoc;

air polishing. Il procedimento di pulizia e lucidatura della dentatura e dei restauri dentali mediante un’apparecchiatura che miscela aria compressa, acqua e particelle abrasive per rimuovere le macchie estrinseche rimaste dopo lo scaling;

perio polishing. Il trattamento parodontale non chirurgico, ovvero l’air polishing sub-gengivale.

I sistemi di air-polishing utilizzano un flusso abrasivo composto da acqua, aria compressa e specifiche polveri a granulometria controllata per ottenere la rimozione del biofilm batterico e l’eliminazione delle pigmentazioni estrinseche da denti e restauri dentali. L’interazione tra le particelle solide delle polveri con la superficie dentale trattata è l’evento fondamentale nei processi di “polishing” indotto dal getto di aria/acqua e il risultato finale è influenzato dalle proprietà fisico-meccaniche (geometria morfologica e durezza) delle particelle utilizzate. Maggiori sono massa, granulometria, durezza e spigolosità delle particelle, più elevato risulta il grado di abrasività.

Fattori che possono condizionare l’abrasività di una polvere sono la sua concentrazione, la quantità e la durata del contatto con la superficie da trattare (Di Nurra et al, 2014). Anche la pressione dell’aria e la pressione dell’acqua influenzano l’efficacia della rimozione del substrato.

Le polveri utilizzate per l’air polishing

Bicarbonato di sodio: è un sale sodico dell’acido carbonio. Le sue particelle, cristalli di forma rettangolare e/o quadrata, possono avere una granulometria di circa 250 μm. Rimuove efficacemente il biofilm batterico sopragengivale e le macchie sulla superficie dello smalto senza cambiamenti o perdita significativa di sostanza. Va usato con cautela su dentina e cemento radicolare in caso di demineralizzazione dello smalto, poiché può provocare importanti abrasioni e perdita di tessuto sano. Per ridurre l’abrasività le case produttrici hanno portato la granulometria delle particelle di bicarbonato di sodio a 40 μm.

Carbonato di calcio: è il sale di calcio dell’acido carbonico. Con granulometria inferiore a 120 μm, sembra risultare meno abrasivo rispetto al bicarbonato di sodio ma, a causa della scarsa solubilità in acqua, inappropriato per il debridement sottogengivale. La forma sferica delle particelle garantisce un contatto equilibrato sul dente da trattare e una azione delicata sulle zone circostanti con ottimizzazione dell’effetto pulente, minor rischio di abrasioni e pulizia più rapida. Privo di sodio, è adatto a pazienti con ipertensione e insufficienza renale (Németh et al, 2022).

Vetri bioattivi: i calcio fosfosilicati di sodio sono un composto costituito da elementi naturali come silicio, calcio, sodio e fosforo, utilizzati in medicina per decenni come materiali osteoinduttivi. Il bioglass 45S5 si usa per lucidatura, remineralizzazione delle superfici dentali e trattamento dell’ipersensibilità dentinale. La polvere è in grado di interagire con i fluidi biologici/saliva e indurre la deposizione di una idrossiapatite simile a quella del dente naturale. L’utilizzo dei bioglass nei trattamenti di air-polishing crea uno strato compatto di smear layer resistente all’attacco degli acidi e capace di indurre processi di remineralizzazione dentale; ha effetto sbiancante più profondo del bicarbonato di sodio. I bioglass non hanno controindicazioni dovute alla presenza di sodio e non inducono bruciore o irritazione dei tessuti molli. Le particelle possono avere forma sferica o irregolare con granulometria tra 20 e 50 μm; si sono dimostrate efficaci nel rimuovere le macchie estrinseche superficiali e nel ridurre la sensibilità dentale. Sono più pesanti di bicarbonato di sodio e di calcio e durante il loro utilizzo si producono meno overspray e/o areosol (Skallevold et al, 2019).

Triossido di alluminio: alternativa adatta a pazienti per cui l’uso di bicarbonato di sodio è controindicato. Le sue particelle hanno dimensioni simili, ma sono più dure; uno studio in vitro ha dimostrato che il suo uso deve essere evitato su cementi di fissaggio, resine composite e vetroionomeri così come intorno ai margini di un restauro protesico (Johnson et al, 2004).

