Norma sulla pubblicità sanitaria incostituzionale: ANCOD si muove per vie legali

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Secondo quanto si legge in un comunicato stampa dell’Associazione Nazionale Centri Odontoiatrici (ANCOD), le nuove disposizioni sulla pubblicità sanitaria – entrate in vigore dal primo gennaio con la promulgazione della Legge di Bilancio 2019, Art.1, comma 525 e 536, legge n. 145/2018 – sarebbero in contrasto con i principi costituzionali della libertà d’impresa (art. 41 della Costituzione), di liberalizzazione delle professioni e di concorrenza.

Inoltre, si pongono anche «in contrasto con fondamentali norme e principi, nazionali ed europei, relativi alla libera prestazione dei servizi professionali e alla libertà di stabilimento, nonché con la disciplina nazionale di liberalizzazione in tema di pubblicità sanitaria e le disposizioni deontologiche mediche sul punto».

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Per i motivi sopra elencati, ANCOD ha deciso di presentare una denuncia alla direzione generale COMP - Competition e GROW – Mercato interno, industria, imprenditoria e PMI della Commissione Europea, affinché questa norma venga rivista dal Parlamento, ed è stata avviata una verifica di legittimità. I punti interessati sono:

  • il divieto assoluto di messaggi di natura promozionale o suggestionale nelle informative sanitarie;
  • la legittimazione dell’attività disciplinare degli ordini nei confronti dei direttori sanitari delle strutture che diffondono pubblicità non deontologicamente orientate e la segnalazione all’AGCOM (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni), anziché all’AGCM (Autorità garante della concorrenza e del mercato) come sinora avveniva, per comminare eventuali sanzioni alle società committenti;
  • l’obbligo dei direttori sanitari a essere iscritti presso l’ordine territoriale in cui si trova la sede operativa della struttura da loro diretta per permettere un controllo deontologico diretto da parte degli ordini stessi.

 

Come si legge nel parere fornito all’associazione dall’avvocato Vincenzo Cerulli Irelli, professore ordinario di diritto amministrativo presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli studi di Roma La Sapienza, «L’introduzione di tali limiti appare sproporzionata e irragionevole, oltre che fortemente limitativa del principio di concorrenza. La pubblicità informativa sanitaria è infatti già ben regolamentata: secondo la legge Bersani e il d.p.r. 137 del 2012, le informazioni devono essere obiettive, veritiere, trasparenti e non devono essere ingannevoli, equivoche e denigratorie; parametri chiari, espressi tra l’altro anche nell’art. 56 del codice di deontologia medica, oggi applicati secondo la legge annuale per il mercato e la concorrenza (Legge n.124/2017) anche alle società commerciali operanti nel settore odontoiatrico».

Inoltre, «limitare l’informativa pubblicitaria medica ai soli dati funzionali alla tutela della salute non si giustifica neppure alla luce del preteso “rispetto della libera e consapevole determinazione del paziente, a tutela della salute pubblica, della dignità della persona e del suo diritto a una corretta informazione sanitaria”. La corretta informazione sanitaria, idonea a consentire una libera e consapevole determinazione del paziente è infatti proprio quella che contiene in modo non equivoco, corretto e trasparente, il maggior numero di informazioni in ordine alle specializzazioni possedute, alla strumentazione tecnica di cui ci si avvale, al carattere organizzativo dello studio medico, alla composizione dello staff di riferimento, nonché al profilo economico delle prestazioni sanitarie offerte».

 

Per quanto riguarda invece l’obbligo per le strutture sanitarie private di avere un direttore sanitario iscritto all’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri della città in cui ha sede operativa la struttura, Irelli sostiene che «tale previsione è illegittima in quanto viola la normativa europea sulla libera prestazione dei servizi e la libera circolazione dei professionisti (direttiva 7.9.2005 n. 2005/36/CE, in particolare gli art. 34-37) così come la normativa nazionale che consente a ogni professionista iscritto all’Albo di esercitare la professione in tutto il territorio dello Stato (legge 25.7.1985 n. 409, art.4). Non solo, oltre a introdurre un ingiustificato vincolo di natura territoriale, la previsione contenuta nella legge n.145, comma 536, crea enormi differenze legislative tra le strutture private di cura e quelle pubbliche, non essendo queste ultime obbligate al direttore sanitario territoriale».

Infine, per quanto riguarda il nuovo potere sanzionatorio di AGCOM, Irelli lo definisce «in contrasto con quanto espressamente previsto all’art. 27, comma 1 bis Codice del consumo (d.lgs. 6.9.2005 n.206, e succ. modif.) che riserva all’AGCM la competenza ad intervenire sui professionisti che compiono pratiche commerciali scorrette, nonché con la stessa legge istitutiva dell’AGCOM (legge 31.7.1997 n.249) che all’art.1 comma 6 lett.b fa salve espressamente le competenze attribuite ad altra autorità, in questo caso quelle dell’AGCM».

 

Norma sulla pubblicità sanitaria incostituzionale: ANCOD si muove per vie legali - Ultima modifica: 2019-07-01T06:58:44+00:00 da redazione
Norma sulla pubblicità sanitaria incostituzionale: ANCOD si muove per vie legali - Ultima modifica: 2019-07-01T06:58:44+00:00 da redazione