Nel lavoro pubblicato a inizio anno sul British Dental Journal, Al-Harbi e Ahmad hanno fornito in primo luogo una guida clinica per il decision making. In tutti i pazienti il razionale operativo è allungare la corona clinica a discapito dei tessuti molli ma, in effetti, se per alcuni il metodo per raggiungere tale obiettivo è la semplice gengivectomia, per altri risulta necessario pianificare una contestuale ostectomia e osteoplastica. Nel sottotipo 1A la gengivectomia risulta sufficiente per definizione, mentre in quello 1B è appunto necessario addizionare un intervento sul margine crestale al fine di ripristinare l’ampiezza biologica. Per contro, nel sottotipo 2B, in cui analogamente va recuperata ampiezza biologica, è controindicata la gengivectomia semplice: l’accesso consigliato al margine crestale è invece un’incisione intrasulculare. In generale nel tipo 2 gli Autori consigliano come alternativa l’allestimento di un lembo a riposizionamento apicale.
Come detto, la tecnica di base è essenzialmente chirurgica ed è rappresentata dalla gengivectomia semplice, la quale però non è universalmente applicabile; la principale alternativa nei casi in cui sia necessario mantenere la massima quota possibile di gengiva cheratinizzata è il lembo a riposizionamento apicale. Ribeiro nel 2014 ha proposto una tecnica flapless che permette eventualmente anche l’osteoplastica ma che risulta non applicabile nel caso del sottotipo 2B. Gli stessi Al-Harbi e Ahmad propongono un approccio minimamente invasivo basato sull’impiego di retrattori gengivali Zekyra: questi hanno lo scopo di spostare apicalmente la parabola gengivale, proteggendo il tessuto durante l’osteoplastica. Nel caso presentato (anch’esso non classificato come 2B) questa viene condotta con l’ausilio strumenti piezoelettrici.
Per una più completa panoramica degli approcci chirurgici e delle relative indicazioni, si consiglia la revisione di Mele e Zucchelli recentemente apparsa su Periodontology 2000.
Si apra poi brevemente il capitolo della terapia restaurativa, ovvero quei casi in cui alla ridefinizione del rapporto fra estetica rosa ed estetica bianca viene aggiunto un intervento di rettifica limitato alla seconda.
In questo caso il primo elemento da pianificare è il margine incisale, che dipende dal grado di esposizione dentale a riposo e durante il sorriso. Nel caso in cui gli obiettivi estetici del restauro siano ottenibili intervenendo sul terzo o i due terzi coronali – si pensi a un trauma – la posizione del margine cervicale è ininfluente. Nel caso in cui si voglia invece intervenire sull’intera superficie vestibolare – si faccia l’esempio dei veneer – l’ampiezza biologica deve necessariamente rimanere conservata o essere ripristinata a tutti gli effetti.
Riferimenti bibliogafici