Glicina: è un amminoacido non essenziale. La sua polvere a bassa abrasività, composta da particelle di dimensioni medie comprese tra meno di 45 μm e 60 μm, si ottiene mediante molatura dei cristalli di glicina. Cinque volte meno abrasiva del bicarbonato di sodio, può rimuovere il biofilm dalla superficie radicolare in soli cinque secondi, con migliore capacità di accesso a solchi e fessure. Ha effetto batteriostatico, battericida e inibisce la colonizzazione batterica agendo sia sull’adesione da parte dell’agente patogeno sia sulla sua proliferazione. Viene utilizzata con dispositivi di air- e perio-polishing per rimuovere biofilm batterico, discromie estrinseche lievi e per la detossificazione delle tasche parodontali fino a 5 mm. Le polveri di glicina sono adatte a pazienti con ipertensione e insufficienza renale. Il potere depigmentante è inferiore a quello del bicarbonato, ma l’efficacia nei pazienti in terapia di mantenimento è ampiamente dimostrata, con notevole diminuzione delle colonie batteriche e della profondità di tasca (Kaur et al, 2021).

Eritritolo: polialcol non cariogeno presente in frutta e cibi fermentati. Da studi in vitro, sembra essere più efficiente di altre polveri, come bicarbonato di sodio e glicina, in termini di efficacia nella rimozione del biofilm con riduzione della componente batterica e inibizione della ricrescita dopo il trattamento, migliori adesione cellulare, vitalità cellulare e proliferazione di osteoblasti. La polvere di eritritolo è composta da particelle di dimensioni medie pari a 14 μm. Privo di sodio, è adatto a pazienti con ipertensione e insufficienza renale (Mensi et al, 2021 e 2022; Divnic-Resnik 2022).

Trealosio: è un disaccaride non cariogeno, igroscopico, altamente idrosolubile, a bassissimo peso specifico e a bassa abrasività. La sua polvere bianca cristallina è composta da particelle di dimensioni comprese tra 25 μm e 35 μm. Grazie alla particolare struttura è in grado di intrappolare proteine, acidi nucleici e membrane biologiche proteggendole da situazioni avverse come la disidratazione. Per questo viene utilizzato come inibitore della secchezza delle fauci. Se alcuni studi hanno dimostrato la sua capacità di inibire il riassorbimento osseo, altri cercano di verificare un suo potenziale effetto antinfiammatorio. Privo di sodio, è adatto a pazienti con ipertensione e insufficienza renale (Kruse et al, 2022).

Effetti su tessuti e materiali

In passato, visti i risultati di studi clinici e in vitro relativi al bicarbonato di sodio, l’uso dell’air-polishing era sconsigliato su dentina e biomateriali estetici; l’introduzione di polveri di nuova generazione (glicina, eritritolo e trealosio) rende possibile eseguire tali trattamenti grazie alle specifiche proprietà fisiche dei materiali, che garantiscono la riduzione degli effetti abrasivi e l’efficace rimozione di pigmenti dallo smalto dentale e di biofilm batterico e endotossine dal cemento: dall’air-polishing sovragengivale si è passati al perio-polishing.

La rimozione del biofilm dal colletto delle corone è una manovra particolarmente delicata. L’uso di strumenti manuali può causare graffi, rotture e crepe al manufatto protesico, alterandone la chiusura funzionale.

Con la tecnica perio-polishing, grazie a una maggiore facilità operativa è possibile azzerare i rischi di alterare il manufatto, qualunque sia il materiale che lo componga, e ridurre i tempi operativi. Alcuni studi hanno evidenziato come dopo trattamento con curette, strumenti ultrasonici e sistema di air-polishing le superfici radicolari risultanti risultino diverse: gli strumenti manuali rendono la superficie della radice liscia, gli ultrasuoni producono una superficie con solchi irregolari, mentre il sistema air-polishing produce una superficie radicolare paragonabile a quella ottenuta con strumenti manuali, riuscendo a rimuovere il cemento anche in zone di difficile accesso come le forcazioni. Da qui l’importanza di differenziare le polveri impiegate nell’air-polishing a seconda dell’oggetto della terapia. Le polveri di glicina, eritritolo e trealosio, ad esempio, sono di comprovata efficacia nella rimozione del biofilm batterico sottogengivale e provocano un’abrasione epiteliale inferiore rispetto alle polveri di bicarbonato (assolutamente non adatta al perio polishing) o alla strumentazione manuale.

