Le agenesie dentarie costituiscono una problematica odontoiatrica relativamente comune, tra le più importanti nell’ambito delle anomalie dentali, pertanto dal grande interesse clinico. Quadri di agenesie dentarie possono condizionare negativamente il processo eruttivo e influire anche a lungo termine sull’estetica del sorriso e sulla funzionalità masticatoria.
La diagnosi precoce – usualmente per screening radiografico – risulta molto utile ai fini della gestione di questi pazienti, che in alcuni casi richiedono un approccio multidisciplinare. Questo spazia dall’ortodonzia fino alla riabilitazione protesica fissa e può essere potenzialmente dispendioso in termini sia biologici che economici.
Dal punto di vista epidemiologico, l’ampia revisione della letteratura a cura di Rakhshan riporta i seguenti dati: l’agenesia di elementi decidui è infrequente (0.1-2.4%); un quadro di agenesie di decidui, tuttavia, si accompagna spesso alla mancanza di permanenti. Per quanto riguarda le condizioni interessanti la sola dentatura permanente (escludendo i terzi molari), invece, l’Autore include studi con campioni da 200 a oltre 100000 unità, riportando una prevalenza tra 0.15 e 16.2% (il 6% in Italia). I valori più elevati sono stati raccolti in entrambi i casi sulla popolazione giapponese. Diversi lavori si soffermano in effetti sul dato di popolazione, sottolineando come quello etnico sia tra i possibili fattori predisponenti la condizione.
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Volendosi dunque concentrare proprio sull’eziologia, una fra le teorie più accreditate sostiene che le diverse forme di ipodonzia sarebbero collegate con precoci alterazioni dello sviluppo. Patologie congenite quali la displasia ectodermica portano a quadri gravi di agenesia e tendono ad interessare anche altre sedi (capelli, unghie, ghiandole sudoripare). Studi suggeriscono che anche casi di agenesia localizzata possano essere il risultato di forme displastiche moderate. Sulla base delle attuali conoscenze, si può affermare che si tratti di una patologia multifattoriale, che combina sia fattori genetici (compresi geni implicati in altri quadri sindromici) che meccanismi di espressione genica (epigenetica), con il possibile ruolo dell’elemento ambientale. Il processo eserciterebbe un’azione di disturbo sulle fasi iniziali dell’odontogenesi. Tale teoria spiegherebbe anche le condizioni ereditarie.
Quali sono gli elementi con maggior tasso di agenesie dentarie?
Per quanto riguarda gli elementi più frequentemente interessati, una semplice regola, valevole per le agenesie isolate, vuole che sia il dente più distale di un gruppo a mancare. Ci si riferisce in particolare all’incisivo laterale nell’arcata superiore e al secondo premolare per quanto riguarda la mandibola. Sembra però che primo premolare, canino e primo molare siano maggiormente colpiti nei quadri di agenesia multipla (che interessa, nella fattispecie, più di 5 elementi).
Per quanto non pochi studi abbiano provato a stabilire quale arcata o addirittura quale antimero sia maggiormente colpito, il dato più interessante è costituito dalla frequenza dei casi di agenesie bilaterali, che secondo alcuni Autori sarebbe addirittura doppia rispetto a quelle unilaterali.