Verranno brevemente qui illustrati i trattamenti di superficie svolti sugli impianti in zirconia.
Laser: si tratta di una metodica ampiamente versatile per quanto riguarda i materiali: oltre alle ceramiche, può essere impiegata su metalli rivestiti, sui polimeri e sulle fibre. Garantisce, rispetto alla mordenzatura chimica e soprattutto alla sabbiatura, la prevenzione dal rischio di contaminazione della superficie. Gli obiettivi comuni sono anche in questo caso favorire l’adsorbimento delle proteine e l’adesione cellulare. Oltre ad essi, un effetto peculiare del trattamento al laser è l’aumento delle caratteristiche di bagnabilità della superficie, elemento a sua volta determinante proprio nel favorire l’adesione cellulare.
Trattamento a raggi UV: l’utilizzo di radiazione luminosa del campo degli ultravioletti presenta delle analogie con il laser. Anche in questo caso, infatti, la superficie non entra in contatto diretto con agente abrasivo e uno dei risultati ottenuti è un’aumentata idrofilia della superficie stessa. In ambiente umido, infatti, la superficie va incontro a fenomeni di ossidazione e idrossilazione che favoriscono i legami con ioni, amminoacidi, proteine e, di conseguenza, elementi cellulari. I cambiamenti in termini di bagnabilità sembrerebbero essere collegati con la perdita di carbonio a livello superficiale, determinata direttamente dall’azione dei raggi UV e indirettamente dall’attività fotocatalitica della zirconia.
Video updated on Youtube by GNPIRM
L’idrossiapatite è uno dei materiali più ampiamente impiegati a questo scopo: è stato sperimentato anche nel rinforzare impianti in zirconia stabilizzata all’ittrio (YZF).
Un’altro materiale impiegato nel coating di impianti in zirconia è il fosfato di calcio: il materiale, che sembra assicurare ottime proprietà osteoconduttive, sembra però mostrare maggiore tendenza a dissolversi dalla superficie. Per quanto riguarda entrambi i materiali, sono state sperimentate diverse metodiche di coating, tra le quali nebulizzazione di plasma, deposizione elettroforetica e tecniche combinate.
Accanto a questi materiali classici, sono stati più recentemente introdotti materiali di nuova generazione, come i biovetri a base di silice.
Biofunzionalizzazione: questo tipo di trattamento consiste nel posizionare biomolecole in grado di indurre risposta cellulare sulle superfici (che vengono pertanto definite “bioattive”). La composizione di queste molecole andrà a favorire un tessuto rispetto ad un altro.
Un esempio è il tripeptide arginina-glicina-aspartato (RGD), presente nel sito attivo dei recettori cellulari di fibronectina, vitronectina, fibrinogeno, collagene, laminina e riconosciuti dalle integrine. Questo procedimento favorisce l’ancoraggio cellulare, differenziamento e il rilascio di fattori di crescita. Anche in questo caso, il procedimento è stato sperimentato su superfici YZF.
In conclusione, bisogna ribadire come lo studio dei trattamenti di superficie dei prodotti ceramici a uso implantologico sia condizionato dalla diffusione commerciale degli stessi. Per quanto la letteratura sia meno ampia di quella riguardante il titanio, vengono riportati risultati promettenti, tanto che alcune delle metodiche vengono già impiegate dai produttori.