Precauzioni di utilizzo

Mai come in questo periodo si è concentrata l’attenzione sugli aerosol generati nel corso di procedure odontoiatriche. L’erogazione di polveri tramite apparecchi per air- e perio-polishing produce un getto abbondante di acqua e polvere che ingloba, nella formazione di un aerosol, microrganismi e residui orali, con rischio di contaminazione.

Uno studio svolto al Baylor College of Dentistry nel 2004 da Harrel e Molinari ha dimostrato l’importanza dell’utilizzo di aspiratore ad alta velocità, munito di ampio beccuccio e posizionato in direzione opposta al getto, il più vicino possibile all’ugello, mentre l’aspirasaliva è insufficiente a ridurre il numero di batteri dell’aerosol. Durante i trattamenti di air- e perio-polishing l’operatore deve sempre utilizzare presidi di protezione individuale e il paziente deve essere sottoposto a sciacquo preoperatorio con collutorio antibatterico per circa 30 secondi per ridurre l’eventuale trasporto di batteri e virus.

Per proteggere il paziente prima di un trattamento di air-polishing è necessario proteggere la mucosa linguale e i dotti della ghiandola salivare parotidea, usando ad esempio appositi fogli protettivi e applicando un gel oleoso sulle labbra per evitare la disidratazione. Inoltre, è opportuno tenere un dito o uno specchietto dietro alla superficie o all’elemento dentale da pulire per evitare che il getto passi attraverso gli spazi interdentali e colpisca la mucosa di guance, lingua, pavimento orale o palato; bisogna prestare particolare attenzione a evitare irritazioni del pavimento della bocca, del palato molle e della faringe. Le fini particelle di polvere possono entrare negli occhi e sotto le lenti a contatto; quindi, il paziente dovrebbe preferibilmente indossare un dispositivo di protezione oculare.

Conoscere gli strumenti per applicare la tecnica corretta

Le apparecchiature utilizzate per l’air-polishing operano con una pressione di entrata dell’aria tra i 40 e 100 psi e una pressione di entrata dell’acqua tra 20 e 60 psi. Prima di procedere al trattamento, occorre avere una conoscenza approfondita della strumentazione (apparecchiatura e tipo di polvere in uso) e della tecnica più corretta da utilizzare, nonché effettuare una attenta valutazione della tipologia e delle condizioni sia della superficie da trattare sia del materiale da rimuovere.
Ecco qualche considerazione utile da tenere presente:

• la geometria e il design dell’ugello dell’air-polishing possono influenzare le proprietà abrasive delle polveri; piccole alterazioni nelle dimensioni dell’ugello o la lunghezza del tubo o la curvatura possono infatti indurre cambiamenti significativi sull’efficacia dello strumento;

• nella tecnica sopragengivale, l’ugello dello strumento deve essere mantenuto in costante movimento circolare a 4-5 mm dalla superficie per circa 5 secondi per ogni dente;

• per la terapia di mantenimento occorre lavorare con angolo di incidenza compreso tra 60 e 90 gradi fra il getto della polvere e l’asse del dente: la corretta angolazione del manipolo è essenziale per evitare traumi ai tessuti molli e ridurre la quantità di aerosol emessa;

• se si utilizza bicarbonato di sodio è bene evitare di dirigere il getto direttamente sul margine della gengiva, sui colletti dei denti esposti e sulla mucosa, lavorando sempre dalla gengiva verso il dente;

• se si utilizza carbonato di calcio, si può posizionare la cannula con un angolo fra i 10 e i 60 gradi rispetto alla superficie del dente da trattare per garantire l’effetto di rotolamento e ottimizzare la potenza di adsorbimento delle particelle sferiche;

• la glicina, rispetto ai metodi tradizionali, ha una grande facilità di utilizzo. Poiché non lede le mucose, è possibile indirizzare il getto sul colletto del dente per rimuovere le pigmentazioni più vicine alla gengiva senza danneggiare la membrana basale dell’epitelio sulculare e senza creare fastidio o dolore al paziente. Non vi sono limiti nell’inclinazione dell’ugello;

• durante l’operazione di perio-polishing l’ugello va posizionato a una distanza di 5 mm dal dente; l’angolo di inclinazione della punta può variare tra i 30 e 60 gradi rispetto all’asse del dente. L’ugello deve essere in costante movimento di “va e vieni”;

• sono necessari circa 5-10 secondi di erogazione per detossificare sufficientemente una tasca parodontale (superficie mesiale, distale, vestibolare e linguale);

• sono necessari circa 20-40 secondi per la strumentazione di un singolo dente, e dunque il trattamento complessivo per rimuovere il biofilm in una dentizione completa con tasche maggiori di 5 mm richiede circa 15-20 minuti.

Air polishing o polishing con coppette in silicone?

In questo studio ci si domanda se il polishing eseguito con coppette in silicone o con apparecchiature per air polishing caricate con eritritolo dia il medesimo risultato e se il rivelatore di placca applicato prima del trattamento possa influire sul risultato stesso.

Per rispondere a queste domande sono stati reclutati 88 pazienti in buona salute (42 uomini e 46 donne), di età compresa tra i 21 e i 25 anni e con un indice di placca full-mouth 60%. I quattro quadranti di ogni paziente sono stati casualmente trattati in maniera diversa: un quadrante con air polishing e iniziale applicazione del rilevatore di placca, un quadrante con air polishing senza iniziale applicazione del rilevatore di placca, un quadrante con coppette in silicone e iniziale applicazione del rilevatore di placca e un quadrante con coppette in silicone senza iniziale applicazione del rilevatore di placca.
Di tutti i pazienti e di ogni quadrante di ogni paziente sono stati registrati l’indice di placca e il tempo impiegato a eseguire il trattamento, al termine del quale pazienti e operatori hanno compilato un questionario di soddisfazione.
I risultati ottenuti hanno dimostrato che:

• l’iniziale applicazione del rilevatore di placca riduce significativamente l’indice di placca rilevato in prossimità del margine gengivale dopo il trattamento in entrambe le metodiche;

• il tempo necessario a completare il trattamento mediante air polishing è significativamente più breve del tempo necessario utilizzando invece le coppette in silicone (10 secondi contro 15 secondi a dente)

• pazienti e operatori hanno preferito l’air polishing

Fu JH, Wong LB, Tong HJ, Sim YF. Conventional versus comprehensive dental prophylaxis: comparing the clinical outcomes between rubber cup and air polishing and the importance of plaque disclosure. Quintessence Int. 2021;0(0):0. doi: 10.3290/j.qi.a45602. PMID: 33491396.

 

Take Home Message

L’apparecchiatura per air polishing non è in grado di rimuovere depositi mineralizzati. Dunque il suo utilizzo non può ancora sostituire il trattamento convenzionale nell’approccio iniziale alla malattia parodontale, ma nella fase di mantenimento offre innegabili vantaggi:

• air polishing e perio polishing con polveri a bassa abrasività sembrano più efficienti della strumentazione manuale per l’approccio a tasche gengivali poco profonde e profonde;

• le polveri di nuova generazione rispettano la superficie radicolare e i tessuti molli e consentono il corretto fissaggio dei fibroblasti del legamento parodontale; • la seduta della terapia parodontale di mantenimento diventa per il paziente più confortevole, indolore e veloce

• l’ingresso nella pratica clinica di polveri prive di sodio ha fatto venire meno la restrizione all’utilizzo dell’air polishing in pazienti sottoposti a diete iposodiche, ipertesi o affetti da insufficienza renale.

 

 

Air polishing in parodontologia - Ultima modifica: 2024-01-12T14:37:29+00:00 da K4
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